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Mosul

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la crisi

L’Unhcr: anche i liberatori evitino rappresaglie contro la popolazione
Armi chimiche e mine così l’Isis usa i civili come scudi umani per l’ultima difesa
GIAMPAOLO CADALANU
DAL NOSTRO INVIATO
ERBIL (KURDISTAN IRACHENO).
Il giovanotto di Al Hud fa un largo sorriso mentre mostra alle telecamere la guancia rasata di fresco. «L’Isis ci costringeva a far crescere la barba. Controllavano tutto ciò che facevamo, e chi non obbediva veniva punito. Anch’io ho subito 25 frustate. Ma adesso se ne sono andati, Alham du Lillah, grazie a Dio». L’avanzata delle truppe irachene verso Mosul ha restituito allegria alla gente dei villaggi della zona di Mosul e ridato speranza persino ai sudditi più controllati, nella capitale irachena del Califfato, di fatto prigionieri dei jihadisti e sul punto di trasformarsi in scudi umani nel momento della battaglia.
«A Mosul c’è almeno un milione e mezzo di civili, che gli uomini dello Stato islamico non lasciano partire. Sappiamo che chi tenta di fuggire viene giustiziato all’istante», conferma Karwan Baban, colonnello dei Peshmerga. L’ufficiale curdo non si fa illusioni: «L’avanzata per conquistare la città sarà dura e sanguinosa, per le forze che attaccano ma soprattutto per la popolazione ». Gli analisti militari lo raccontano da mesi: il sedicente Stato islamico ha avuto tutto il tempo di convertire la sua capitale irachena in una enorme trappola a cielo aperto e la riconquista della città, abbandonata quasi due anni e mezzo fa nelle mani degli integralisti quasi senza resistenza, richiederà ai soldati governativi un robusto tributo di sangue.
«Noi curdi arriveremo fino alle porte della città, collaborando alla riconquista dei villaggi tutto intorno», aggiunge Babar, «lo stesso faranno gli sciiti. La parte finale dell’operazione sarà affidata ai militari sunniti e alla polizia». La decisione conferma quello che anche ieri a Erbil ha ribadito Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati: sia il governo nazionale di Bagdad che quello regionale del Kurdistan hanno preso l’impegno solenne di tutelare i civili. In questo è compreso anche lo sforzo a evitare possibili abusi sulla popolazione da parte degli stessi “liberatori” sciiti, in passato – conferma anche Amnesty International – pronti a commettere violenze sui sunniti come rappresaglia per le gesta dei miliziani di Isis.
In realtà i civili di Mosul sono il grande nodo della battaglia in corso. La loro presenza in città limita moltissimo gli attacchi aerei: a Mosul non potrà ripetersi quello che è successo a Sinjar, che era stata abbandonata dagli yazidi e dopo la conquista dell’Isis era stata quasi rasa al suolo dalle bombe della coalizione, per garantire il successo all’offensiva di terra dei Peshmerga. Raid che ieri invece sono partiti grazie ai caccia turchi, un’azione contestata dal governo iracheno vicino all’Iran.
Lo scontro che si prepara nel capoluogo di Ninive sarà una battaglia urbana, gestita dagli iracheni con il sostegno tecnologico degli americani, le immagini dei droni e i sistemi di rilevamento termico. Ma sarà un’avanzata lenta e tormentata. È già arrivata anche la conferma, dai villaggi liberati e da qualche coraggioso testimone raggiunto al telefono nella città assediata, che gli uomini di Abu Bakr Al Baghdadi effettivamente stanno usando la popolazionecome scudi umani, facendo spostare intere famiglie nelle zone più esposte agli attacchi. Non bastava la certezza che l’Isis prima di abbandonare un territorio lo semina di trappole esplosive, in queste ore si è sparsa la voce che a Mosul possano essere conservate anche armi chimiche, probabilmente ordigni con cloro e iprite, destinati a rendere un inferno l’avanzata dei soldati governativi e allo stesso tempo rendere ancora più sanguinoso il bilancio dei civili uccisi.
L’Unhcr e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni sottolineano che anche in uno scenario ottimista, con perdite modeste, ci sarà da affrontare il “dopo”, con l’enorme quantità di sfollati. Centomila persone potrebbero lasciare Mosul per gli scontri, finendo per aggravare l’emergenza rifugiati in Siria e Turchia. Anche se la riconquista di Mosul sarebbe, come sottolineano Renzi e Obama, un passo significativo per la scomparsa del Califfato, la presenza dei civili dà una carta importante agli integralisti. L’Isis sa di non poter vincere questa battaglia, ma può rendere la vittoria altrui molto molto dolorosa.

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