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Trump e la finta guerra commerciale Il vero fronte degli Usa è la Cina

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Ma la notizia del +20% di export tedesco in Russia ha fatto sobbalzare molti a Washington
FEDERICO RAMPINI
EXPORT TEDESCO in Russia: +20%. In pieno regime di sanzioni (quelle vecchie). La notizia ha fatto sobbalzare molti a Washington, e non solo nell’Amministrazione Trump. Contribuisce a spiegare il vasto consenso bipartisan con cui il Congresso ha varato il nuovo regime di sanzioni per punire Vladimir Putin. Guarda caso queste sanzioni si allargano all’energia e in particolare al gasdotto Nord Stream 2. Cioè colpiscono la Germania quanto la Russia. La logica geostrategica si unisce a quella commerciale. L’interscambio Usa-Russia è minuscolo, in compenso la Germania è una superpotenza commerciale che accumula attivi con l’America (65 miliardi l’anno scorso, in aumento del 35% su un decennio). Se Donald Trump ha accettato a malincuore il gesto del Congresso che ha tolto dalla sua potestà l’arma delle sanzioni, non gli può dispiacere il fatto che sia colpita la Germania. Finalmente un po’ di protezionismo vero, dopo tante promesse agli elettori?
Anche sulla globalizzazione, la distanza tra gli effetti-annuncio di Trump e le cose fatte è larghissima. Il presidente promette Muri, ne costruisce pochi. L’ultimo annuncio in fatto di protezionismo riguarda la Cina: ben più importante della Russia in quanto a dimensione economica. L’Amministrazione Trump lancia un’indagine sugli abusi di Pechino in materia di proprietà intellettuale. Leggi: spionaggio industriale, furto di know how, trafugamento di tecnologie. La Cina non è certo al di sopra di ogni sospetto. Il programma varato da Xi Jinping sotto l’etichetta “Made in China 2025” punta a fare della Repubblica popolare il leader globale in 10 settori industriali, alcuni dei quali avanzatissimi. Per bruciare le tappe ogni mezzo è lecito, compreso il saccheggio delle tecnologie occidentali. Gli americani se vogliono infierire troveranno delle ottime ragioni. Il problema è che loro stessi – ai tempi di Bill Clinton e George W. Bush– fecero a Pechino delle concessioni generose nel Wto. Esempio: la Cina essendo all’epoca considerata un paese emergente, si vide riconoscere il diritto di imporre alle aziende straniere un socio locale al 50% e l’obbligo di trasferire il know how tecnologico. Più una serie di altri comportamenti protezionisti, dei quali Xi Jinping fa un uso ancor più spregiudicato dei suoi predecessori. Si vedrà quanto l’Amministrazione Trump è determinata, nel rivedere i privilegi della Cina e nel castigare la mancanza di reciprocità nell’accesso al suo mercato. Per adesso, siamo all’effetto-annuncio.
E gli altri fronti? Trump ha promesso una revisione del Nafta, il mercato unico nordamericano con Canada e Messico, al fine di ridurre l’attivo commerciale del suo partner meridionale. Ma i negoziati per rivedere quel trattato non sono ancora cominciati. Ci sono stati annunci di tempesta anche verso l’Europa: per esempio sull’acciaio (che poi è largamente posseduto da colossi indiani anche se le aziende si trovano in Italia, Francia, Belgio o Inghilterra), dove però i ricorsi anti-dumping risalgono all’Amministrazione Obama. Idem per alcune misure punitive contro prodotti made in Italy (Vespa, acque minerali) per ora solo minacciate, anch’esse conseguenza di un’antica diatriba sul divieto europeo di carne bovina made in Usa. Di veramente importante, nei sette mesi della presidenza, Trump sul commercio estero ha compiuto un solo atto: la rinuncia al trattato di libero scambio Tpp coi paesi dell’Asia-Pacifico.
Che il clima sia favorevole al protezionismo, però, lo conferma un annuncio dell’opposizione democratica. Il leader della sinistra al Senato, Chuck Schumer, ha appena presentato il piano del suo partito. Tra le proposte: una nuova agenzia federale per controllare le acquisizioni straniere negli Usa; incentivi fiscali alle aziende americane che riportano fabbriche e occupazione sul suolo patrio; ritorsioni contro i paesi che usano la svalutazione competitiva; rafforzamento della clausola Buy American per evitare che le commesse pubbliche si traducano in acquisti di acciaio cinese. La filosofia democratica è identica agli annunci di Trump.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Il presidente Usa Donald Trump

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