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IL POPULISMO DEI SERVI

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L’editoriale
Eugenio Scalfari
Il movimento del "sì alla Tav"è partito da un monosillabo e si è ritrovato con 40 mila persone in piazza. Ora cerca di capire come non disperdere l’energia. Tutto è nato spontaneamente, abbiamo visto il lavoro del gruppo di donne di Roma e siamo partite.
Con loro è nato uno scambio felice. Ora a Genova si attivano per portare la città in piazza e un gruppo di Varese si organizza. Ci si può alimentare a vicenda e passare alla fase due».
Così ha detto la signora Patrizia Ghiazza, promotrice del movimento civico, alla Stampa.
Emma Amiconiè la portavoce del movimento civico che si chiama "Tutti per Roma, Roma per tutti". Sono sei le donne che guidano questo movimento che fece la sua prima manifestazione in Campidoglio il 27 ottobre riunendo migliaia di cittadini. È già un primo risultato. Amiconi ha detto alla Stampa:
 «Siamo contentissime della manifestazione di Torino. Da Roma è partita una spinta che spero si espanda in altre città. Contiamo di esercitare un accordo generale. Non è un movimento ideologico ma civico. Non siamo contro i partiti che sostengono valori e ricerche molto simili alle nostre ma non siamo un partito né vogliamo diventarlo. Movimenti simili ai nostri stanno nascendo dovunque».
Spero che i miei lettori non si stupiscano se ho iniziato questo mio articolo domenicale riferendo due interviste pubblicate da un altro giornale che fa parte di un gruppo editoriale comune.

Il motivo è che per Repubblica non è una novità, tant’è che da oltre un mese sto sostenendo sul mio giornale la nascita d’un movimento nazionale formato dall’alleanza di tutti i gruppi civici che sostengono interessi civici di rilievo locale ma anche nazionale. I partiti che in questo periodo guidano il Paese sono molto lontani da questi movimenti, ma probabilmente un partito attualmente all’opposizione – parlo del Partito democratico– avrebbe una linea analoga al Movimento civico e quindi una sorta di alleanza potrà e dovrà aver luogo. Ciascuno resta autonomo ma si pone la tutela dell’Italia democratica non dimenticando che la seconda Patria è l’Europa.
Personalmente sono assai felice che quel che auspicavo stia con molta forza avvenendo.
***
 I movimenti dei quali abbiamo constatato l’esistenza e la crescente diffusione sono formati dal cosiddetto popolo sovrano che non ha nulla a che vedere con il populismo. La distanza è enorme: il populismo si fa guidare da un Capo che ha una sua tendenza a comandare da solo e condurre i suoi seguaci verso un obiettivo: la conquista del potere, concentrata interamente nelle sue mani. Al popolo promette che il potere sarà di tutti e procurerà a tutti benessere e felicità del buon vivere; quella parte della popolazione che non starà con loro vivrà con disagio e isolata e alla fine capirà che bisogna allargarsi al populismo e al Capo che lo guida. Ecco, detta in breve, qual è la strada per fare del populismo un movimento di massa che finisce per sostenere una sorta di dittatura non subita ma voluta da una consistente massa che il Capo in qualche modo benefica con le apparizioni nelle quali è maestro.
Il populismo è un fenomeno storico che esiste da sempre e dovunque. La sua alternativa positiva, come abbiamo già detto, è il popolo sovrano che è affascinato non da un capo ma dai valori della democrazia ( demos) e quindi dell’autogoverno. Quel popolo si autogoverna e perciò si definisce "sovrano". La politica che quel popolo vuole ed esprime mette a sua disposizione i valori che sono la libertà di manifestare e attuare le proprie idee, le istituzioni adatte a realizzarle, la tutela dei dissensi e quindi l’esistenza di vari partiti, sostanzialmente tre: il centrodestra conservatore, la sinistra progressista e il centro che mescola le due contrapposte posizioni.
Naturalmente il popolo sovrano è composto da numerosi rappresentanti di vari partiti, la cui composizione può variare secondo i risultati positivi o negativi della sua politica.
Mi dilungo a ricordare che il popolo sovrano talvolta si stanca dei doveri che la democrazia richiede ai suoi sostenitori e per conseguenza può proferire le comodità del populismo. La servitù è più comoda perché si sottrae alla politica ritenendola una inutile fatica. Questo fenomeno è sempre accaduto e ha sempre limitato il numero dei cittadini desiderosi di libertà e politica, di diritti e di doveri anziché di servitù.
Un celebre scrittore del Cinquecento,Étienne de La Boétie, molto amico di Michel de Montaigne, scrisse nella sua breve vita un solo libro di 57 pagine, intitolato Discorso sulla servitù volontaria, dimostrando che l’uomo nasce libero, ma le vicissitudini della vita gli suggeriscono che servire i potenti gli reca vantaggio. Se vuole mantenere la libertà i potenti lo asserviscono e lo trattano da schiavo fino a tormentarlo e perfino farlo morire. Ma se è lui a proporsi come servitore e fa bene quel mestiere i potenti ne sono lieti, lo mantengono e talvolta lo premiano. Il suo libro fu intitolato come ho già detto: quasi sempre il proprio interesse è la servitù, volontariamente proposta perché è più utile della libertà. Ai potenti la libertà li porta alle guerre contro altri potenti, dalle quali possono uscire vittoriosi o disfatti e in tal caso perdono tutto ciò che avevano e a volte perfino la vita. Perciò l’uomo preferisce essere un servo e come tale si propone perché la servitù volontaria è il suo bene. La democrazia ne risente, ma spesso questa servitù conviene al popolo che la utilizza a suo vantaggio. Quelli che si comportano nel modo della scelta servile un tempo si chiamavano in Italia popolaccio ma sono poi quelli che hanno dato vita al populismo.
Ai tempi nostri queste leggi della vita sono ancora vigenti come lo erano nel Cinquecento. Salvini e Di Maio sono entrambi populisti; la Lega di Bossi non lo era ma il suo successore sì, Di Maio anche, poiché il fondatore del suo Movimento, Beppe Grillo, per otto anni ha predicato la distruzione delle classi dirigenti, fossero di destra o di sinistra non importava: distruggerle e fare terra bruciata. E se gli domandi quale fosse il suo programma rispondeva:
"Prima distruggiamo quello che esiste e poi il programma sarà facile: premiare il popolo e farlo star bene". 
Un programma non tanto facile da raggiungere.
In Italia c’è un solo partito che non è populista: il Partito democratico. Purtroppo, per lui e per noi, è disceso a una cifra di voti ottenuti il 4 marzo scorso del 17 per cento. Di fronte agli altri è di fatto un partito inesistente. Il compito di chi condivide i suoi valori è di rilanciarlo in tutti i modi possibili, non dimenticando che oltre al problema italiano abbiamo anche l’Europa dove gli stessi fenomeni del populismo e del razzismo sono drammatici e rischiano il disfacimento totale della nostra Patria continentale.
*** 
Un popolo che nella sua maggioranza sia soprattutto democratico e liberale ebbe inizio a partire dai primi anni dell’Ottocento con una sua borghesia. Che cosa si intende per borghesia? C’è ancora? Dove? Qual è il suo compito economico e politico?
Ricorderò che Marx ed Engels nei loro scritti del 1848 scrissero che in Inghilterra e in Francia un ruolo sostanzialmente positivo lo ebbe la Borghesia (lo scrivevano con la maiuscola), una classe nata nelle campagne di Francia e di Inghilterra. In Francia fu distrutta nell’ultima fase robespierriana appoggiata dai Montagnardi; in Inghilterra invece restò intatta salvo una breve dittatura di Cromwell.
La borghesia francese ebbe la sua prima esperienza politica con il "Terzo Stato" che faceva parte a suo tempo degli "Stati Generali" nei quali aveva ampia maggioranza sugli altri due elementi che spettavano ai sacerdoti e alle famiglie nobili.
Gli Stati Generali chiesero al Re che li aveva convocati di trasformare quella istituzione in un’assemblea costituente dove tutti e tre gli ordini erano uniti e i loro membri assumevano liberamente le posizioni politiche d’una istituzione generale. Il re Luigi XVI aveva convocato quella riunione a distanza di quasi un secolo dalla medesima riunione promossa da Luigi XIV, il Re Sole. In quel frattempo era nata in Francia la borghesia formata da proprietari di ampi terreni, uomini di buona cultura, liberi professionisti come notai, avvocati, medici. Questa era la borghesia francese cui appartenevano inizialmente anche Robespierre e Danton ma soprattutto i girondini che nell’assemblea legislativa erano da soli un’ampia maggioranza. Seguirono ben noti periodi che includono addirittura Napoleone, dopo il quale però la monarchia torna a guidare il Paese. Questa situazione comportò alcune insorgenze rivoluzionarie fino a quella del 1848, praticamente definitiva salvo l’intervallo di Napoleone III imperatore. Marx ed Engels, come ho già ricordato, scrissero una serie di appunti e giudizi su quanto stava accadendo nella rivoluzione del ’48 e non soltanto in Francia ma in quasi tutta l’Europa. L’opinione dei due comunisti era molto interessante: dissero che la borghesia era una classe composta di notabili e quindi privilegiata ampiamente rispetto al popolo; tuttavia quella borghesia aveva ottenuto dal governo del Re una serie di libertà che dovevano servire alla tutela degli interessi generali del Paese e in particolare della stessa borghesia. Questi nuovi diritti mettevano un limite e anzi eliminavano il potere assoluto della monarchia imponendo norme che giovavano appunto agli interessi generali dei quali la borghesia godeva ma che si riflettevano anche sul popolo.
La tesi dei due comunisti fu che quando i compiti della borghesia fossero esauriti sarebbe scoppiata la rivoluzione proletaria e cioè comunista la quale però avrebbe dovuto accertarsi che le libertà borghesi fossero state mantenute dalla monarchia ormai battuta e uscente dalla reggia. Le libertà borghesi dovevano essere anche mantenute dopo la rivoluzione proletaria per impedire che il comunismo diventasse una dittatura.
Per Marx il pericolo della dittatura esisteva ma lui voleva scongiurarla: il comunismo era la fase in cui il proletariato prende il potere e costruisce un sistema in cui ciascuno individualmente o collegialmente opera senza che il potere assoluto possa impedirlo sia pure che sia comunista. La rivoluzione proletaria perciò poteva avvenire soltanto in Paesi che avevano instaurato le libertà borghesi e quindi quasi tutta l’Europa ma non la Russia dove la borghesia non era mai neppure esistita. Sappiamo del resto quello che accadde. Marx era già morto da un pezzo quando Lenin e Trotzkij occuparono il Palazzo d’Inverno e cominciarono una rivoluzione che per pochi mesi chiamarono ancora marxiana ma poi prese esclusivamente il nome di Lenin.
Questa è la storia. Ma oggi? In Italia?
Nell’Italia la borghesia vera e propria cominciò ad esistere nella seconda metà dell’Ottocento, ai tempi della Destra storica. Era principalmente una borghesia intellettuale presente soprattutto nelle regioni del Sud e del Centro ma riservata a proprietari terrieri di grandi dimensioni e a capitali provenienti dal Nord e dall’estero. A un certo punto le truppe di Napoleone occuparono tutta l’Italia del Nord e arrivarono fino a Roma. Un piccolo distaccamento arrivò anche a Napoli e alimentò la rivoluzione napoletana del ’99. A Roma c’era il Papa, un capo di Stato assoluto contro il quale le poesie del Belli alimentavano le critiche nascoste provenienti anche da una parte della nobiltà laica rappresentata dalla figura divertente del Marchese del Grillo.
Oggi la borghesia c’è economicamente ma assai fragile politicamente. Ha avuto un buon periodo dal 1950 in poi, non a caso definito dall’allora governatore della Banca d’ItaliaGuido Carli il "miracolo italiano". Questo relativo benessere fu interrotto prima dalla crisi del 1929 e poi da quella del 2007, entrambi provenienti dall’America ed entrambi arrivati in Europa con sconvolgimento dell’intera economia che comportò svalutazione e deflazione. Tuttavia il buon andamento economico riprese soprattutto nel dopoguerra.
Ora siamo di fronte ai problemi politici ed economici che abbiamo già esaminato all’inizio. La borghesia e il popolo sovrano sono in gran parte distrutti dal populismo e dal razzismo che governa il Paese e lo rappresenta distruttivamente in Europa. Occorre dunque rilanciare con partito e movimenti la democrazia, il liberalismo, la sinistra democratica con grande forza e coraggio tenendo d’occhio gli obiettivi che riguardano l’economia, la socialità, la cultura.
Il tempo è di pochi mesi e il lavoro da fare deve essere a tempo pieno.

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