Le donne vittime due volte in Messico
Donne messicane in piazza a Ciudad Juárez: oltre allo sfruttamento sul lavoro sono vittime di femminicidi e delle violenze sempre più estese attribuite ai narcos
«Il 14 maggio la società Talent Development mi ha licenziato. Ero coordinatrice dell’area cucito e avevo bisogno del lavoro per sostenere la famiglia». Martha Gonzáles è doppiamente vittima: prima per essere stata sottopagata da anni, e poi aver perso il lavoro a causa del Covid, una occupazione che le permetteva di sfamare la sua bambina.
A Tepatitlán e Atotonilco, nello Stato messicano di Jalisco, l’impresa Maryel aveva settanta dipendenti. «Martha non ha più il lavoro; tra opportunismo dell’azienda e conseguenze della pandemia, assieme a questa lavoratrice, adesso sono in tante le donne che non sanno cosa portare a tavola all’ora di pranzo». La denuncia è di Claudia Cárdenas, portavoce del Centro de Reflexión y Acción Laboral (Cereal), organismo dei Gesuiti al fianco dei lavoratori in battaglie come questa.
«La Maryel è una delle aziende di abbigliamento che posizionano lo Stato di Jalisco come il quarto produttore più importante in Messico. Per un anno ha fatto lavorare le donne mettendole a rischio Covid, poi ha svenduto l’azienda a una società fantasma, e ora tutte sono disoccupate », spiega l’attivista attenta ai diritti delle operaie delle “maquilladoras”, le fabbriche di assemblaggio che producono per il mercato Usa ma pagano in maniera irrisoria la manodopera. «Abbiamo cercato il dialogo, chiedendo alle aziende di tutelare la salute delle operaie per evitare che si contagiassero, il diritto alla salute è importante come quello del lavoro», sottolinea la portavoce di Cereal. Il Messico sta attraversano un momento di dura prova sociale e sanitaria a causa del Covid. Con i 222mila decessi e i 2.396.604 casi, il Paese vive una realtà tra le più difficili del Continente. Non più di un mese fa le autorità hanno ammesso che i numeri di contagi e decessi potrebbero essere superiori di un 60% di quelli ufficialmente dichiarati. Insomma, un grande caos se a questi numeri si sommano i decessi di persone che, affette da malattie più o meno gravi, non sono state ricoverate in ospedale per la saturazione dei reparti e sono morte sole, senza una diagnosi. Vi è poi lo scarso numero di tamponi e chi, spirato nella baraccopoli di qualche grande città o nella capanna di una foresta del sud, non è stato censito. Al Covid si somma il dramma della violenza e dell’avanzata dei narcos in ampie porzioni di Paese. In questo panorama, si svolgerà la “maxi-elezione” del 6 giugno. La Camera dei deputati rinnoverà tutti i suoi elementi e alcuni potranno essere confermati: 300 con maggioranza relativa e 200 proporzionale. Inoltre 15 dei 32 Stati voteranno per il proprio governatore. Sono 30 i congressi locali che verranno rinnovati per un totale di 1.063 deputati statali mentre saranno 1.926 i municipi che andranno al voto. Come sempre e più ancora in questo momento, le elezioni diventano una prova di forza per le grandi organizzazioni criminali che ormai non limitano più a “corrompere” i designati ma cercano di imporre i propri uomini – e donne – nelle liste. Ciò spiega la strage dei candidati.
Secondo le stime ancora non ufficiale, sono già un’ottantina i morti relazionati alle elezioni, altri 230 partecipanti hanno chiesto protezione, le aggressioni sono state almeno cinquecento. Solo nelle ultime due settimane sono stati assassinati tre aspiranti. L’ultima, in ordine di tempo, è Alma Barragán, in corsa come sindaca di Moroleón, assassinata martedì durante un comizio. Intanto un altro dato importante è l’alleanza contro il partito del presidente tra due storici avversari: il Pan, partito conservatore e il liberale Pri. Assieme al Prd si sono coalizzati in Va Por Mexico per opporsi a Morena, partito del presidente Andrés Manuel López Obrador.