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L’ARENA DEI DILETTANTI ALLO SBARAGLIO

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Il caso

Sebastiano Messina
Quelli che dovevano aprire il Parlamento « come una scatoletta di tonno» hanno trasformato il Senato nella Corrida di Corrado: un’arena di dilettanti allo sbaraglio.
Purtroppo mancava il pubblico in sala, la giuria popolare che in studio fischiava e suonava i campanacci ai concorrenti peggiori, che ieri avrebbe almeno punito come meritava il penoso spettacolo offerto al Paese da un governo palesemente incapace di mettere nero su bianco la sua legge di Bilancio.
E non parliamo dello sfregio al Parlamento e del disprezzo della democrazia — la cui gravità sfugge a chi deve aver scambiato il Senato per una grande assemblea di condominio — ma di ciò che dovrebbe essere l’ordinaria amministrazione per un governo al quale non mancano i numeri per far approvare a scatola chiusa qualsiasi provvedimento.
Eppure neanche di quello sono capaci. Il mix shackerato di reddito di cittadinanza e demolizione della legge Fornero — il più costoso cocktail mai preparato nel Palazzo — ovvero quel patto stipulato da Di Maio e Salvini il 18 maggio con il " contratto di governo" e trasformato nella " Manovra del popolo" dal balcone di Palazzo Chigi la notte del 27 settembre, dopo quasi tre mesi ieri non era ancora pronto per diventare legge dello Stato.
Il maxi- emendamento di 654 commi — appena più corto dell’Inferno di Dante — doveva essere depositato alle 14 di venerdì, termine poi fatto slittare di 24 ore senza che la maggioranza riuscisse a mettersi d’accordo nemmeno sui colpevoli del ritardo. I pentastellati puntavano il dito contro i funzionari dell’Economia ( « La colpa è dei tecnici » ), mentre i leghisti ringraziavano pubblicamente gli stessi funzionari, « che hanno lavorato con ritmi impossibili » .
Insomma, fino a ieri pomeriggio non c’era ancora traccia del testo da votare, anche se Salvini aveva già annunciato che erano finalmente arrivati alla versione definitiva. « La accendiamo, come dicono al Grande Fratello » dichiarava spavaldo ( e pazienza se quella frase la dice invece Gerry Scotti a Chi vuol essere milionario).
In effetti nei corridoi si era sparsa la notizia che la Ragioneria aveva finalmente " bollinato" il testo, e il ministro Fraccaro aveva già posto la fiducia, ma il maxi- emendamento non ce l’aveva nessuno. I senatori sapevano a che ora avrebbero dovuto votare, ma non su che cosa. Un clima già surreale, che è diventato esplosivo quando il presidente della commissione Bilancio, il grillino Daniele Pesco, ha candidamente annunciato che la « versione definitiva » non era poi così definitiva, perché c’era « la necessità di apportare correzioni formali, di errori materiali e di coordinamenti » . Così la maggioranza si è barricata in un ufficio, armata di bianchetto e fotocopiatrice, mentre l’opposizione tumultuava nei corridoi, ma ordinatamente: nulla di paragonabile agli assalti e alle arrampicate sui tetti che, per molto meno, i grillini organizzavano quando stavano dall’altra parte. E quando, alla fine, il maxi-emendamento è stato finalmente reso pubblico, ai senatori è stato chiesto di votarlo in piena notte: se uno di loro avesse voluto leggerlo tutto, non avrebbe fatto in tempo ad arrivare all’ultimo comma prima di essere chiamato a dire sì o no.
Stiamo dunque assistendo a qualcosa che ha solo l’apparenza di una procedura parlamentare, ma in realtà ricorda le scene del cinema muto, in cui Charlie Chaplin e Buster Keaton correvano a una velocità irreale. Con la differenza che quelli erano dei professionisti della comicità, mentre oggi il film della Manovra del popolo è girato da una banda di dilettanti. Che non fanno neanche ridere.

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