Torna la guerra fredda
Il primo ministro Medvedev sospende gli accordi di cooperazione con gli americani. È la risposta alle sanzioni
Nuovi segnali di guerra fredda fra Mosca e Washington, perdipiù sul versante nucleare, da ieri sera, quando il Ministero degli Esteri russo ha decretato la sospensione di un importante accordo siglato a Vienna il 16 set- tembre 2013 sulla collaborazione russo-americana nei reattori di ricerca. L’agenzia ato- mica russa Rosatom e l’US Department of Energy aveva- no concordato allora di lavorare insieme alla trasformazione di sei reattori nucleari russi di ricerca scientifica in reattori funzionanti a uranio a basso arricchimento. Sarebbe una tappa importante per rendere economica una tecnologia che permetterebbe di usare a scopo energetico uranio poco arricchito, quin- di non utilizzabile per fabbri- care armi nucleari e perdipiù meno pericoloso di quello arricchito. Ora i russi hanno bloccato tutto adducendo sia la prosecuzione delle sanzioni americane contro Mosca, a causa della crisi ucraina, sia la recente rottura da parte americana dei negoziati sulla Siria. E senza dimenticare i re- centi schieramenti di «forze superflue della NATO» negli stati baltici e in Polonia, co- me temuto dalla Russia. «Nelle attuali circostanze – dice il dispaccio ufficiale di Mosca – la parte russa sospende l’accordo in risposta alle azioni non amichevoli degli Stati Uniti».
Uno spiraglio viene lasciato aperto dalla precisazione, in tarda serata, che «la Russia può considerare la ripresa degli accordi nell’energia nucleare se gli Usa torneranno a tener fede ai loro impegni». In- fatti, è già la seconda lite in questo settore fra i due colossi nell’arco di pochi giorni. Già lunedì il presidente Vladi- mir Putin aveva ordinato ai deputati della Duma di sospendere un altro importan- te accordo con gli americani, il Plutonium Management and Disposition Agreement, o PMDA, in vigore fin dal 2000, che «congelava» in pratica 34 tonnellate di plutonio «bombabile», cioè adatto a trarne ordigni nucleari, stabilendo che non potesse essere usato a scopi militari. È una quantità che basterebbe fino a 17.000 testate nucleari. Inizialmente gli americani avevano provato a riprocessare questo plutonio in una struttura del North Carolina, ma il procedimento costava troppo e nel 2015 hanno preso a stoccarlo in sito del Nuovo Messico, mentre la Russia lo stava trattando nella centrale di Beloyarsk.
Ora, tuttavia, la Russia, e di riflesso l’America, potrebbero sentirsi entrambe autorizzate a riutilizzare quel plutonio in eccesso per rimpinguare i propri arsenali, se la tensione si aggravasse ancora di più. Nel caso del PMDA, l’ordine di Putin deve essere formalmente validato dalla rati- fica della Duma, che però è prevista a breve, entro il 12 ottobre e non lascia troppi dubbi sull’esito. Il clima infatti va sempre peggio. E non è un caso che, sempre ieri, pur poco ricordato dalle agenzie di stampa, è risuonato anche un appello di Mosca agli Usa per sedersi di nuovo al tavolo e rimettere mano anche alla questione del trattato INF sulle forze nucleari a raggio intermedio, cioè quella categoria di missili a testata nucleare con gittata compresa fra 500 e 5500 km. Era la vecchia que- stione degli “euromissili” e furono proibiti dal trattato INF del 1987 per evitare che potes- se scoppiare una guerra nucleare locale limitata all’Europa.
Ma negli ultimi tempi sia la Russia sia gli Stati Uniti si sono reciprocamente accusati di aver violato il trattato schierando armi ai limiti di quel raggio d’azione, come i missili Iskander russi ai confini con la Polonia, o come i poz- zi di lancio dei missili antimissile americani SM-3 della ba- se di Deveselu, in Romania, che secondo i russi possono contenere missili da crociera Tomahawk nascosti, dato che la rampa impiegata per i due modelli è identica. Insomma, la Siria è l’attuale bandolo della matassa fra le due potenze, ma i problemi sono annosi ed ereditati da lontano.