Quantcast
Channel: Articoli interessanti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

TRUMP CONTRO TUTTI, AMERICA SENZA POLITICA ESTERA FEDERICO RAMPINI

$
0
0
COMMENTI

ESISTE ancora una politica estera americana? E se esiste, la fa il presidente o il Congresso? Con quali conseguenze per il resto del mondo, Europa in testa? Gli interrogativi diventano assillanti, mentre Washington sprofonda nei miasmi degli scandali senza fine, delle indagini a 360 gradi, dei veleni e dei sospetti. Ventiquattro ore di ordinario caos nella capitale americana offrono i seguenti titoli di cronaca, alla rinfusa: Donald Trump attacca (di nuovo) il proprio ministro della Giustizia Jeff Sessions; per sostituire il quale riappare il fantasma di Rudolph Giuliani; intanto anche il segretario di Stato (cioè il ministro degli Esteri) Rex Tillerson entra nel frullatore del toto-dimissioni; il potentissimo Primo Genero Jared Kushner è costretto a consegnare 11 pagine di un dossier di difesa per discolparsi dall’accusa di collusioni col governo russo; per finire il Congresso procede verso l’approvazione di una legge che renderebbe più dure e permanenti le sanzioni economiche che puniscono la Russia per la violazione della sovranità ucraina; la Casa Bianca prima condanna il gesto del Congresso poi fa sapere che si adeguerà. La parola caos è ununderstatement, sottovaluta l’impressione di una nave senza timoniere. Non una nave qualsiasi, questa è la portaerei ammiraglia, la superpotenza leader, un’America che sembra procedere senza bussola.
Se il microcosmo politico-mediatico di Washington si appassiona soprattutto agli scandali, alle nuove teste che potrebbero saltare dopo quella del portavoce di Trump, per il resto del mondo forse la notizia più gravida di conseguenze è l’ultima: quella sulle sanzioni, inasprite e rese più difficili da revocare nel momento in cui il Congresso si appropria della materia. È il paradosso creato dal Russiagate, cioè tutta la vicenda delle ingerenze russe nella campagna elettorale, incursioni di hacker pilotate da Mosca per danneggiare Hillary Clinton e favorire l’elezione del suo avversario. Ricapitolando: ancora manca la prova provata che ci fu collusione, cioè che Trump e i suoi complottarono attivamente con Putin, anche se le indagini sono appena all’inizio e chissà cos’altro può tirar fuori la comunità dell’intelligence che con Trump ha diversi conti in sospeso. Parlare di impeachment è prematuro, però il Russiagate già estrae un costo politico da questa Amministrazione, lega le mani a Trump. Sospettato di torbido inciucio col capo di una potenza straniera (e tuttora percepita come nemica dall’establishment, Pentagono e Cia, Fbi e Dipartimento di Stato, stampa e ceto politico), Trump è un vigilato speciale quando si tratta delle sue relazioni con Putin. Non lo aiutano i retroscena usciti dall’ultimo G20, gli incontri recidivi e semi-clandestini in cui il presidente americano e quello russo hanno dato prova di una “alchimia” personale eccessivamente amichevole. Il Congresso, repubblicani inclusi, diffida a tal punto del presidente da legargli le mani sulle sanzioni. La Casa Bianca deve subire una disfatta importante, con il passaggio di una legge che non solo aggrava le sanzioni contro la Russia ma soprattutto le toglie dalla discrezionalità dell’esecutivo. E così mentre Trump e Putin hanno stabilito un evidente rapporto di amicizia — anzi proprio a causa di quello — il gelo nelle relazioni bilaterali si cristallizza con le sanzioni che vengono scolpite nella legge.
Questo rende più precari gli scenari di graduale normalizzazione dei rapporti con la Russia, su cui diversi Paesi europei avevano puntato. A prescindere da quel che pensano di Putin la cancelliera Merkel o Emmanuel Macron, Theresa May o Gentiloni, c’è in Europa un coagulo d’interessi materiali che spingono verso un disgelo con la Russia. Le relazioni economiche tra i vari Paesi europei e Mosca sono più intense di quelle tra la Russia e gli Stati Uniti. Si era creata un’attesa-speranza, soprattutto negli ambienti confindustriali, che la presidenza Trump potesse sbloccare il muro contro muro dell’era Obama-Putin. Ma la politica estera americana in questa fase sembra un’auto con due guidatori, uno dei quali spinge sul pedale dell’acceleratore mentre l’altro tira il freno a mano con tutte le forze. Si dice che il segretario di Stato Tillerson, abituato a comandare quando faceva il chief executive di Exxon, e grande amico di Putin, sia stufo di fare la figura dell’utile idiota. In quanto al ministro della Giustizia Sessions, pure lui impelagato fino al collo nel Russiagate, si è dovuto ricusare dalla direzione delle indagini per evidente conflitto d’interessi. Ma il suo capo gli rimprovera un eccesso di correttezza etica. Trump tuona (via Twitter) che le indagini sul Russiagate andrebbero rovesciate per mettere al centro Hillary Clinton. Cioè colei che fu danneggiata dalle incursioni degli hacker russi? La logica non cercatela: siamo in una serie televisiva, l’importante è garantire un colpo di scena al giorno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

Trending Articles