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Abuso e falso sulle nomine Raggi rischia il processo ad accusarla c’è la chat

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Politica e giustizia

Roma, chiusa l’indagine sulle nomine di Romeo e del fratello di Marra Il rinvio a giudizio possibile a settembre, il dibattimento a gennaio
CARLO BONINI
LA SINDACA E I REALI
ROMA.
La sindaca di Roma Virginia Raggi ha mentito e si avvia a passo spedito verso un processo per falso e abuso. Il Procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e il sostituto Francesco Dall’Olio hanno formalizzato le due imputazioni notificandole ieri la conclusione formale dell’indagine aperta nel gennaio di quest’anno per le nomine di Renato Marra (fratello del più celebre Raffaele, il Rasputin del Campidoglio in questi giorni a processo per corruzione) a capo del Dipartimento turismo (falso) e di Salvatore Romeo (abuso) a capo della sua segreteria. Un’indagine che, contestualmente, archivia altre ipotesi di reato con cui era stata aperta (due ulteriori accuse di abuso nei confronti della Raggi per le nomine di Renato Marra e dell’ex capo di gabinetto Carla Raineri, oltre all’abuso contestato all’ex assessora all’ambiente Paola Muraro, che resta invece indagata per reati ambientali) e che dunque mette un punto a un lavoro istruttorio che, in sei mesi, non ha sostanzialmente modificato la ricostruzione dei fatti come già emersa tra gennaio e febbraio scorsi. Quando, dopo l’arresto di Raffaele Marra (dicembre 2016), la chat conservata nella memoria del suo smartphone («Quattro amici al bar») aveva svelato gli spensierati modi della combriccola – Raggi, Marra, Romeo, Frongia - che ha tenuto politicamente in ostaggio l’amministrazione della città per oltre sei mesi. E, soprattutto, documentato la menzogna con cui la Raggi aveva ripetutamente, sia pubblicamente, sia con una dichiarazione formale all’autorità anticorruzione del Comune, rivendicato a se stessa la piena responsabilità amministrativa della scelta di Renato Marra, escludendo, come invece era accaduto (e come la chat avrebbe dimostrato), che vi avesse avuto parte, in pieno e palese conflitto di interesse, il fratello di Marra, Raffaele, all’epoca dei fatti capo del Personale del Campidoglio.
Il dato nuovo che dunque si ricava dall’atto formale compiuto dalla Procura non è tanto nella sostanza delle accuse mosse alla sindaca, quanto nella constatazione della sua rinuncia, in questi sei mesi, a difendersi. A proporre cioè anche un solo argomento in grado di spiegare per quale ragione mentì in occasione della nomina di Renato Marra e in nome di quale curiosa prassi, per favorire il dedito amico Salvatore Romeo (quello che le avrebbe intestato tre polizze sulla vita a sua insaputa), lo promosse a capo della segreteria accettando che, in violazione delle norme amministrative, si mettesse in aspettativa dal suo incarico di dipendente comunale (39 mila euro annui di stipendio), per essere contestualmente nominato a tempo determinato a un incarico, nella stessa amministrazione, con retribuzione da dirigente (120 mila euro annui). La memoria difensiva che la Raggi aveva infatti promesso di consegnare alla Procura nell’interrogatorio fiume del 3 febbraio scorso, al termine del quale – con un sorriso a favore di telecamere – aveva spiegato di «aver chiarito tutto», non è mai arrivata a piazzale Clodio. Verosimilmente, perché non è stata mai scritta. E, soprattutto, perché avrebbe dovuto dare risposta alle domande inevase che questa vicenda giudiziaria ripropone e che, al netto dell’esito processuale che avrà, ne definiscono il dato politico.
Perché la Raggi si convinse a mentire per favorire il fratello di Raffaele Marra? Cosa la convinse ad impiccare il destino politico della sua giunta a un uomo che avrebbe presto conosciuto il carcere per corruzione? E quale rapporto l’ha legata a Salvatore Romeo, sodale di Marra e oscuro dipendente comunale, al punto da abusare della sua autorità per farne il perno della sua segreteria particolare?
Nei prossimi 20 giorni la sindaca avrà la facoltà di chiedere o meno di farsi interrogare dalla Procura e di mettere insieme quella famigerata memoria annunciata in febbraio, per provare, in extremis, e prima che la Procura formalizzi la sua richiesta di rinvio a giudizio (verosimilmente non prima di settembre prossimo), ad abbozzare una risposta a quelle domande. E se sulle circostanze che la accusano di falso per la nomina di Renato Marra sembra difficile immaginare argomenti plausibili (a meno di non sostenere di aver firmato una dichiarazione «a sua insaputa» o di non averne compreso il merito), è invece probabile che, per la nomina di Romeo, sarà proprio l’obiezione dell’assenza di dolo e dunque dell’”errore amministrativo” quella che verrà sollevata dalla difesa. Secondo una assioma – per altro già invocato dalla Raggi che è meglio passare per “incapaci” che non per “colpevoli” di un abuso. Non fosse altro perché il secondo, per statuto del Movimento, la condannerebbe alla decadenza da sindaca. Detto questo, il passaggio giudiziario di ieri comporterà comunque un primo prezzo politico. Perché la sindaca – già “anatra zoppa” dopo l’arresto di Marra e le dimissioni degli assessori Muraro e Berdini – si ritrova per la prima volta con una “data di scadenza”. Fissata dal calendario della Procura. Gennaio 2018, quando nei suoi confronti si aprirà un processo (si vedrà se per falso e abuso, o solo falso) che per il suo oggetto promette di essere ragionevolmente breve e di cadere nel pieno della campagna elettorale per le politiche.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
FOTO: ©FRANCESCO FOTIA/AGF
Affacciati dal balconcino con vista sui Fori imperiali, la sindaca di Roma Virginia Raggi in fascia tricolore insieme al re Willem Alexander e alla regina Maxima (sopra in foto). La Raggi ha ricevuto i reali dei Paesi Bassi in Campidoglio, in occasione della loro visita ufficiale in Italia

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