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Siria, raid russi da una base in Iran così Mosca fa pressing sugli Usa

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la lotta al terrorismo
Il conflitto.
Il coinvolgimento, tecnico e strategico, di Teheran conferma il nuovo asse contro l’Is. Il Cremlino vuole “un’azione militare congiunta”, ma Washington per ora frena. Appello del Califfato ai lupi solitari: colpite in Europa

NICOLA LOMBARDOZZI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MOSCA.
Nel pieno di una complicata trattativa per coinvolgere gli Stati Uniti in un’azione comune in Siria, confermata in serata da una telefonata tra il segretario di stato Usa Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov, la Russia ha ufficializzato ieri la sua collaborazione militare con l’Iran. Per la prima volta i raid dei bombardieri di Mosca, diretti come ogni giorno su Aleppo e dintorni, sono partiti infatti dalla base di Hamadan concessa dal governo di Teheran «allo scopo di combattere il terrorismo ». Una scelta che cambia drasticamente la geografia del conflitto. I pesanti Tupolev 22M3, ospitati e assititi dal personale iraniano, continueranno a bersagliare lo Stato islamico dalla sponda orientale coordinandosi con i caccia e i bombardieri leggeri in partenza dalle basi del Caucaso in territorio russo e dalla base siriana di Hmeimin.
Un’opzione che ha le sue discrete ragioni sul piano militare, come spiegava ieri la tv di stato russa dando conto dei «grandi risultati ottenuti dal massiccio bombardamento». Ma che ha certamente un forte valore politico. Il coinvolgimento anche tecnico di Teheran, serve a fare pressioni sugli Stati Uniti che sollevano ancora molti dubbi su una possibile azione congiunta. A cercare di affrettare i tempi ci ha pensato ieri il ministro russo della Difesa, Sergej Shojgu che ha parlato di accordo imminente «per un’azione militare comune che ci permetta di restituire la pace a questa terra tormentata». Fonti del Pentagono hanno dovuto frenare precisando che la trattativa è di fatto ancora lunga e complessa. L’ostacolo più grande da superare resta quello delle organizzazioni da considerare terroristiche e quelle da ritenere invece combattenti contro il Califfato. Nessun accordo si riesce a trovare soprattutto sul gruppo armato del Fronte al Nusra che da qualche giorno si è ribattezzato Fronte Fatah al Sham rinnegando le sue origini e i suoi stretti legami con Al Qaeda. Gli americani li considerano moderati e comunque utilissimi al futuro processo di pace e accusano i russi di volerli combattere solo perché nemici del loro protetto, il presidente siriano Assad. Per i russi la conversione di Al Nusra non è invece affatto credibile. Anzi, sarebbe smentita dai fatti. Il ministro Shojgu ha affrontato la questione con il piglio aggressivo che gli vale in patria il soprannome di Batman: «Ma come fanno gli americani a definiremoderati personaggi del genere? Ne abbiamo trovati a decine che cercavano di uscire da Aleppo in missione suicida dentro ad autoblinde cariche di tritolo e con gli sportelli saldati per scongiurare ripensamenti all’ultimo minuto. Bella razza di moderati». Non a caso, anche il bombardamento russo di ieri è stato ripartito tra postazioni ufficiali dell’Is e campi di Al Nusra. Mosca insomma non intende cedere e sente di essere psicologicamente in vantaggio.
Putin, attivo come non mai a un mese dalle elezioni legislative, incassa il coinvolgimento dell’Iran come un altro punto a suo favore. Teatralmente la Russia ha pure chiesto e ottenuto da Iran e Iraq l’autorizzazione a usare il loro spazio aereo per lanciare contro il Califfato i missili da crociera Kalibr alloggiati nelle navi della flottiglia del Mar Caspio. Un’autorizzazione che non c’era alcun bisogno di chiedere, visto che i lanci dal Caspio sono già stati effettuati più volte in questa guerra siriana ma che fa tanta scena. Serve a rendere l’idea di una coalizione di volenterosi che combatte il terrorismo sul terreno e sottolineare in negativo le titubanze americane.
A completare il quadro ci si aspetta presto un qualche coinvolgimento della Turchia. Sempre ieri Putin ha confermato l’intenzine di recuperare a pieno i rapporti con l’amico Erdogan dopo i mesi di gelo. Erdogan, accusato fino a un mese fa da Mosca di collaborare con i terroristi dell’Is, ha già avuto garanzie sul fatto che Mosca terrà a bada le pretese dei ribelli curdi. Non sembra disposto a seguire gli Usa sulla difesa a oltranza di Al Nusra e potrebbe fare qualche gesto militarmente solidale con Mosca quanto prima. Così almeno si aspettano al Cremlino. Mossa che potrebbe essere decisiva per coinvolgere finalmente Washington nella guerra contro «il nemico comune». Un nemico, ora in difficoltà sul campo ma che continua a minacciare l’Occidente: ieri l’ultimo invito ai lupi solitari a «colpire Usa ed Europa», intercettato dal sito americano Site dalla rete dei jihadisti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Bombardieri Tupolev da Hamadan. Affiancano i caccia dal Caucaso e dalla base russa in Siria Telefonata Kerry-Lavrov per una difficile trattativa Posizioni distanti sul ruolo di Al Nusra
IL PRESIDENTE RUSSO
A un mese dalle elezioni legislative, Vladimir Putin sta rafforzando le relazioni della Russia in Medio Oriente

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