Dalla Francia agli Usa, le voci di chi partecipa ai trial “Ecco i trucchi che usiamo per guadagnare di più”
ELENA DUSI
ROMA.
«Puoi morire. Vedere quelle parole in bianco e nero sul foglio che stavo per firmare mi ha bloccato per un po’. Ma quando arrivi a quel punto, hai raggiunto un tale livello di disperazione che faresti di tutto per soldi».
I nuovi farmaci sono i testimoni del progresso della scienza, e guai se l’innovazione si fermasse, ma a volte poggiano sulla disperazione dei più poveri. A Rennes, nei giorni scorsi, i test su un nuovo antidolorifico hanno portato alla morte cerebrale di un volontario e al ricovero di altri cinque, di cui quattro in gravi condizioni, con danni neurologici probabilmente permanenti.
Sotto accusa c’è il mercato delle “cavie umane”, denunciato dalle testimonianze, come quella qui sopra, raccolte dal progetto HealthyVoices dell’università del North Carolina. Il business delle 206mila sperimentazioni cliniche in corso oggi nel mondo muove 4,4 miliardi di euro all’anno. La ragione che spinge una persona sana a ingoiare una pillola mai testata prima sull’uomo è quasi sempre il meccanismo del “rimborso spese”. Per il trial della tragedia i volontari avrebbero ricevuto 1.900 euro in cambio di 14 giorni di ricovero e 10 somministrazioni dell’antidolorifico fresco di conio. «È denaro facile, è chiaro che la mia motivazione fosse quella, ma non lo farò più» ha ammesso ieri alla France Presse un 33enne di Rennes, che in passato aveva partecipato a una quindicina di studi nel centro clinico Biotrial dove è avvenuto l’incidente.
Altre testimonianze raccolte da Jill Fisher e Torin Monahan, fra i coordinatori di Healthy Voices, parlano di cifre fino a 17mila dollari raccolte in sei mesi dalle “cavie umane” di professione. Un terzo dei volontari sani negli Usa, calcolano i ricercatori, è disoccupato. Anche se in Francia il tetto massimo è di 4.500 euro all’anno, nessuno è in grado di dire se i sei volontari coinvolti nell’incidente avessero partecipato di recente ad altri studi, mettendo a rischio la propria salute per la combinazione di più principi attivi in tempi ravvicinati. La parte del regolamento europeo che impone un registro online di tutti i volontari, infatti, non è stata ancora attuata. E anche negli Stati Uniti, dove la rete è piena di falle, abbondano esempi come quello di una donna intervistata da Fisher e Monahan: «Dovrebbe esserci un periodo di 30 giorni per far svanire l’effetto del farmaco, prima di arruolarsi in un nuovo test. Ma nessuno lo rispetta, altrimenti non guadagni niente. Puoi prendere i supplementi che ripristinano il ferro e l’emoglobina a livelli normali e saltare da uno studio all’altro nel giro di una settimana». Alcuni degli studi meglio pagati, racconta un’altra testimone, erano riservati a donne che avevano subito un intervento chirurgico per diventare sterili. «Così ho deciso di entrare in questa categoria, e ho potuto fare uno studio da 6mila dollari».
Il mestiere della “cavia umana” richiede una salute perfetta. Per questo i professionisti dei trial si sottopongono a regimi dietetici estremi: «Il carbone rimuove le tossine dal corpo. Lo puoi prendere dal camino, lo riduci in polvere e lo sciogli in un bicchier d’acqua». A volte, al contrario, il reclutamento prevede uno o più parametri fuori misura: «Volevo partecipare a uno studio sul colesterolo, ma non ce l’ho alto. Così per due settimane non ho fatto altro che mangiare uova e pesce».
Per verificare le procedure sul reclutamento dei volontari, il ministero della Salute francese, l’agenzia nazionale della sicurezza del farmaco e la polizia giudiziaria ieri mattina hanno ispezionato il centro clinico Biotrial di Rennes dove si è verificato l’incidente. I dubbi principali comunque riguardano i dati sui dosaggi del farmaco somministrato, forse troppo vicini a quella che viene tecnicamente chiamata “dose letale”. I sei ricoverati infatti erano esattamente i sei volontari che avevano ricevuto il dosaggio massimo previsto dal trial, sui 109 totali.