4/1/2019
POLITICA
I dati
Quasi la metà della ricchezza nazionale e il 54% dell’export è in Lombardia, Veneto e Emilia, le prime ad aver avviato la trattativa col governo. Di Maio: "A febbraio il nostro documento"
rosaria amato,
roma
Valgono il 40,5% del prodotto interno lordo nazionale e il 54,5% dell’export italiano. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le tre grandi regioni del Nord che hanno già siglato un pre-accordo con il governo per l’autonomia differenziata, staccano decisamente le regioni del Mezzogiorno, semmai reggono il confronto con i più progrediti lander tedeschi. Ed è proprio per questo che diverse voci si levano dal Sud contro " la secessione dei ricchi". Ma ormai è questione di settimane: dopo la vittoria del Sì nei referendum di Lombardia e Veneto, il governo sembra voler mantenere gli impegni. E se per la Lega questa è la battaglia di sempre, anche i vertici 5S fanno sapere che non si opporranno confermando le scadenze: « Nei prossimi giorni avremo una serie di incontri – ha affermato ieri nel bellunese il vicepremier Luigi Di Maio– per febbraio deve essere pronto il documento con cui Conte dovrà discutere con i presidenti di Regione». Certo il "come"è tutto da discutere, e infatti il vicepremier avverte che dovrà essere un’autonomia «nell’ottica di un Italia che resti solidale».
A chiedere con forza allo Stato maggiore autonomia in termini di competenze e gestione delle risorse sono le regioni che « rappresentano il motore produttivo dell’intero Paese » , si legge nell’ultima edizione dell’Osservatorio della CNA, primato che si traduce puntualmente nel gettito fiscale più alto del Paese. Un aspetto fondamentale questo, visto che l’intesa sottoscritta a palazzo Chigi prevede la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio. Da uno studio della Cgia di Mestre (che però si riferisce ai dati del 2015) emerge che la prima regione per entrate tributarie pro capite è proprio la Lombardia (11.898 euro), l’Emilia Romagna è al terzo posto e poco dopo arriva il Veneto. Soprattutto, però, queste tre regioni sono prime in graduatoria per "residuo fiscale", cioè per la differenza tra quanto un cittadino versa allo Stato in termini di tributi e quanto ottiene in termini di servizi. E la Lega nella campagna referendaria ha promesso la drastica riduzione del residuo.
Secondo il centro studi Eupolis la Lombardia come regione vanta un residuo fiscale di 54 miliardi di Fonte: Centro Studi Sintesi-Cnaeuro, l’Emilia Romagna di 18 miliardi e il Veneto di 15. Calcoli che non hanno fondamento secondo la Svimez, che a dicembre è intervenuta con uno studio che contesta il concetto stesso di residuo fiscale, e che fa un calcolo diverso del "dare e avere", secondo il quale «i residui fiscali regionali che si chiede di ridurre altro non sono che l’avanzo primario regionalizzato che poco o nulla hanno a che fare con il territorio, essendo il risultato in regime di imposta progressivo del processo perequativo tra contribuenti ricchi e poveri, residenti e non nello stesso territorio».
La crisi certo ha eroso la crescita, solo la Lombardia ha pienamente recuperato i livelli pre- crisi, ma in compenso le esportazioni non arretrano di un millimetro: la quota aggregata dell’export nazionale nel 2009 raggiungeva il 54,2%, sette anni dopo è al 54,3%, nonostante nel frattempo il valore delle merci esportate sia aumentato del 43%. La Lombardia svetta in cima con una quota del 26,8%, seguono il Veneto con il 14% e l’Emilia Romagna con il 13,5. Il " primato" delle tre regioni si conferma anche nell’ultima classifica stilata dall’Istat del Pil pro capite: assegnato il primo posto a Bolzano con 42.300 euro per abitante, arrivano subito la Lombardia con 38.200 euro, l’Emilia Romagna con 35.300 e il Veneto con 33.100 ( in mezzo ci sono però anche Trento e Valle d’Aosta). Il benessere che si respira nelle tre regioni poggia le sue basi anche sul lavoro: pienamente recuperati, e in qualche caso anche superati i livelli pre- crisi. A fronte di una media nazionale del 59,1%, il tasso di occupazione di Veneto e Lombardia è intorno al 67%, quello dell’Emilia Romagna al 70,5%, vicinissimo alla media europea del 73,2%.