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Biden sfida Erdogan sugli armeni ma il lavoro sporco lo ha fatto Trump

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 Il presidente dem può appuntarsi la medaglia del riconoscimento del genocidio ottomano solo perché The Donald aveva impegnato il congresso. E adesso Ankara teme i risarcimenti ai parenti delle vittime.


di Aldo Forbice

Non è tutto merito di Joe Biden, ma certo il nuovo presidente Usa ha avuto coraggio nel riconoscere il genocidio armeno, inasprendo i rapporti, già tesi, con Recep Tayyp Erdogan. In passato i tentativi (di singoli Stati americani e di senatori) sono stati numerosi, ma solo Donald Trump aveva promesso alla comunità armena (molto potente negli Stati Uniti) che sarebbe approdato al riconoscimento del genocidio di 106 anni fa. Già nel 2019 aveva recepito favorevolmente il voto del Congresso, deñnendo quella del 1915 «una delle peggiori atrocità di massa del ventesimo secolo». In questo modo aveva accuratamente evitato di utilizzare la parola detestata dalla Turchia («genocidio»). Ma Trump non ha fatto in tempo a «chiudere il cerchio» per un riconoscimento formale e Biden ne ha approfittato per appuntarsi la  medaglietta sul petto.

- Tanto da poter dire, lo scorso 24 aprile, che «ogni anno, in questo giorno, ricordiamo le vite di tutti ' e coloro che sono morti nel genocidio armeno dell'e-  ra ottomana e ci  impegniamo a impedire che una tale atrocità si ripeta». 

La reazione turca è stata comunque decisa, anche se le relazioni Usa-Turchia non appaiono gravemente compromesse. Né gli Usa e tantomeno i turchi si possono permettere di aggravare ulteriormente i loro rapporti (ricordiamo che entrambi sono importanti membri della Nato). Del resto, gli Usa sono arrivati al riconoscimento del genocidio armeno dopo oltre un secolo, dopo decenni di polemiche, di denunce di storici e giornalisti (anche turchi). di arresti e condanne di intellettuali che - con inchieste sui media, libri, conferenze nelle università e convegni - hanno alzato il velo sulla tragedia del popolo armeno. Per la verità non sono mancati negli ultimi anni i riconoscimenti di vari Stati.


Sono infatti, con gli Usa, 30 le nazioni (fra cui la Germania, l'Austria, la Francia, la Grecia, il Canada, la Russia e l'Italia), oltre all'Unione europea, che hanno ufficialmente ammesso che il massacro di oltre un milione e mezzo di armeni dal 1915 al 1922, fosse stata opera dell'esercito del1'impero ottomano, al tempo del governo dei «Giovani turchi». 

Tutti gli storici non negazionisti sono concordi sulla motivazione che il governo di Ankara, che era composto da islamici ma soprattutto da nazionalisti, temeva che gli armeni potessero allearsi però la «pistola fumante», cioè la prova assoluta degli ordini dati dal governo turco alle milizie. L'ha trovata, dopo faticosissime ricerche, lo storico turco Taner Akçam, che è stato condannato a dieci anni di carcere per i suoi scritti sul genocidio. Fuggito in Germania si trova adesso negli Stati Uniti e continua a fornire, con i suoi libri e ricerche, prove schiaccianti delle stragi della popolazione armena ad opera dell'impero ottomano. In un libro, appena pubblicato, Akçam ha riprodotto i diari segreti del ministro Talet Pasha, uno degli artefici del genocidio. In questi testi si scandiscono - con la pubblicazione dei telegrammi originali - le sequenze di una tragedia umanitaria, cioè del primo genocidio del ventesimo secolo. in uno di questi testi si afferma: «I diritti di tutti gli armeni sul suolo turco, come il diritto alla vita e al lavoro, sono stati soppressi: nessuno deve essere risparmiato, neppure l'infante nella cul».

Numerosi altri inconfutabili documenti di questo tenore si trovano nel saggio di Taner Akçam ,Killing Orders, pubblicato da Guerini e associati, a cura di Antonia Arslan. Questa casa editrice milanese andrebbe premiata solo per il merito di avere pubblicato un gran numero di testi sul genocidio armeno. Nel frattempo è arrivato un riconoscimento ad Antonia Arslan (autrice de La fattoria delle allodole) e allo storico Taner Akçam da parte del Comune di Ferrara : a entrambi è stata concessa la cittadinanza onoraria.

A distanza di un secolo, la partita è però ancora tutta da giocare, anche perché - dopo i riconoscimenti di numerosi Stati - si apriranno presto le battaglie legali (alcune sono già iniziate in California e in altri Stati Usa). Probabilmente le resistenze di Ankara si spiegano anche per queste ragioni: le conseguenze economiche potrebbero diventare molto onerose (forse arrivare a centinaia di miliardi di dollari), di fronte alle richieste degli eredi delle vittime, per il massacro di oltre un milione e mezzo di cittadini e i quasi due milioni costretti a un esodo forzato, con l'abbandono di case, terreni e di ogni altro bene.

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