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Sostiene Zalone

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il caso
I record di “Quo Vado?”, le critiche e gli applausi Abbiamo incontrato Luca Monaci, il Checco nazionale

“Ho un solo grande sogno essere come Alberto Sordi ma non ci riuscirò mai...”
FRANCESCO MERLO
«Diffido del lettore medio di Repubblica, ma non sono sicuro che esista. So che a volte metto un video su Facebook e Repubblica lo rilancia sotto il titolo “costume e società“. E ci aggiunge pure la pubblicità. Trovo normale che in tanti lo guardino e ridano. Ma quelli che poi di sotto scrivono “è la solita comicità italiota” e mi insultano, ecco quelli mi stanno sul cz. Penso però che Repubblica abbia ben altri lettori, non solo gli “italioti“».
«Sono ancora troppo sfigato per quello. Ma ho un conto a Capurso, uno a Triggiano, città natale della mia compagna, e uno al Credito cooperativo di Conversano. E sono preoccupato perché forse sono operazioni estero su estero».

Negli altri siti non succede?

Chi ti ha insegnato a recitare e a suonare?

«Succede in tutti i siti. Sono infatti frequentati anche da aspiranti intellettuali. Penso che quelli veri non scrivano commentini. E io rispetto l’intelligenza, anche quando è critica nei miei confronti».
«A recitare nessuno. A suonare, papà. Aveva messo in piedi un complesso, Gli amici del Sud. Il mio repertorio era il loro: soprattutto i Beatles, ma anche i Giganti, i New Trolls, i Nomadi? Avrei voluto fare il Conservatorio. Pensa che ancora oggi non leggo la musica».

Ho qui due libri su di te: uno pro e uno contro. Alla Feltrinelli li hanno messi accanto, forse per la par condicio.
Chi te lo ha impedito?

«La cosa più importante è scoprire chi sta vendendo di più».
«Io in casa non facevo che suonare. E mia madre entrava e agitando l’indice diceva: “Da lì non ci ricavi il pane“ ».
Quello contro si intitola “Checco Cialtrone” ed è un pamphlet della Kaos edizioni. Quello a favore, “Quo chi?”, è di Gianni Canova, critico cinematografico.

E quando hai cominciato ad avere successo?

«Canova l’ho cominciato a leggere ma dopo poche pagine l’ho lasciato. Mi ha fatto venire i brividi. Perché in qualche punto mi sono sentito smascherato e non mi piace essere spiegato a me stesso».
Capita ai biografati. Si parva licet …, Genet smise di scrivere quando Sartre pubblicò un libro su di lui.
«Fermava la gente sulla porta: ssss, silenzio, sta componendo ».
«Se non riesco a fare più film, Canova è spacciato».

Racconta per esempio la tua pancetta impiegatizia come un importante accessorio di scena.
Il web è pieno di tuoi aforismi

«Molti sono falsi. Cose che non direi mai».
«Qui sbaglia perché io non riesco a governare la mia pancetta, ahimè. Quando riguardo il mio primo film mi prende sempre la nostalgia: com’ero magro!».

Temo che ci sia un accanimento filologico su di te, specie da parte di quelli che vorrebbero annetterti ai loro vari partiti. Rischiano di soffocarti d’amore sapienziale. Ho letto per esempio sul “Foglio” che i tuoi film spiegano la filosofia politica più dei libri del filosofo americano John Rawls che, poverino, di te non sa nulla.

Per esempio?

«Ho provato a leggere quell’articolone. E non ci ho capito un cz?.Me lo riassumi?».
«Che caldità. Che comportazione è questa. Non sono i miei “errori“, quelli che io chiamo “errori poetici“».
Lasciamo perdere. Vediamo invece questa frase di Canova: “Zalone ha prodotto e portato avanti un modello di comicità orizzontale che scardina i modelli di comicità gerarchica e verticale che hanno dominato in Italia negli ultimi vent’anni”.
Il modello originale è “Sarei un ipocrita se dico il viceversa“, oppure “Scusi, della ‘Che Guevara’ c’avete anche i borselli?“. I falsi Zalone sono come le borse false di Fendi.
«Credo che voglia dire che gli italiani si identificano, ridono di se stessi e si assolvono perché io non faccio prediche dall’alto, non scaglio invettive moralistiche. In questo senso sono “orizzontale”».«Ce n’è pure qualcuno che mi piace. Quando, per esempio, Brunetta cercò di arruolarmi in Forza Italia e mi paragonò a Berlusconi, sul web usci questa risposta: io faccio ridere solo in Italia, lui in tutto il mondo. Era buona, ma non era mia».

Davvero ti senti “orizzontale”? Qui la serietà diventa comica, sembra la parodia del linguaggio storto del cozzalone, come quando dici “faccio una comicità anglosassa” oppure “non puoi scancellare sei anni d’amore con il fotochoc”. In fondo queste patacche sono riconoscimenti che valgono più di un David di Donatello.

«Forse in certi momenti siamo tutti cozzaloni. Forse è nata la categoria dell’intellettuale cozzalone».

La tesi dell’altro libro, quello contro di te, è più semplice: sei volgare, usi troppe parolacce, te la prendi “con zoccole e ricchioni“.

«Quello certifica menzogne, questi pataccano la verità ».
«Quello me lo leggo tutto, ma solo se me lo regali. Se devo comprarne uno, compro l’altro. Sfogliamolo insieme: già alla prima pagina dice che la mia comicità è scrivere “cuesto” con la “c” al posto della “q”. Deve avere visto un altro film, è lo Zalone che farebbe lui. Sulle “zoccole e i ricchioni“, ti dico questo: io sono fiero che nei miei film non ci sia neppure una donna che si spoglia. E sugli omosessuali c’è un rispetto divertito e complice. De Gregori dice che la canzone Gli uomini sessuali è bella e delicata e che quel verso “gli uomini sessuali non hanno gli assorbenti / ma hanno le ali” è il più poetico degli ultimi venti anni».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Le parolacce?
WOODY ALLEN
«Ti risponde Zalone: “La volgarità non è la parolaccia, è la banalezza”».
Ogni volta che ho successo ripenso a una sua frase: “Ma come ho fatto a fregarli anche questa volta?”
Fai rispondere Luca Medici.

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