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I Borbone erano più bravi di questo governo

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 I TERREMOTI SCONFITTI nel 1783
Contro i terremoti meglio i Borbone che il governo Renzi

Nel 1783, dopo che Reggio Calabria e Messina furono rase al suolo, Ferdinando IV adottò un protocollo antisismico che funziona ancora oggi: una croce di Sant'Andrea Lignea all'interno dei muri.

Dalle case in legno ai progetti di Piano. Che aspetta Palazzo Chigi a correre ai ripari?

 

 

di STEFANO LORENZETTO
 

Ho un amico muratore,  un vero artista, che a dispetto delle sue capacita si fa chiamare Nano. L'ultima volta che l'ho incontrato era raggiante: «Sto costruendo una casa in legno››. Ho pensato che si riferisse a una specie di Cicocca, la casetta di cartone che la Ferrero regalava ai bambini negli anni Sessanta coni punti delle Brioss. Il Nano mi ha guardato con aria di compatimento: «Ma che dici? È una casa vera, di tre piani, disegnata da un architetto, bellissima. Solo che costa molto di più di quelle in cemento armato››. In effetti, a ripensarci bene, anche Giovanni Bana, la prima volta che lo Incontrai 25 anni fa per un'intervista commissionatami da Capital, abitava in un'elegante villetta in legno tirata su accanto allo stabilimento da cui uscivano i tortellini.
Ho ripensato al Nano mentre il premier MatteoRenzi compariva in tv il giorno dell'ennesirno terremoto nel Centro Italia e pronunciava, con il tono accorato e solenne che deve avergli suggerito Jim Messina per apparire attendibile, la seguente sentenza: «Ricostruiremo tutto, case, chiese ed esercizi commerciali». E lo stesso programma che i friulani si diedero da soli nel 1976. Solo che non ebbero bisogno di dirlo: cominciarono a farlo, dal giorno dopo, in silenzio, senza proclamarlo a reti unificate. Con il fondato sospetto che le popolazioni colpite dal sisma, e gli italiani tutti, non gli credessero sulla parola, Renzi aveva fatto disporre alle spalle del podio recante il logo della presidenza del Consiglio ben dieci aste portabandiera, con appesi altrettanti tricolori perfettamente allineati, tutti con la medesima piega. Ripeto: dieci. Anche il suo amico Barack Obama, quando parla ai giornalisti, lo fa da un leggio ornato con il «Seal of The President of The United States», ma alle sue spalle di vessilli a stelle e strisce ne tiene uno solo. Gli basta per apparire autorevole.
Il punto è esattamente questo: a che ci serve un capo del governo specialista in pleonasmi, che promette di ricostruire tutto (non credo fosse ipotizzabile l'affermazione contraria: «Vi lasceremo in mezzo alle macerie››), se non sa spiegare come e quando ricostruirà? Purtroppo i terremoti hanno questo di brutto: sono ineluttabili, come la morte, e non sta scritto in nessuna legge di natura dove si
manifesteranno, né con quale intensità, né con quale durata. Le famose «scosse di assestamento» non sono altro che una formula consolatoria per attenuare il panico nella popolazione. Giusto per rendere l'idea: dal momento in cui ho cominciato a scrivere questo articolo (ieri mattina alle 5) a quando l'ho finito si sono registrati sul suolo patrio ben 21 sismi di magnitudo superiore a 2, i più forti dei quali, 3 gradi della scala Richter, in provincia di Macerata, a distanza di un'ora l'uno dall'altro. Controllare il sito del Centro nazionale terremoti (cnt.rm.ingv.it) per credere. Lì la lista, impressionante, viene aggiornata in tempo reale.
Perciò da uno statista, ammesso che abbia gli attributi necessari per esserlo, mi aspetto soluzioni, non pacche sulle spalle. E idee sul da farsi, cioè su come prevenire lutti e rovine. La più brillante, al momento, mi è venuta dal Nano, anziché dal presidente del Consiglio. Un motivo ci sarà.
Le case in legno, dunque. Ho scoperto che in provincia di Varese c'è un'azienda, Novello, nata nell'anno in cui io sono venuto al mondo, che ne costruisce di molto eleganti, in tutto e per tutto identiche alle normali abitazioni, anzi migliori. Immagino che una qualche esperienza nel ramo questi signori l'abbiano maturata. Essendo specialisti in bioedilizia ecosostenibile, il loro modo di costruire mi pare perfettamente integrabile con le zone devastate dal sisma, dove la natura grazi ad io la fa ancora da padrona anche nel bello.
Bisogna volare basso, rasoterra, cosicché, se cadi, ti fai meno male. Prendiamo atto che elle zone a rischio sismico non è più possibile costruire in altezza. Si obietterà: ma cosi «mangi» altro territorio. Vero. Ma non è forse quello che stanno già facendo tutti i Comuni, specie al Nord, con le lottizzazioni per villette a schiera da uno o due piani che vanno incontro alle istanze di chi agogna il giardino, il pezzetto di terra fuori dall'uscio? E comunque sempre meglio il legno del cemento armato, del quale, nonostante la crisi del comparto edilizio, l'Italia nel 2013 deteneva ancora il record europeo di produzione, con un consumo di 360 chili pro capite l'anno, contro i 320 della Germania e i 305 della Francia.
Ho chiesto all'impresa Novello. Una gentilissima portavoce, Simona Bardelli, mi ha prontamente risposto, fornendomi alcune informazioni, una più straordinaria dell'altra: «Non ci sono limiti al numero di piani possibili per una casa in legno, se ben progettata. A Milano, di recente, sono sorti i primi edifici di 7 e 9 piani, antisismici e in classe A. Il legno, per sua natura, è un materiale elastico e resistente: queste proprietà intrinseche garantiscono estrema sicurezza in caso di terremoto.
Le case in legno hanno circa gli stessi costi delle costruzioni tradizionali ma, a parità di spesa, presentano più eñicienza energetica e consentono maggiori risparmi nel tempo».
Capisco che il premier non possa abbassarsi a consultare il Nano o Simona Bardelli, anche se ha la presunzione d'essere l'unico capace di rappresentarli. In compenso ad agosto era volato a Genova per incontrare il miglior architetto che esista in Italia, Renzo Piano. Si sono parlati per quattro ore. Avendo progettato la Shard di Londra, che è il grattacielo più alto d'Europa, qualche idea sulla staticità degli edifici Piano dovrebbe averla, o no? Poiché escludo che i due si siano limitati a parlare del tempo in Liguria, almeno un suggerimento pratico il presidente del Consiglio l'avrà ascoltato. Vi risulta che sia stato tradotto in un'iniziativa concreta, in un disegno legge? A me no.
Eppure fra Renzi e Renzo mantenere le comunicazioni non dovrebbe essere difficile, considerato che l'illustre professionista è anche senatore a vita. Abbiamo la fortuna di annoverare suo figlio, Carlo Piano, tra le firme della Verità. L'ho interpellato. Ho così appreso che il padre è stato costretto a ripetere nell'aula di Palazzo Madama, all'indomani della nuova tragedia, quanto già aveva espresso al capo del governo nell'incontro di Genova. Segno che nel frattempo non s'è mossa foglia.
Parole forti di un uomo competente e provvisto di appassionata moralità: «Ci sentiamo colpevoli solo per il tempo in cui piangiamo i morti. C'è qualcosa di sbagliato. Non si può andare avanti così. Da tre
anni mi occupo, qui accanto, al primo piano di Palazzo Giustiniani, nella stanza 24, di periferie: è un grande tema, che appartiene ai nostri tempi.
Ma c'è un tema che si presenta come ancora più urgente e ancora più pressante: quello del sisma. Io intendo fare questo progetto non come architetto ma come senatore a vita, usando il mio gruppo di lavoro. Quindi sia chiaro che non ho bisogno di niente; ho bisogno solo di quello che già ricevo come emolumento da senatore a vita. Si tratta di un progetto che va più lontano, un progetto generazionale, che deve durare forse due generazioni, 50 anni. Mi riferisco a un progetto a lungo termine: salvaguardare il Paese e il suo patrimonio residenziale dal sisma. Vorrei concentrarmi, quindi, sulla casa, perché essa è il rifugio di tutti. In fondo, tutti noi abbiamo passato la vita a tornare a casa, ogni settimana, ogni mese, ogni giorno. La casa è il rifugio, il luogo del silenzio, in cui si ritrova se stessi. Non è immaginabile che essa non sia un luogo sicuro: è sicuro per definizione. La diagnostica degli edifici è un punto di partenza, perché questa diagnostica così precisa consente subito di passare a una cantieristica leggera. Vi assicuro che si possono fare delle chiavi che rinforzano gli edifici, senza distruggerli e spaccare tutto. Vedete, nel mio mestiere - lo so benissimo - bisogna fare dei prototipi;
non basta parlare, non bisogna nemmeno scrivere, non basta. E poi naturalmente bisogna discutere di tecniche costruttive: la pietra, il laterizio, la struttura mista, il cemento. Sono state costruite cose spaventose in cemento negli anni del dopoguerra. Dico spaventose non al livello di estetica ma di sicurezza. Stiamo parlando di un patrimonio di 10 milioni di case. Questo è l'ordine di grandezza. Stiamo parlando di tutto il patrimonio residenziale che sta sulla spina degli Appennini. Il terremoto c'è sempre stato in Italia e ci sarà sempre purtroppo, ma non è fatale che non si reagisca. Si dice che la natura è cattiva. La natura non è cattiva, né buona: è completamente indifferente. Però ha fatto una bella cosa: ci ha dotati dell'intelligenza, che è una cosa naturale». Ecco, si direbbe che la natura, tra Firenzee Roma, non sia stata così prodiga come altrove. L'unica dotazione sparsa a piene mani, da quelle parti, è la parlantina.
Da un presidente del Consiglio mi aspetterei anche che consultasse il suo omologo giapponese, il quale in fatto di terremoti potrebbe tenere una cattedra universitaria.
Frank Lloyd Wright

Presumo che nel Paese del Sol Levante le sorgenti sismiche siano assai diverse da quelle del suolo italiano. Ma penso che i progettisti nipponici abbiano molto da insegnarci in materia fin dal 1° settembre 1923, quando un sisma distruttivo lasciò in piedi l'Imperial hotel di Tokyo realizzato da Frank Lloyd Wright e inaugurato proprio quel giorno. Il geniale architetto si era limitato ad attingere alla secolare esperienza dei colleghi locali, facendo «galleggiare» l'edificio su 20 metri di fango alluvionale, con fondazioni larghe e poco profonde, in modo che restasse «in equilibrio come un vassoio sulla punta della dita di un cameriere», così si espresse Wright. Sempre lì, in Giappone, sanno da sempre che nell'utilizzo del cemento armato vanno adottati speciali accorgimenti - dai pilastri rinforzati con fibre di carbonio alle leghe d'acciaio elastico - affinché i palazzi non collassino al primo scrollone.

Infine dal capo del governo mi aspetterei che studiasse. Se lo facesse, scoprirebbe che già nel 1783 i Borbone - sì, proprio i vituperati Borbone - avevano concepito nel Regno delle Due Sicilie un regolamento antisismico teso a impedire che i terremoti sbriciolassero le case, il che spiega il motivo per cui molti edifici costruiti a quel tempo rimangano ancor oggi in piedi e rispondano egregiamente ai test di resistenza.
Ci arrivarono anche loro, come noi oggi, sospinti dall'emergenza, innescata dallo spaventoso sisma che colpì la punta ' dello Stivale il 5 febbraio di quell'anno, radendo al suolo Reggio Calabria e Messina e provocando un numero di vittime stimato fra le  30.000 e le 50.000. Fu allora che re Ferdinando IV promulgò il primo protocollo antisismico nella storia d'Europa, un ammirevole modello di regole da adottarsi nella ricostruzione. Esso contemplava l'obbligo d'inserire in ogni parete una croce di Sant'Andrea in legno - si ritorna sempre li, al legno - per rendere elastica la struttura muraria. Gli ingegneri borbonici avevano sviluppato questa intuizione osservando gli immobili sopravvissuti alle calamità nel bacino del Mediterraneo, come le hatul e le himis turche. Sono passati più di 200 anni ma quella tecnica, definita «casa baraccata››, resta tuttora valida. Lo dimostra un test
che il Consiglio nazionale delle ricerche ha compiuto tre anni fa sul Palazzo del Vescovo di Mileto a Vibo Valentia, costruito nel rispetto del regolamento di Ferdinando IV e passato indenne attraverso altri terremoti, fra cui il più rovinoso nella storia d'Europa, quello che nel 1908 cancellò di nuovo dalla carta geografica Messina e Reggio Calabria. Gli studiosi del Cnr hanno attestato che il palazzo conserva «un eccellente comportamento antisismico» e rimarcato come un sistema costruttivo ideato a fine Settecento sia tuttora «in grado di resistere a eventi di una certa rilevanza.». Ora si capisce meglio perché nella Collegiata dell'Assunta di Arco, sulla tomba di Francesco II, l'ultimo re delle Due Sicilie morto in esilio nel 1894.  mentre era ospite del Trentino austriaco, ancor oggi arrivino visitatori a recitare una preghiera, nonostante le sue spoglie mortali da 32 anni siano state traslate a Napoli. Quasi quasi conveniva tenersi i Borbone.
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