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โ†ง

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11 LUGLIO 2022
Quando impazza il caldo la testa puรฒ andarsene per i fatti suoi. E ripescare memorie stravaganti, che il tempo ha inchiodato nelle nostre riserve piรน remote. E cosรฌ, quasi qualcuno mi volesse raccontare un apologo, mi sono rivisto dโ€™improvviso non ancora trentatreenne. Diciamo settembre 1982, quarantโ€™anni fa. Il mese dellโ€™omicidio di mio padre. Il precedente era unโ€™intervista che avevo fatto a Giorgio Bocca per la Repubblica andata in edicola lโ€™8 settembre. Dissi a Bocca: โ€œCercate i mandanti nella Dc di Palermoโ€. Io in realtร , e non gratuitamente come si sarebbe visto, andavo con lo sguardo anche al di lร  di Palermo e della Sicilia. Non per impeto polemico, ma per considerazioni ragionate, che sarebbero poi state comprovate dal diario di mio padre.
Fatto sta che lโ€™accusa, con lโ€™Italia ancora scossa alle fondamenta da quella morte, provocรฒ unโ€™iradiddio. La sera sotto casa mia a Milano fu un brulicare di personaggi sconosciuti. Tanto che quattro miei amici decisero di passare la notte nel mio salotto. Quel viavai minaccioso continuรฒ per due-tre giorni. Dopo un paio di settimane andai al cimitero di Parma, dove mio padre era sepolto. Al ritorno mi accorsi dโ€™improvviso che il vagone in cui avevo preso posto era assolutamente vuoto. Cโ€™erano solo due tipi affacciati al finestrino del corridoio e che da lรฌ mi controllavano fumando. Uno dei due entrรฒ e si sedette davanti a me. Fece un movimento con il bordo interno della giacca che non riuscii a decifrare. A quel punto cercai di cambiare vagone. Impossibile, i passaggi ai vagoni comunicanti erano blindati. Pensai in un lampo โ€œquesti mi faranno del male appena arrivati a Milanoโ€. Mi affacciai allora sotto gli occhi dei due alla portiera del treno; e al primissimo cenno di movimento da Milano Rogoredo, allora si poteva, mi gettai giรน ruzzolando su una signora. Mi rifugiai di corsa dai carabinieri. Il comandante di Milano, il colonnello Cesare Vitale, mi chiese se volevo una scorta. Ce ne erano tutti i presupposti. Risposi di no, che preferivo andare a dormire da alcuni amici per una settimana. Tornato a casa, una sera dโ€™autunno rividi uno dei due allโ€™angolo della strada. Di nuovo con la sigaretta in bocca. Di nuovo, non chiesi la scorta.
Ecco, mi sono chiesto durante queste giornate in cui il sole avvampa la nostra immaginazione, che cosa sarebbe stato della mia vita se lโ€™avessi accettata. Una volta assegnata, nessun ministro dellโ€™Interno me lโ€™avrebbe mai revocata. Non sarei arrivato al maxiprocesso a Palermo, dove avrei dovuto testimoniare contro Andreotti, come uno sconosciuto, su una stradina solitaria da via Duca della Verdura. La mia vita sarebbe stata segnata dalla scorta, anche perchรฉ รจ da quarantโ€™anni che scrivo, insegno, predico e denuncio la mafia nelle sue diverse forme, anche allโ€™estero. E le mie povere analisi sarebbero valse dieci volte di piรน perchรฉ sarei stato โ€œil sociologo con la scortaโ€.
Di piรน: in quanto tale sarei stato conteso tra i piรน famosi salotti televisivi. Ho invece semplicemente dovuto guardarmi intorno e chiedere a mia moglie, per decenni, di affacciarsi al balcone prima del mio rientro, fin quando una volta, saltata la luce nel quartiere, รจ stato scardinato (segato) il portone dellโ€™ingresso al condominio.
Insomma, come avrete compreso, mi capita di riflettere su come nascono le strade che ci portano da una parte o dallโ€™altra della vita. Su come le nostre scelte, a volte semplicemente dettate dal pudore o dallโ€™orgoglio, ci privano di qualche capricciosa cornucopia. Voi mi chiederete a questo punto se mi sono pentito di avere detto โ€œno grazieโ€ al caro colonnello, poi generale, Vitale. Risposta: no, lo rifarei. Per pudore e per orgoglio. (Chi ha voglia di capirne di piรน si legga il mio Lโ€™ideologia della scorta e il movimento antimafia. Contro-narrazione dellโ€™eroismo scritto sullโ€™ultimo numero della rivista Etica Pubblica)
โ†ง

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