la questione immigrati
I verbali.
Le prove raccolte grazie a un agente sotto copertura. “Dopo il trasbordo i gommoni non venivano affondati ma restituiti”
FRANCESCO VIVIANO ALESSANDRA ZINITI
PALERMO.
“Fuck IMRCC”. Il 19 maggio scorso, sul molo di Lampedusa dove è approdata per la prima e unica volta, sulla prua della Iuventa, la nave tedesca che salva i migranti e li trasborda sempre sulle altre navi umanitarie, fa bella mostra di sé un cartello che manda a quel paese il coordinamento delle operazioni di soccorso della Guardia costiera italiana. E c’è da crederci visto il modus operandi del giovanissimo e spregiudicato team dell’organizzazione umanitaria composta per lo più da universitari cresciuti in famiglie di tradizione protestante. Neanche un mese dopo l’agente sotto copertura della polizia imbarcato sulla nave di Save the children, nel corso di salvataggi in cui Vos Hestia e Iuventa si trovano vicine, scatta le prime foto che documentano in modo incontrovertibile gli incontri tra i trafficanti libici e gli operatori umanitari.
I BARCONI LEGATI CON LE CIME
Alle 6.15 del 18 giugno, in area Sar, tra le 12 e le 20 miglia di fronte Zwara c’è un grande affollamento: tre barconi in legno con migranti a bordo, una motovedetta della Guardia costiera libica, un barchino con alcuni trafficanti, la Iuventa e la Vos Hestia. Assicuratisi che i barchini arrivino fin sotto la nave, i trafficanti e la guardia costiera vanno via, il team della Iuventa recupera i migranti, poi alcuni dei componenti dell’equipaggio legano tra di loro i tre barconi in legno e, prima di andar via, li trainano verso le coste libiche, dove poi verranno recuperati dagli scafisti. La cosa non sfugge alla security di Save the children: «La stranezza era che il personale della Iuventa restituiva i gommoni a soggetti che stazionavano nella zona dei soccorsi. Normalmente non si restituiscono i gommoni, devono essere tagliati e affondati per evitare che vengano riutilizzati ».
I TRAFFICANTI SOTTO BORDO
Lo scatto è nitido, effettuato da vicino perché il 26 giugno i trafficanti libici arrivano fin sotto bordo. Sono in tre a bordo di un gommone grigio, tute, maglietta a riga, capelli rasati, barbe nere. Uno dei tre ha una radio ricetrasmittente. Parlano arabo e dicono: «Sta arrivando tanta gente». Poi sorridono, salutano con la mano e si allontanano. Sono le 6.19 del mattino, è il preavviso di un “lancio multiplo”. Meno di un’ora e arrivano diversi barconi e gommoni, con centinaia di persone a bordo. Iuventa e Vos Hestia prendono a bordo tutti, troppi, tanto che deve arrivare in soccorso anche una nave militare. Tra le barche che arrivano c’è anche una di quelle, contrassegnata dalle lettere KK, che otto giorni prima i tedeschi avevano restituito ai trafficanti.
LA GUARDIA LIBICA COLLUSA
Quando, come quasi sempre accade, la Iuventa staziona in acque libiche, a poppa della nave tedesca sventola bandiera libica. Scrive il gip: « In più di un caso, le motovedette della guardia costiera assistono passivamente al trasferimento dei migranti a bordo ».
Come l’agente sotto copertura documenta, ad esempio, il 18 giugno quando nota come i libici non intervengono per identificare le imbarcazioni utilizzate dai trafficanti e anzi si allontanano insieme a loro.
LA SOTTRAZIONE DELLE PROVE
Katrin è la team leader della Iuventa. Il 15 maggio scorso mentre la barca, nel frattempo imbottita di microspie dalla polizia, è in sosta a Malta, la ragazza parla con un collega della Sea Watch ormeggiata pure in porto. E spiega la strategia per evitare ogni tipo di collaborazione con le autorità italiane. «Noi ci prepariamo a tenere tutto pulito a bordo. Noi della Iuventa non daremo mai un contributo e consegneremo solo foto che ritraggono l’operato della Guardia costiera libica e delle fasi di soccorso. Non trasmettiamo nessuna fotografia in cui potrebbero essere identificabili le persone alla guida delle imbarcazioni perché la polizia potrebbe arrestarli».
LA DENUNCIA DELLA SECURITY
«Se prendi la roba direttamente da loro vuol dire che c’è una complicità tra te e loro. Capito com’è? Lei (la Iuventa, ndr) te li va a prendere, te li porta a te ( altra nave Ong, ndr) e tu te li riporti indietro». Avevano visto giusto da subito i due operatori della security imbarcati a bordo della nave di Save the children che, con la loro demnuncia, hanno fatto scattare l’indagine a Trapani.
LA NAVE FANTASMA
C’è anche uno strano rendez-vous con una nave fantasma. Il 6 maggio incrocia sulla sua rotta una nave che zigzaga nel Mediterraneo: è la “Shada”, in passato battente bandiera boliviana, oggi senza alcuna bandiera dopo essere stata radiata. A bordo ci sono cinque arabi. Secondo i pm, avevano un appuntamento.
LA DISSOCIAZIONE DEL MEDICO
Quello stesso giorno Stefano Spinelli, medico italiano della Onlus “Rainbow for Africa” imbarcato sulla Iuventa manda una mail alla Guardia costiera e si “dissocia formalmente” da eventuali condotte dei tedeschi. «Questi rappresentano un pericolo».
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Un’altra scena avvenuta sempre il 18 giugno scorso: dopo aver messo in salvo un gruppo di migranti arrivato dalla Libia, il tender della Iuventa riporta la barca indietro trainandola con una cima