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Costa si dimette da ministro “Sì, vado con Berlusconi lui e Renzi complementari”

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le scelte dei partiti

L’esponente di Ap era agli Affari regionali e Famiglia “Così evito ambiguità”. Scontro centristi-leader Pd
CARMELO LOPAPA
ROMA. «Non c’erano più le condizioni, ero finito sotto un tiro incrociato di accuse di presunto conflitto di interessi: preferisco rinunciare alla poltrona e lavorare al centrodestra allargato proposto da Silvio Berlusconi, da oggi sarà la mia missione». Alle 14.20 Enrico Costa è nel suo ufficio al ministero per gli Affari regionali, ha appena reso pubblica la lettera con cui formalizza le dimissioni che nell’intervista a Repubblica di due giorni fa aveva preventivato a breve.
La situazione però precipita, la convivenza col suo partito e soprattutto la permanenza in un governo di centrosinistra si fa insostenibile. Le bordate dei renziani, da Rosato a Marcucci («Si dimetta se vuole andare con Berlusconi») sempre più pesanti. Telefona ad Alfano, che non la prende bene e lo si capisce anche dalla stizzita replica pubblica alla notizia. «Ad Angelino voglio bene, ma continua anche ora a parlare di centro autonomo, opzione che ritengo velleitaria, io lavoro per altro, per riaggregare tutta quell’area liberale e di centro con Forza Italia, mi dedicherò a questo da oggi», spiega. Poi informa Gentiloni. «Si è confermato un signore come sempre - racconta Costa - Ha capito, ha apprezzato la schiettezza, sono stato coerente anche quando ho detto no alla riforma del processo penale ». Sposa il progetto di Berlusconi per un centrodestra «ampio e inclusivo» ma per adesso niente gruppo di Forza Italia. Passa al misto alla Camera. Nega di aver incontrato o sentito il Cavaliere, da Arcore trapela la notizia che un incontro dovrebbe avvenire in questi giorni. Una decisa virata che non fa venir meno il rapporto di «simpatia » con Matteo Renzi. «Lo ritengo un vero liberale, nel suo governo mi trovavo del tutto a mio agio - racconta Costa a dimissioni firmate - Vedergli rimandare agli uffici i decreti perché scritti in burocratese dava grandi soddisfazioni. Penso che il Paese abbia bisogno di Berlusconi e di Renzi, sono complementari. E poi non è detto che le nostre strade non possano tornare a incrociarci», conclude l’ex ministro.
La sua uscita scatena comunque un putiferio. Non tanto al governo (il premier Gentiloni ha assunto le deleghe ad interim), quanto nel suo partito e fuori. Alfano intanto, che bolla le dimissioni come «tardive e inevitabili, noi non ci mettiamo in fila da nessuna parte». Renzi dice che il governo va fino alla fine della legisaltura, «non cambia niente» e apprezza la scelta di Costa: «Persona seria, preferisco uno così a che gioca pulito piuttosto che quelli che tengono i piedi in due staffe». E sembra l’ennesimo affondo ad Alfano. Infatti arriva la replica piccata di Ap: «Renzi bugiardo e ipocrita fino al midollo: prima ha fatto attaccare Costa dai suoi e adesso gli dà la sua solidarietà. Ha stancato gli italiani». Nel Pd, solo Piero Fassino chiede un «chiarimento politico» con gli alleati.
Da Fi giusto Renato Brunetta dà il «bentornato» a Costa nel centrodestra, sbarrando però la porta «a quelli come Alfano artefici di una scissione e dell’estromissione sanguinosa di Berlusconi dal Parlamento».
Matteo Salvini, nell’invocare via tweet «elezioni subito», sottolinea però che «Costa, a differenza del poltronaro Alfano, si è dimesso». Marcando una differenza, tra il leader di Ap e l’ex ministro, che lascia preludere a una sorta di lasciapassare nella futura coalizione. È questa la linea. Anche Giorgia Meloni non attacca Costa e chiede che a lasciare sia Gentiloni. Stessa musica dai 5 Stelle.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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