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“Contro il mio Tg3 attacchi sguaiati”

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politica e informazione

Bianca Berlinguer lascia e denuncia: “Ho fatto un giornale corsaro, negli ultimi tempi forti pressioni politiche” Il consigliere di amministrazione Guelfo Guelfi difende l’operato dell’azienda: “In Rai nessun monocolore”
GIOVANNA CASADIO
ROMA.
«Ho detto che avrei voluto fare un giornale un po’ corsaro, così è stato. Ma evidentemente questo non poteva piacere a tutti e negli ultimi tempi non sono mancate pressioni sgraziate e attacchi sguaiati da settori, da importanti settori, della classe politica, però il Tg3 non ha perso la sua identità»

Bianca Berlinguer lascia la direzione del Tg3 con un editoriale che è un atto d’accusa a Renzi e ai renziani per quello che giudica un tentativo di normalizzazione della Rai.
Una lieve incrinatura nella voce, alla fine, rivela l’emozione, perché lasciare è sempre difficile soprattutto quando a muovere il lavoro è stata la passione. «Me ne vado con la malinconia che porta ogni separazione dolorosa». Scandisce con voce ferma. In redazione l’hanno abbracciata e accolta con un «sei stata brava, anche nei toni». Nell’editoriale di commiato, che arriva alla fine di una settimana di polemiche feroci, lei ricorda «i tanti riconoscimenti che abbiamo ricevuto per il nostro rispetto del pluralismo». Parole durissime ma senza cedere ad attacchi rancorosi. Solo un altro augurio al “suo” Tg e alla squadra che ha guidato in redazione: «Mi auguro che il Tg3 resti saggio e irriverente come è sempre stato». Buon lavoro al successore Mazzà.
Difende le scelte fatte il consigliere Rai, Guelfo Guelfi:
«Ma quale monocolore! Io non ho visto carri armati. Abbiamo anteposto alle nomine la discussione sul piano delle news». 
Sui social si scatenano commenti conl’hashtag #BiancaBerlinguer, tweet di apprezzamento (per «l’informazione libera, grazie »), scherzosi («Però preferisco sempre tuo padre Enrico»), critici.
Bianca Berlinguer è entrata in Rai «come redattrice da giovane e poi sono arrivata alla direzione sette anni fa». Ricostruisce. Ma ci sarebbe molto altro da dire su Rai3 e il Tg che l’inaffondabile Sandro Curzi, comunista prima nel Pci poi con Bertinotti in Rifondazione, aveva voluto autonomo e irriverente e che fu soprannominato TeleKabul. E proprio alla Berlinguer toccò rispondere a brutto muso a Silvio Berlusconi che si rivolgeva al Tg3 con quell’appellativo, TeleKabul mentre il centrosinistra faceva quadrato. «Berlusconi continua a paragonarci a TeleKabul ma io rispondo: per me è un onore essere paragonati al Tg di Curzi. Il Tg3 di sinistra? Io direi che noi diamo tutte le notizie ma abbiamo un pubblico di sinistra». Ma questo accadeva sei anni fa, quando nessuno poteva immaginare le critiche che sulla sua conduzione sono arrivate proprio dal Pd, dal renziano Michele Anzaldi in Vigilanza. A difenderla i bersaniani ma anche il presidente del Pd, Matteo Orfini.
Dopo l’editoriale d’addio, Berlinguer va a “ In onda” su La7, incalzata da Tommaso Labate e David Parenzo. Dà appuntamento alla nuova conduzione di una striscia pomeridiana di politica. Ripete: «Vivere senza il Tg3 non sarà facile...». Parla delle «pressioni politiche molto forti che il Tg3 ne ha scontate più a sinistra che a destra». E cita Curzi «che non si è mai assoggettato », la lezione di indipendenza che le ha insegnato, perché « la libertà è nelle nostre mani». Rivendica e avverte: «La politica tenta di intervenire sempre e dappertutto». Ma la politica è soprattutto confronto, discussione come fu sul compromesso storico, ad esempio. Mentre oggi i partiti sono «comitati d’affari». Sulle amministrative: «Il Pd doveva analizzare la sconfitta». Sul referendum: «Non sento dibattiti di merito». Infine. Un ricordo da cronista: i minatori in Sardegna e la dignità del lavoro. Un omaggio al padre Enrico.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Editoriale di commiato dopo sette anni: “Me ne vado con la malinconia, separazione dolorosa”

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