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LE PROMESSE SENZA VALORE

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22/12/2018
COMMENTI
La polemica

Michele Ainis
Inuovi politici non pensano, ripensano. E infatti l’elenco d’impegni traditi, di promesse rimangiate, d’urgenze postergate è più lungo d’un lenzuolo. Eccone qualche lembo.
La manovra finanziaria: deficit al 2,4% e zero aggiustamenti, chissenefrega dell’Europa. Dopo di che fa capolino lo zero, e il deficit diventa 2,04%. Il no dei 5 Stelle al Terzo valico e al Tap: garantito in campagna elettorale, ma a quanto pare la garanzia è scaduta. La pace fiscale: Salvini annuncia la dichiarazione integrativa (paghi solo il 20%), poi dichiara che non si può più dichiarare. L’ecotassa sulle auto, tutte le auto inquinanti: dopo il ping pong parlamentare, la pagheranno solo i Suv. Preservativi gratis a giovani e immigrati: è d’accordo il Pd, sono d’accordo i 5 Stelle, anzi loro non più, si sono scordati dell’accordo. Espulsioni degli immigrati dai centri: il Viminale prima accelera, poi ordina ai prefetti di frenare. Via la legge Fornero (ormai difesa soltanto da Elsa Fornero), a quota 100 vai in pensione. Sì, però con finestre, divieti di cumulo, slittamenti e scoraggiamenti vari. Autonomia differenziata per Lombardia e Veneto: il governo l’aveva messa in calendario entro l’autunno, ma senza precisarne l’anno.
Tutto qui? No, c’è ancora posto per l’altalena sul reddito di cittadinanza, promesso dai 5 Stelle a 9 milioni d’italiani, poi diventati 6 milioni e mezzo, poi 5, poi con requisiti più stringenti, poi con un rinvio ad aprile, il mese del dolce dormire. Per l’altra altalena sulle pensioni d’oro, dove balla sia il periodo di prelievo ( prima 3 anni, adesso 5), sia il concetto stesso di pensione d’oro (150 mila euro di reddito? 90 mila? 100 mila?). C’è posto inoltre — nell’elenco dei niet rapidamente trasformati in yes — per gli F35, gli aerei da guerra ai quali il Movimento 5 Stelle aveva dichiarato guerra, salvo dichiararli ( adesso) « irrinunciabili » . Per i vaccini, su cui in agosto il Senato approvò una moratoria, mentre a settembre sono stati reintrodotti. Per il censimento dei rom proposto in giugno da Salvini, e convertito poi in «monitoraggio ».
Senza dire dell’emendamento riemendato e rammendato: quello sugli autonoleggiatori, alle prese con l’ira funesta dei tassisti. Né più né meno dell’emendamento che cancellava l’accisa sulla benzina in Liguria, approvato dal governo e disapprovato dal governo nel giro di tre giorni. O senza dire dei ripensamenti individuali, dei pentimenti, delle crisi di coscienza che scuotono maggioranza e opposizione, dove s’incontra sempre un San Paolo sulla via di Damasco, magari seduto su un divanetto damascato. È il caso di Matteo Dall’Osso, il deputato 5 Stelle passato a Forza Italia. Di Marco Minniti, che il 18 novembre si è candidato ufficialmente alle primarie del Pd, e il 6 dicembre si è ufficialmente scandidato. Delle anime in pena attorno a Leu, cui è rimasto fedele soltanto Pietro Grasso; gli altri parlamentari eletti con Liberi e Uguali si sentono ugualmente liberi di cercar fortuna altrove.
Per mantenere le promesse bisogna avere buona memoria, diceva Nietzsche. Ma la memoria è altrettanto essenziale per farle mantenere, le promesse. Per contestare ai politici le loro parole d’una volta, nel senso di voltafaccia, giravolta, voltagabbana. Sennonché le parole non hanno più valore, nella pioggia quotidiana di tweet e di like si sono trasformate in un vocio confuso, in suoni disarticolati. Sarà per questo che l’inganno è così in auge, tanto nessuno paga pegno. O forse sarà perché gli italiani hanno perso la memoria, e loro, i politici, lo sanno. Intanto scendono in trincea, però volgendo le spalle al nemico. Il nuovo fronte non è davanti, è dietro: il dietrofront.
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