𝗖𝗶𝗳𝗿𝗲 𝘀𝗯𝗮𝗹𝗹𝗮𝘁𝗲 𝗲 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗲 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶𝗹𝗶. 𝗟𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗻𝗼𝗿𝗱 𝗱𝗶 𝗖𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗲𝗿𝗺𝗮 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝟱𝘀
di 𝗟𝘂𝗰𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗖𝗮𝗽𝗼𝗻𝗲
𝗥𝗼𝗺𝗮.La campagna del nord di 𝗚𝗶𝘂𝘀𝗲𝗽𝗽𝗲 𝗖𝗼𝗻𝘁𝗲 parte da Milano, ma col piede sbagliato. Con una missiva affidata al Corriere della Sera, Conte tenta di riconnettere il suo partito col ceto produttivo lombardo, ma la sua lunga lettera seppure piena di parole è vuota di contenuti. Al di là di qualche riferimento vago non si vede una proposta concreta e l'unica cifra menzionata, quella sul numero di bambini poveri in città, è clamorosamente errata. A parte l'annuncio di un tour a settembre, un po' come fanno le band quando lanciano un nuovo disco, in cui “il nord avrà un peso determinante”, non c'è molto altro. Perché alla base manca una visione chiara della questione settentrionale e, soprattutto, non si capisce come Conte intenda conciliarla con quella meridionale.
Come ammette egli stesso, il M5s appare “una forza politica prevalentemente concentrata a recuperare il divario che il meridione soffre rispetto al resto dell'Italia". E infatti, la narrazione del suo secondo governo era che il nord, e in particolare Milano, dovesse "restituire" risorse depredate. In quell'ottica, che riprende le analisi Svimez. il ritardo del sud era un prodotto della crescita bulimica del nord e della sua città più rappresentativa.
Ora Conte afferma che Milano deve “tomare a essere la locomotiva” che “traina tutto il paese”. Un ribaltamento totale. Il problema è che le due narrazioni, tra di loro inconciliabili, vengono offerte contemporaneamente sul mercato elettorale del sud e del nord nella speranza che nessuno se ne accorga. E così, come ha già fatto prima a Roma e poi a Napoli, Conte dice che “sarà necessario adottare una legge speciale" per Milano.
E poi, chissà, per ogni altro comune che andrà al voto nei prossimi mesi. Le cose non migliorano quando si passa dai concetti vaghi di “sviluppo sostenibile” e di “economia eco-sociale di mercato” alla loro declinazione, anzi. La parte più surreale del manifesto contiano per la conquista di Milano è la proposta delle fattorie verticali di periferia per sfamare “quei duecentomila bambini che vivono in povertà nella metropoli”. La cifra di 200 mila bambini poveri, l'unica citata nell'intervento, è un errore macroscopico (anche perché a Milano tutta la popolazione under 15 arriva a 170 mila unità).
Si tratta di un dato peraltro già citato in passato dall'ex viceministro Stefano Buffagni, che nel M5s è l'esperto di numeri nonché luogotenente lombardo. Conte si è successivamente corretto, precisando che si è trattato di “un errore di battitura": la cifra esatta è “ventimila”. Il refuso ha però distolto l'attenzione dall'assurdità dell'idea di “pianificare” delle “vertical farm” per sfamare i bambini poveri e rendere autosufficiente Milano dal punto di vista alimentare. Come se la città dovesse prepararsi a un assedio o a interrompere gli scambi commerciali con l'esterno.
E come se la povertà nelle città italiane dipendesse dalla scarsità della produzione agricola urbana. La formula “vertical farm” pare moderna perché evoca il “Bosco verticale”, il complesso architettonico di Stefano Boeri che ha rinnovato l'immagine di Milano, ma dal punto di vista economico ricorda il modello produttivo dei sovchoz e kolchoz di epoca sovietica. Se Conte voleva smentire lo “stereotipo di un Movimento poco attento alle necessità del tessuto imprenditoriale e produttivo” del nord, con la sua lettera non ha fatto altro che confermarlo.
articolo apparso su "il FOGLIO" week-end del 14-15 Agosto 2021