Quantcast
Channel: Articoli interessanti
Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

Il messaggio ai nostalgici “Da oggi si chiude un’era” ma in polizia resta la fronda

$
0
0
il g8 di genova
Il retroscena.
Gran parte dei dirigenti schierata con il capo Non tutti però lo seguono: “Una ferita chiusa torna a sanguinare”

FABIO TONACCI
ROMA.
«Non è stata un’intervista come le altre». Al termine di una giornata in cui le parole di Franco Gabrielli sono state lette, rilette, analizzate, interpretate, in ogni ufficio della Polizia di Stato, almeno su questo convengono tutti. Dirigenti superiori, funzionari, agenti semplici. Sindacalisti. No, non è stata un’intervista come le altre.
Sarebbe ingenuo pensare che il punto che il Capo della Polizia ha inteso mettere sulla «catastrofe» del G8 del 2001 e sulla cultura del “pattuglione” che a Genova trovò lo sfogo massimo, abbia suscitato solo consensi. Non foss’altro perché ancora oggi il 50 per cento dei quadri dirigenziali è figlio di quella stagione là, di carriere avviate quando al vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza c’era Gianni De Gennaro, l’uomo che è uscito senza bagnarsi dalla tempesta giudiziaria che la Macelleria messicana alla Diaz e le violenze della caserma Bolzaneto hanno scatenato.
«La Polizia di De Gennaro è finita con quest’intervista a Repubblica », ragiona un alto dirigente del Dipartimento di pubblica sicurezza. «Il messaggio per chi ancora guarda con nostalgia a quell’esperienza è assai chiaro: Gabrielli è un capo diverso, speriamo illuminato. Sicuramente onesto e coraggioso quando ammette che a Genova ci sarebbe potuto essere anche lui e che solo per ragioni di servizio in quei giorni di luglio rimase a Roma».
A nessuno sfugge la possibilità di un effetto boomerang, indirizzando i riflettori dell’opinione pubblica su un passato che qualcuno vorrebbe relegare a un angolo buio. «Una ferita che si sperava chiusa è tornata a sanguinare», osserva un altro dirigente. «Queste aperture al dialogo non sempre pagano: l’attenzione è di nuovo sui colleghi condannati che stanno per tornare in servizio, agli occhi dell’Italia siamo solo noi ad aver sbagliato». Gilberto Caldarozzi, allora capo dello Sco, Filippo Ferri ex capo della Mobile di Firenze, Pietro Troiani (il vicequestore che ordinò di portare le molotov dentro la Diaz) e l’ex dirigente Salvatore Gava, i gradi più alti processati e portati a sentenza definitiva, sono in attesa di conoscere il loro nuovo incarico. Indosseranno ancora la divisa perché la legge prevede esattamente questo: la procura generale di Genova nel 2012 stabilì anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, sottraendo al Dipartimento la facoltà di emettere sanzioni disciplinari come la sospensione o la radiazione. Il reintegro non è certo il titolo di coda per i poliziotti che hanno penalmente pagato per le violenze del G8: lo Stato, infatti, si rivarrà su di loro per il risarcimento del danno erariale e di immagine.
Gabrielli non si è nascosto. Definendo falsa l’idea che la Polizia a Genova fosse stata «perseguitata da una magistratura ideologizzata», ha di fatto tolto argomenti formidabili alla propaganda dei sindacati di centrodestra, che negli ultimi anni hanno pescato consensi nel ventre più arrabbiato e disorientato del Corpo. «Non sono appassionato di faide di palazzo, per cui giudico inopportuna l’analisi degli errori del passato», ribatte Gianni Tonelli, segretario del Sap. «Si rimesta soltanto nel torbido: una città è stata distrutta, ma ci si è concentrati unicamente sulle responsabilità dei poliziotti». Diversa l’opinione di Daniele Tissone, segretario generale del Silp-Cgil: «Rivendichiamo con orgoglio quello che afferma Gabrielli: il G8 di Genova fu una catastrofe, come lo furono gli anni a venire quando la politica e i nostri stessi vertici non contribuirono alla ricerca delle responsabilità sistemiche».
Responsabilità sistemiche, ecco uno dei concetti che più ha fatto presa tra i ranghi della polizia. Quelli alti e quelli bassi. Così come si è tornati a discutere di una dicotomia che va avanti dagli anni Settanta: tra la “speciale”, cioè l’ordine pubblico considerato “faccenda” da squadre mobili, da “pattuglioni notturni”, retate e confronto dei numeri nelle piazze, e la “difficile”, la gestione più morbida e strategica da parte dei reparti della Digos. «A Genova De Gennaro impose il solo metodo che conosceva, la speciale, esautorando il questore. Fu una scelta folle”, osserva un funzionario di alto livello che si occupa ancora oggi della sicurezza durante le manifestazioni. «Oggi non è più così. Il cambiamento c’è stato già qualche anno fa. Ed è un bene per tutti».
©RIPRODUZIONE RISERVATA


Viewing all articles
Browse latest Browse all 4966

Trending Articles