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Inps: a un lavoratore su 3 meno del Reddito di cittadinanza

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 NON SOLO STIPENDI BLOCCATI - L'Istituto: “Il 28% non arriva a 9 lordi l’ora”

12 LUGLIO 2022

La disfatta è evidente e per le famiglie italiane i prossimi mesi si fanno sempre più cupi. Al rialzo generalizzato dei prezzi, a causa dell’impennata dei costi di energia e gas, non solo gli stipendi restano bloccati, ma la crisi pandemica ha lasciato anche vistosi strappi nella distribuzione dei redditi lavorativi. Dai dati del Rapporto annuale presentato ieri dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, emerge come il 28% dei lavoratori, 4,3 milioni di persone, guadagni meno di 780 euro, la soglia massima del Reddito di cittadinanza, e quasi un lavoratore su tre prenda meno di 1.000 euro al mese, considerando anche i part-time. Più in generale, la retribuzione media lorda pro-capite nel 2021 è di 24.097 euro, in calo dello 0,2% rispetto al 2019. Per le donne la retribuzione è più bassa in media del 25% rispetto a quella degli uomini e pari a 20.415 euro. E non va meglio ai lavoratori dipendenti nel settore privato. Escludendo quelli nell’agricoltura e i domestici, l’Inps calcola che quasi un lavoratore su tre (il 29,5%) ha una retribuzione lorda l’anno inferiore a 12 mila euro, mentre per circa 1,3 milioni di dipendenti (il 9,4%) la retribuzione oraria è inferiore a 8,41 euro l’ora. Vale a dire meno del salario minimo che in Italia ancora non c’è.

Così, guardando alle retribuzioni annuali, ad esempio, sono “lavorativamente poveri” il 64,5% degli addetti negli alberghi e ristoranti, a fronte di meno del 5% nel settore finanziario. Eppure, sottolinea Tridico, se si introducesse il salario minimo, i loro profili contributivi si alzerebbero significativamente, in media del 10%. Con 30 anni di contributi versati a 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro, un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022. Mentre ora i nati tra il 1965 e il 1980 dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani.

Povertà che si registra anche nelle pensioni e che, come nel mondo del lavoro, colpisce soprattutto le donne. A dicembre 2021, i pensionati in Italia sono circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di uomini e 8,3 milioni di donne, per circa 22 milioni di assegni pensionistici. L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate è di 312 miliardi di euro. Sebbene le donne rappresentino il 52% sul totale dei pensionati, percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è 1.884 euro lordi, del 37% superiore a quello delle donne, pari a 1.374 euro. Nel 2021 il 40% dei pensionati ha poi percepito un reddito pensionistico lordo inferiore ai 12.000 euro.

Sul fronte lavorativo, anche se da gennaio 2021, la ripresa occupazionale ha fatto registrare un tasso di occupazione vicino al 60% – il valore più alto mai registrato – la percentuale resta ancora lontana dall’obiettivo europeo del 70%. Il merito va alle misure messe in campo durante la pandemia, come il blocco dei licenziamenti e la Cig (nel 2021 ne hanno beneficiato 3 milioni di lavoratori per un importo di circa 10 miliardi) che sono riuscite ad arginare la crisi Covid. Il sostegno pubblico per 60 miliardi a 15,7 milioni di italiani, ha sottolineato Tridico, ha infatti evitato una riduzione maggiore dei redditi del 55% maggiore.


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