PAOLO M. ALFIERI
«Per strada, cercavo scorciatoie, avevo dei buoni modelli da seguire, ero cieco e stupido. Oggi non sono lo stesso uomo che ero». Impossibile che lo fosse, Corey Johnson, l’ultima vittima della pena capitale in America, il primo messo a morte con il Covid-19 addosso. Aveva 24 anni quando nel 1993 quando, trafficante di droga e pluriomicida, venne condannato, 52 ne aveva ieri, quando ha diffuso queste poche righe prima che un’iniezione letale di pentobarbital mettesse fine a quasi tre decenni nel braccio della morte. Il carcere, quello di Terre Haute, nell’Indiana, è lo stesso in cui mercoledì si era conclusa nello stesso modo la vita della disabile mentale Lisa Montgomery, prima detenuta federale a essere messa a morte in 70 anni.
Come non fossero servite a nulla le critiche di buona parte della società Usa per il caso Montgomery, l’Amministrazione Trump e la Corte Suprema Usa hanno deciso di tirare dritto. Ogni ricorso legale viene superato, ogni decisione precedente ribaltata: le condanne a morte vanno eseguite, prima che l’insediamento di Joe Biden possa portare a una nuova moratoria sulle esecuzioni federali. Per ieri notte era prevista anche quella di un altro condannato, Dustin Higgs:se eseguita, sarà la tredicesima da quando Trump ha rotto gli indugi con un drammatico ritorno al passato.
Sia Higgs che Johnson avevano ottenuto uno stop alle esecuzioni fino a marzo dopo che un focolaio di coronavirus si era sviluppato nel carcere di Terre Haute. Almeno una trentina di prigionieri nel braccio della morte erano risultati positivi. Nella richiesta di rinvio, i legali di Johnson avevano sottolineato che il virus aveva provocato al loro assistito significativi danni ai polmoni. L’esecuzione, secondo la difesa, avrebbe quindi violato l’ottavo emendamento, che proibisce punizioni crudeli: il condannato, infatti, avrebbe potuto soffrire di sensazioni di soffocamento e annegamento causate dal pentorbital. Successivamente, però, una corte d’appello ha annullato il rinvio, citando una sentenza della Corte Suprema secondo la quale l’ottavo emendamento «non garantisce a un prigioniero una morte senza dolore, qualcosa che non è garantita a molte persone ». Alla fine è stata la stessa Corte Suprema, che Trump ha provveduto in questi quattro anni a imbottire di giudici ultraconservatori, a mettersi dalla parte del Dipartimento di Giustizia nel declinare le richieste di rinvio di Johnson.
Quest’ultimo, in una dichiarazione rilasciata da un portavoce della sua difesa, si è scusato con le famiglie vittime delle sue azioni ed ha elencato i nomi delle sette persone da lui uccise, chiedendo che fossero ricordate. Martin Luther King III, il primogenito di Martin Luther King, giovedì aveva criticato con forza l’esecuzione di Johnson e quella prevista di Higgs, entrambi afroamericani. «Domani mio padre avrebbe compiuto 92 anni. Lui aborriva la pena di morte. Le esecuzioni di uomini Neri il giorno del suo compleanno sono un oltraggio alla sua memoria», ha scritto in un intervento sul Washington Post.
Secondo le rilevazioni di Gallup, negli ultimi anni il consenso dell’opinione pubblica Usa nei confronti della pena capitale è andato calando. Dal 70% di favorevoli del 2003, circa il 60% degli americani considerano ora preferibile l’ergastolo alla pena capitale. L’Amministrazione Trump, evidentemente, non è stata ad ascoltarli.