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Dalla pizza alle cave vita precaria di Luca l’operaio dei 6 giorni

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13/7/2018
CRONACA
La storia
Vittime sul lavoro

L’incidente di Carrara: “Tornato al marmo quando la compagna era rimasta incinta”
MICHELE BOCCI,
Dal nostro inviato
CARRARA
Dalla mattina presto nel piazzale vicino al porto, a sbuffare e sudare di fatica, con gli occhi stretti perché il bianco del marmo in questi giorni diventa accecante. Appeso a contratti brevi o brevissimi: quando hai una figlia di poco più di un anno e la tua compagna non lavora devi portare per forza qualcosa a casa. Non ti fai tanti problemi per il precariato e forse nemmeno per il lavoro nero, quei soldi ti servono e va bene così.
Negli stabilimenti balneari a poche centinaia di metri dal viale da Verrazzano a Marina di Carrara stavano preparando lettini e ombrelloni mercoledì alle 8 quando un blocco di marmo informe, cioè irregolare anche alla base, si è assestato facendo un piccolo spostamento che è bastato a dare quello che qui chiamano “schiaffo” nel petto di Luca Savio, 41 anni, e fermargli il cuore. Era il secondo dei suoi 6 giorni di lavoro, un micro contratto depositato il 6 luglio e attivo appunto dal 9 al 14 che gli avrebbe fruttato circa 200 euro. Comunque qualcosa, per un uomo che ha sempre vissuto di precariato, passando più volte dalla “vocazione” familiare legata al marmo ai forni delle pizzerie. «Sempre senza raccontare troppo del suo lavoro perché era taciturno», dice un amico.
Prima di questo mese all’ufficio del lavoro non risulta alcun contratto. Per trovare la firma dell’operaio su un accordo bisogna tornare all’anno scorso, per un incarico da marzo a dicembre. «Qui lo vedevamo spesso con il suo capo a fare colazione», dicono nei due bar vicino al piazzale dove è avvenuto l’incidente sul lavoro.
Cioè anche nelle scorse settimane. La ditta individuale che gli aveva fatto il contratto di sei giorni e quello precedente si chiama “F. C. autogru” e il titolare è un vecchio amico di Luca, Maurizio Ferrari. Erano solo loro due mercoledì mattina. Il capo sopra, a manovrare la gru che sposta i blocchi per prepararli a entrare nei container, e l’altro sotto, a mettere le zeppe di legno per stabilizzarli. Si chiama movimentazione per conto terzi e sta a metà strada tra il lavoro in cava e il viaggio in nave verso i compratori del marmo. «Guardi, qui adesso c’è la Asl, non le posso dire niente», si giustificava al telefono ieri pomeriggio Maurizio Ferrari. La procura vuole capire se davvero Luca nei primi sei mesi del 2018 è stato a casa oppure se ha lavorato al nero, cosa che metterebbe nei guai Ferrari.
«Questo era il lavoro di mio fratello ormai da tempo ma non chiedetemi di contratti, non ne so nulla», diceva ieri pomeriggio Simone Savio fuori dall’obitorio.
Lui e la madre hanno un impiego in una macelleria di Marina di Carrara e sono il ramo della famiglia che si è allontanato dalle cave. Il padre dell’uomo morto mercoledì invece fa il trasportatore di marmo, uno zio è cavatore. Lui, Luca, ha alternato impieghi diversi. «Incontrava le difficoltà tipiche di chi cerca stabilità qui a Carrara», spiega un amico che si sta dirigendo all’obitorio.
Da giovane Luca è diventato un gruista, ha lavorato per una grande azienda del marmo. Poi ha mollato tutto ed è andato a fare il pizzaiolo in Germania, dove aveva una donna. «L’ho conosciuto quando è tornato e siamo diventati velocemente amici», racconta Franco, titolare della pizzeria Tarasbi a Carrara.
«Era in gamba, così l’ho preso come pizzaiolo in un locale che avevo a Marina, il “Tagliere”. È rimasto con me fino a due anni fa».
Cioè fino a quando la compagna di Luca non ha saputo di essere incinta. «Sara gliela ho fatta conoscere io — dice ancora Franco — Sono andati a vivere insieme nella frazione di Fossone». Con una bambina in arrivo, la paga del ristorante non era abbastanza alta. «Aveva bisogno di soldi per mettere su famiglia. Così è tornato al suo primo impiego, che gli assicurava un po’ di straordinari. Non credo gli pesasse quel lavoro duro, lo aveva imparato quando era ragazzino, gli piaceva». Con l’amico non si lamentava del precariato. La vita andava. Da poco lui e Sara avevano iscritto la bimba al nido per l’anno prossimo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Per quel microcontratto avrebbe preso 200 euro. Gli amici: “Non gli pesava il lavoro duro e non si lamentava mai”

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