In apparenza Salvini ha scelto la via della moderazione e del buonsenso. Ma la sua mano tesa a Di Maio esige un prezzo
DI STEFANO FOLLI
Se il caso Siri si era trascinato per giorni prima di concludersi con l'addio al governo del sottosegretario leghista, il caso Rixi, viceministro anch'egli leghista, si è risolto in poche ore: condanna in primo grado per una vicenda di peculato presso la regione Liguria e dimissioni immediate. Consegnate nelle mani del suo leader Salvini e non del premier Conte come sarebbe stato più corretto sul piano istituzionale. Tradotto: se devo lasciare lo faccio per lealtà verso il mio partito, il Carroccio, e non perché me lo chiede "l'avvocato del popolo" che siede a Palazzo Chigi o tantomeno il ministro di riferimento, quello delle Infrastrutture: il Cinque Stelle Toninelli.
Insomma, Rixi è uscito di scena con un piccolo gesto di dispetto verso il presidente del Consiglio. Ma in fondo è un aspetto poco rilevante. La domanda che tutti si pongono è perché il capo della Lega, il vincitore del 26 maggio, sia stato così remissivo. Chi ritiene che Salvini, per viltà o indecisione, abbia già rinunciato all'idea delle elezioni anticipate, giudica emblematico l'episodio Rixi all'interno di una grande pantomima giallo-verde (è il caso di un osservatore acuto come Marco Taradash). Chi invece non crede che le cose siano come sembrano, tende a essere più malizioso. Del resto Salvini pare soddisfatto solo se il governo evita di inciampare. Le dimissioni di Rixi? "Accolte per tutelare l'esecutivo". Il referendum su Di Maio attraverso il voto online? "Spero in una marea di sì per Luigi". Un po' troppo miele per essere convincente.
In apparenza il leghista ha scelto la via della moderazione e del buonsenso. In pratica ha solo spostato i termini del confronto. Anziché schiacciare i Cinque Stelle sotto il 34 per cento del Carroccio, li blandisce per sottometterli. Fa da sponda alla loro vocazione ultra-governativa, molto spiccata nel gruppo dirigente e assai meno tra i militanti. Li protegge come una specie rara in via d'estinzione e a titolo di pegno sacrifica Rixi, un suo fedele. Perché si rende conto che il M5S in crisi verticale non potrebbe sopportare oggi un braccio di ferro come quello che si consumò intorno a Siri. Dove prima si avvertiva l'arroganza, oggi si respira fraterna solidarietà.
Ma la mano tesa del Carroccio esige un prezzo. Toninelli e la Trenta non possono sentirsi al sicuro sulle loro poltrone e Di Maio non avrà efficaci armi per difenderli. La Tav, la flat tax e le autonomie regionali coincidono con altrettanti punti del "contratto" nella versione leghista: saranno riproposti, solo modulati nel medio termine per ragioni pratiche. E i toni "sovranisti" di Di Maio, che anche lui alza la voce con Bruxelles, lasciano presagire totale copertura dell'amico ritrovato nella polemica euro-scettica. Quanto potrà durare la sottomissione pentastellata non è dato capire. Forse c'è poco tempo prima che il tessuto si laceri. O magari ce n'è abbastanza perché si crei una pattuglia a Cinque Stelle, una costola del "grillismo" disposta a seguire Salvini in ogni avventura futura, a cominciare dalle elezioni anticipate. Ipotesi che incombe ed è più vicina di quanto il minuetto Salvini-Di Maio lasci supporre.