Il ministro dell'Interno annuncia: “Ho accettato le dimissioni del viceministro”. E rilancia sulla flat tax, riapre la “ferita” della pace fiscale e allarga quella ancora aperta della Tav. E alla fine diserta il Consiglio dei ministri.
DI CARMELO LOPAPA
"Dovevo farlo, prima che quelli saltassero addosso anche a lui, ma mi costa parecchio, Edoardo è un amico vero". Matteo Salvini è scuro in volto, amareggiato, ha incassato il colpo. Lo capiscono subito i senatori leghisti con i quali si intrattiene nel primo pomeriggio a margine del question time a Palazzo Madama. Ma è un "colpo" dal quale si difenderà per l'intera giornata a modo suo: attaccando. E gestendo questo e altri delicatissimi dossier come se fosse lui ormai il Presidente del Consiglio "di fatto".
Spariglia, apre altri fronti: annuncia il congelamento del codice degli appalti per due anni, rilancia la Flat tax, dice la sua sulla lettera di risposta a Bruxelles, riapre la "ferita" della pace fiscale e allarga quella ancora aperta della Tav, silura tre ministri 5stelle. Per disertare infine il Consiglio dei ministri. Una guerriglia senza fine, ormai. "A settembre non si vota, si fa la manovra - rassicura davanti alle telecamere - Non voglio far saltare il tavolo. Ma dopo il voto di Rousseau su Di Maio, se si lavora si va avanti, se arrivano invece 4, 5, 6 no, la Lega non ha più tempo da perdere".
Tutto va letto partendo da quei pochi minuti che trascorrono tra la sentenza di condanna a carico del suo sottosegretario ai Trasporti, il fedelissimo Rixi, e le dimissioni gestite dalla Lega. Dalla lettera di dimissioni istantanea dal governo, ma rassegnate "nelle mani del segretario", al quasi contestuale, "accoglimento" da parte dello stesso vicepremier. "Le accetto unicamente per tutelare lui e il governo da attacchi e polemiche senza senso", motiva Salvini. Il quale lo nomina in tempo reale "responsabile nazionale trasporti e infrastrutture della Lega".
A Palazzo Chigi non sfugge il dettaglio di quella gestione in "casa" della pratica. Il presidente del Consiglio, quello vero, Giuseppe Conte, in una nota ringrazia Rixi per le dimissioni rassegnate e "comunicate" al capo del governo. In realtà, dietro il colpo da teatro leghista, tutto si era già consumato 24 ore prima, nello studio del premier, nelle due ore di colloquio con Salvini. L'avvocato Conte aveva sottolineato come non si potesse fare diversamente dinanzi a una condanna, il ministro dell'Interno gli aveva chiesto solo che dai 5 stelle non si scatenasse dopo la sentenza "la gazzarra" seguita al caso Siri. Il capo del governo si è fatto garante, niente forche mediatiche. "E invece sono piovute 37 richieste di dimissioni dai grillini", conterà poi il capo leghista.
Ma nelle ore in cui a Genova stava maturando il giudizio su Siri, Salvini era già impegnato a scavare altre trincee. Si presenta al Tesoro coi sottosegretari e gli "economisti" della Lega guidati da Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per discutere di flat tax, pacchetto fiscale, lettera a Bruxelles, spiegherà nel pomeriggio ai giornalisti al Senato. Un'occupazione "manu militari" del Mef, è l'interpretazione dell'ala 5 stelle del governo. "Al ministro abbiamo detto no risoluto all'aumento dell'Iva", racconterà dopo, oltre ad aver suggerito la ricetta per evitare la procedura d'infrazione europea. Come? Attraverso per esempio una proroga della pace fiscale "da alcune decine di miliardi". "Un condono", lo bollano subito grillini e opposizioni.
E poi il progetto di flat tax, "pronto per il prossimo Consiglio dei ministri, quando si farà", annuncia ancora. Altra provocazione agli alleati, lo sblocco della Tav grazie al "probabile aumento al 55 per cento dei finanziamenti europei". Per concludere con l'emendamento leghista al decreto sblocca cantieri all'esame del Senato per congelare per due anni il codice degli appalti, col suo carico di norme a garanzia della trasparenza e a scudo da infiltrazioni criminali.
Fonti del Tesoro racconteranno che in realtà Salvini non ha presentato alcun progetto di riduzione fiscale al ministro Tria, né tanto meno di condoni. Più semplicemente, si sarebbe limitato ad ascoltare cosa conterrà la lettera di risposta a Bruxelles, concordata il giorno prima dal ministro dell'Economia col premier Conte. Al Consiglio dei ministri pomeridiano su provvedimenti tecnici il vicepremier non si presenterà. "Sono andato a prendermi un buon gelato al pistacchio - ha raccontato poi beffardo - in attesa del responso di Rousseau".