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LE RISPOSTE CHE ASPETTIAMO

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COMMENTI
Il commento

Massimo Giannini
Giuseppe Conte, il Normal One che oggi da neo- presidente del Consiglio chiederà la fiducia alle Camere, deve decidere cosa vuole essere. Sarà davvero « l’avvocato difensore di tutti i cittadini italiani » , o soltanto “ l’agente mono-mandatario” di Salvini e Di Maio? Il dubbio è legittimo, nelle prime ore di una legislatura che già vede i due capibastone della resistibile Armata Sovranista scorrazzare felici nelle verdi vallate dell’irresponsabilità. Ognuno con la sua narrazione, adatta alla propria constituency elettorale ma inadatta al governo di una democraziaoccidentale. Salvini già brucia tutte le tappe del suo Safari xenofobo contro gli appositi migranti. Di Maio già anticipa il suo fumoso pacchetto Welfare per pensionati, disoccupati e diseredati. In mezzo, campeggiano il suprematista Fontana ( che con furia iconoclasta azzarda punizioni da Ku Klux Klan contro abortisti e gay) e il giustiziere Bonafede ( che con foga manettara rideclina la sua versione del mantra “ fine pena mai”). In questo caos creativo sproloquiano tutti, per lo più a vanvera, mentre da tre giorni tace l’unico che avrebbe titolo per parlare, cioè il premier. In attesa di sentirne la voce in Parlamento, sarebbe utile che rispondesse a qualche domanda.
1) All’esordio da responsabile del Viminale, Salvini sbarca a Pozzallo con la ruspa d’ordinanza e svergogna subito l’Italia col suo primo incidente diplomatico. La Tunisia «esporta galeotti», in mare i volontari delle Ong non salvano vite ma fanno i «vice-scafisti», in terra i migranti si rassegnino perché « è finita la pacchia » . Il presidente Conte condivide toni e contenuti del salviniano “Manifesto per la difesa della razza”? E appoggia l’irrealistico piano sui 500 mila rimpatri forzati, che costerebbe 1,5 miliardi, durerebbe 27 anni e sconterebbe il mancato accordo con gli Stati di provenienza?
2) All’esordio da probabile sottosegretario all’Economia, Bagnai fa un bel bagno di realtà e fa già strame della prima promessa elettorale: per le famiglie la Flat tax entrerà in vigore solo nel 2020. Non ci sono risorse per coprire un buco di gettito ( strutturale) da 51 miliardi, com’era chiaro a chiunque non volesse bere la “pozione magica” del condono ( una tantum). Il presidente Conte condivide questo slittamento della riforma fiscale, benché non sia previsto dal “contratto di governo”? E se sì, come intende spiegarlo ai 7 milioni di elettori che hanno votato Lega sognando tutt’altre chimere?
3) All’esordio da ministro del Tesoro, Tria non ha ancora proferito verbo. Ma da professore si era dichiarato favorevole a far scattare le clausole di salvaguardia, che farebbero aumentare l’Iva per 13 miliardi dal 2019 e per 19 miliardi dal 2020. Il presidente Conte condivide questa idea del suo ministro, oppure sarà svilito a semplice notaio da un diverso diktat dei suoi due “superiori”?
4) All’esordio da super-ministro di Lavoro&Sviluppo, Di Maio conferma subito il taglio dei vitalizi e il reddito di cittadinanza, ma nel frattempo il probabile sottosegretario al Welfare Brambilla aggiunge che quest’ultimo sarà finanziato «con i fondi del Jobs Act», che la Fornero sarà superata con la «quota 100», e che l’Ape social sarà abolita perché il concetto di lavori gravosi « non esiste in natura». Dunque, chi vuole andare in pensione prima se la paga «grazie ai fondi di categoria, come quello dei bancari». Il presidente Conte condivide questo inedito progetto? E se sì, come intende spiegarlo agli 11 milioni di elettori che hanno votato M5S inseguendo tutt’altre scie chimiche?
5) Al suo esordio da ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede lascia trapelare che la riforma dell’ordinamento penitenziario sarà buttata al macero. Dunque, basta misure alternative al carcere, percorsi rieducativi compatibili con le esigenze di cura della persona, funzione riabilitativa della pena. Ferma restando l’opportunità di non risolvere il dramma del sovraffollamento con i decreti svuota-carceri: il presidente Conte condivide questa torsione securitaria, che stride con l’articolo 27 della Costituzione e cancella con un colpo di spugna decenni di giurisprudenza della Consulta?
6) Al suo esordio da ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana ha lanciato il suo anatema contro le famiglie arcobaleno ( « non esistono » ) e contro la legge 194 ( « più nascite, meno aborti » ). Salvini lo ha corretto: « Sono solo sue opinioni personali » . Il presidente Conte da che parte sta? Condivide il Sillabo sanfedista di Fontana o il Non expedit laico del suo leader?
Potremmo continuare. E aggiungere alla lista altre domande finora inevase, dal rapporto che l’Italia vuole instaurare con la Russia di Putin alla soluzione delle crisi Ilva e Alitalia. Da come saranno scritte le norme sul conflitto di interessi e riscritte quelle sulla tutela del risparmio. Ma per ora fermiamoci qui. « Ora lo Stato siamo noi » , ha tuonato in piazza Di Maio, manipolando a suo uso e consumo Piero Calamandrei. Vedremo come ce lo restituiranno.
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