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Il maxi studio sulle terapie precoci "Corollo dei morti e - 80% di ricoveri"

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 La ricerca della fondazione Hume: "Seguire gli infetti a casa aumenta del 25% la forza della campagna vaccinale. Con un mix di farmaci, la letalità del virus diventa simile a quella dell'influenza stagionale".

di DANIELE CAPEZZONE

Tutto quello che avreste voluto sapere sulle cure domiciliari precoci e non avete mai osato chiedere (anzi, l'avete chiesto, ma non vi hanno mai risposto) lo trovate finalmente in un prezioso e documentatissimo studio di Mario Menichella, divulgatore scientifico impegnato con la fondazione David Hume (http://www.xn--ondazionehume-ved.it/), guidata da Luca Ricolfi. Il lavoro è gigantesco, ha occupato l'autore per tutta l`estate, ed è basato su oltre 130 riferimenti bibliografici: insomma, sarà dura ignorarlo anche peri pasdaran anti terapie.
La tesi di partenza, enunciata da Menichella, è tanto forte quanto attraente: «Il Covid-19 è una malattia curabile», non solo grazie ai vaccini, ma anche con il contributo delle terapie domiciliari «con la loro elevata efficacia dell'ordine dell'80-85% nell'evitare le ospedalizzazioni». Non solo: secondo Menichella, un altro aiuto potrebbe venire dall'uso tempestivo di integratori. In base alla tesi della Fondazione Hume, «l'implementazione ufficiale di un serio protocollo di cure domiciliari equivarrebbe ad aumentare di ben 25 punti la copertura di una campagna vaccinale del 60% degli over 50, portandola quindi “virtualmente” all'85%». Non solo: «La combinazione di un protocollo di cura domiciliare vero», non «aspetta e spera››, annota Menìchella, «con un mix di integratori naturali avrebbe, in termini di ospedalizzazioni evitate, un impatto pari a una vaccinazione dell`86% degli italiani (o degli over50, visto che la vaccinazione dei giovani non sposta i risultati)».
Altro dato (il più rilevante di tutti, come vedremo): «Se si 1-«msero i due nuovi approcci in aggiunta ai vaccini (e non al loro posto), i morti totali sarebbero poco più di quelli annui di una normale influenza». Come si vede, siamo in presenza di qualcosa di eccezionalmente importante, se fosse confermato: non si tratta di accantonare i vaccini (anzi), ma di usare anche un'altra arma
aggiuntiva, finora inspiegabilmente tenuta bloccata.
Procediamo con ordine. Menichella, citando il professore americano Peter McCullough, parte da una critica serrata del modo in cui (sia negli Usa sia in Europa) sono state trattate le terapie come la cenerentola della situazione.
Menichella attacca anche quella che definisce la- «fantasiosa narrativa dell'immunità di gregge da raggiungere, quando qualsiasi esperto di vaccini sa che tale concetto si applica solo ai vaccini “sterilizzanti” (ovvero a quelli che bloccano l'ingresso del virus
nelle cellule e ne impediscono la replicazione), non ai vaccini anti Covid attuali, che sono leaky (cioè in molti casi lasciano trasmettere l'infezione a terzi, naturalmente se il vaccinato si infetta). Con tutti i vaccini anti Covid attuali l'immunità di gregge», scrive il ricercatore della fondazione Hume, «è una chimera».
Dopo di che, Menichella spiega che le terapie, per avere efficacia, debbono essere in primo luogo precoci (la tempestività è un fattore decisivo), e poi basate non su un solo farmaco, ma su un mix di farmaci: antivirali, antinfiammatori, anticoagulanti. A questo proposito, Menichella cita in dettaglio non solo il protocollo messo a punto da Mc Cullough, ma anche quello dell'Istituto Mario Negri guidato dal professor Giuseppe Remuzzi. In particolare, sia uno studio dello stesso Remuzzi con il prof. Fredy Suter sia un altro lavoro curato da ricercatori inglesi e australiani (pubblicato sulla
rivista The Lancet) appaiono particolarmente promettenti e potrebbero rappresentare una svolta. Ad esempio, attraverso un farmaco chiamato budesonide e somministrato attraverso uno spray nasale, «le ospedalizzazioni», annota Menichella, «sono stato abbattute dell'80%, [___] un tasso praticamente paragonabile a quello ottenibile con una campagna vaccinale di massa».
Attenzione: in molti casi, come Menichella spiega con dovizia di particolari, si tratta di «farmaci low cost»: e ciò farebbe anche cadere l'argomento di chi paragona il costo complessivamente basso di una dose di vaccino con quelli di alcuni particolari farmaci, o anche con il costo altissimo di un trattamento in terapia intensiva.
Dunque, prosegue Menichella, «le terapie ci sono e in molte parti del pianeta le stanno applicando con successo». E allora perché insistere con la formula «tachipirina e vigile attesa»? Perché rinunciare a protocolli seri di terapia domiciliare precoce? Perché il governo procede lentissimamente e i medici di base mollo spesso non visitano a casa non si prendono responsabilità? Quanti morti si sarebbero potuti evitare con questo approccio integrato?
E qui arriva la parte sensazionale della ricerca. Oltre al dato già citato sul possibile crollo delle ospedalizzazioni grazie alle cure domiciliari precoci, ci sarebbe anche una caduta verticale dei tassi «letalità, cioè di mortalità, Scrive Menichella: «In Italia prima della campagna vaccinale» la mortalità «si aggirava intorno al 2%». Ancora: «Dopo la campagna vaccinale in un paese come il Regno Unito››, la letalità «è circa 9 volte inferiore» (0,30%), ed è già un risultato importantissimo. Ma, calcolando «la letalità che si avrebbe aggiungendo alle vaccinazioni cure domiciliari precoci con un protocollo serio››, il tasso crollerebbe allo 0,05%. E se poi si usasse anche la prevenzione tramite opportuni integratori, conclude Menichella, il tasso si schiaccerebbe ancora allo o,oo5%. Saremmo cioè «ad appena il 5 per mille, da confrontarsi con 1”1 per mille dell'influenza stagionale in epoca pre Covid stimato dall'lss».
Insomma, siamo davanti a quella che la fondazione Humo definisce la nostra «polizza di assicurazione». E davvero non si comprende perché l`Aifa in molti casi attenda il via libera dell'autorità europea (ma per sdoganare la terza dose di vaccino non ha aspettato...). Né per quale ragione per i vaccini si sia proceduto con autorizzazioni anche d'emergenza per accelerarne l'uso, mentre in questo caso, per i farmaci adatti alle terapie domicilíari precoci (pur in assenza di numerosi e gravi effetti collaterali), questa accelerazione non ci sia stata. Le domande sono sul tavolo: occorre che qualcuno dia risposte convincenti.

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