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LEGGI BLOCCATE 641 DECRETI ANCORA DA FARE

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14/7/2018
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Burocrazia

Sergio Rizzo
Non c’è governo che non abbia dichiarato guerra alle troppe leggi. Compreso l’ultimo. Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha debuttato così: «Fate poche leggi ma buone e abolitene tante che non servono, dico ai parlamentari. Ogni volta che si fa una nuova legge bisogna indicare due o tre leggi inutili da abolire». Matteo Renzi si vantava che il suo fosse «il governo che ha fatto meno leggi di tutti». Mentre il leghista Roberto Calderoli, governo Berlusconi quarto, annunciò di aver tagliato in un solo colpo 29 mila leggi inutili: il quadruplo di tutte quelle francesi. E perché la cosa restasse bene impressa nelle menti degli italiani, le fece ammucchiare in un cortile per dargli fuoco con il lanciafiamme. Ma risorsero presto dalle ceneri, se è vero che (fonte Confartigianato) per ogni legge abolita se ne approvano tuttora 1,2 nuove. E fosse solo quello il problema. Il fatto è che ogni legge si porta dietro uno stuolo di decreti necessari a renderle operative, che devono fare i ministeri: senza i quali le leggi possono restare anche per anni congelate nei loro frigoriferi. È la cosiddetta legislazione “di secondo livello”, un’arma letale nelle mani degli apparati burocratici. Se già non l’hanno scoperto, Di Maio e i suoi colleghi di governo conosceranno quanto prima il lascito dei loro predecessori più prossimi.
Semplicemente mostruoso: ci sono 641 decreti attuativi ancora da sfornare per far partire leggi approvate nella legislatura precedente. Il calcolo certosino l’ha fatto la CoMar, una società di analisi economiche e consulenze istituzionali, secondo cui la sola ultima legge di Stabilità prevedeva 151 disposizioni ministeriali: ma solo 41, pari al 27 per cento, hanno finora visto la luce. Dall’aprile 2013 al 10 luglio 2018, ovvero 40 giorni dopo il passaggio delle consegne fra Paolo Gentiloni e Giuseppe Conte, sono state approvate 263 leggi e 101 decreti legge, che hanno trascinato con sé 1.789 decreti attuativi. Con una densità talvolta sconcertante: ogni legge approvata durante il governo Gentiloni ne prevedeva mediamente 8,2, ma durante i pochi mesi dell’esecutivo di Enrico Letta si era arrivati perfino a 13,6.
La concentrazione maggiore non poteva che essere nei provvedimenti economici. Soltanto questi avrebbero richiesto 1.046 decreti attuativi, ma ne mancano ancora ben 316. Quasi un terzo di quelle misure, quindi, non è mai partito. Arenati nelle secche delle burocrazie ministeriali, dicono gli esperti della CoMar, restano pezzi di leggi come lo sblocca Italia, il fondo per risarcire le vittime dei crac bancari, le varie finanziarie, alcune disposizioni fiscali che riguardano anche Equitalia, il reddito di inclusione, le norme contro il riciclaggio… Il massimo lo si è raggiunto con la legge sulla concorrenza, partorita dalle Camere con due anni di ritardo e 28 decreti attuativi sul groppone: dei quali ne sono stati approvati finora appena cinque.
È il tipico esempio di provvedimenti fatti talvolta male, spesso incomprensibili (a dispetto di una legge che prescriveva la chiarezza assoluta delle norme approvata nel 2009 senza decreti attuativi ma non per questo rispettata) e in gran parte anche inapplicabili. Con il Parlamento che c’entra poco o nulla, a parte emendare i testi. La stragrande maggioranza delle leggi, infatti, è di fonte governativa. Nei cinque anni della scorsa legislatura deputati e senatori hanno presentato 7.434 proposte di legge, ma soltanto 91 sono arrivate in fondo: parliamo dell’1,2 per cento del totale. Un’inezia, al confronto di quello che possono fare i burocrati. Perché sono loro, in fondo, i veri legislatori.

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