politica e giustizia
IL RETROSCENA
ANNALISA CUZZOCREA
ROMA.
La “resistenza” di Rosa Capuozzo è la prova, per i vertici del Movimento, che non si poteva fare altrimenti. «Non è una resa», continuano a ripetere. Il fatto che il sindaco di Quarto non comprenda che in gioco non c’è solo il suo destino politico, ma la credibilità di quel che i 5 stelle hanno predicato in questi anni, manda su tutte le furie Gianroberto Casaleggio. E non solo lui. Nella notte, al massimo domattina, arriverà il post con cui all’avvocato Capuozzo verrà tolto l’uso del simbolo. Se vorrà restare, giocherà una partita in solitaria. I 5 stelle si fanno da parte. Vogliono che a Quarto si vada alle urne perché non si possa dire che un solo voto del Movimento proviene dalla camorra. «La certificazione viene data dallo staff del garante del Movimento, che è Grillo - dice perentorio Roberto Fico - e lui può levarla in qualsiasi momento se non ci sono le condizioni per andare avanti. Su questo non c’è discussione».
Ma la Capuozzo non è sola. Sono con lei la maggior parte degli attivisti locali, che stanno bombardando di mail e messaggi i parlamentari di riferimento per chiedere un ripensamento. Sono con lei molti amministratori locali, a partire da Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma non vuole esprimersi sul merito, ma pensa che il metodo usato per decidere su Quarto non abbia né capo né coda. Quel che pesa, in tutta la faccenda, è il fatto che - davanti alle difficoltà di chi governa - la strada più seguita dal Movimento sembra essere la sconfessione in nome della purezza. A Comacchio come a Gela, a Ragusa (dove il sindaco si è salvato dall’espulsione per un pelo) come nella Parma dell’inceneritore. Una strada pericolosa, quando si dice di essere pronti a governare il Paese.
A livello nazionale, sulle pagine Facebook dei big e sul blog, la maggior parte degli iscritti non capisce la decisione presa. Che senso ha difendere il sindaco un giorno, chiederne le dimissioni il giorno dopo e organizzare la sua espulsione quello dopo ancora? È quel che si chiedono molti parlamentari. Il deputato Luigi Gallo mette nero su bianco la sua contrarietà con un post e vuol sapere se esistano «motivazioni, non note ai più, a supporto di questa richiesta di dimissioni». Forse avrà le sue risposte in tv: oggi è prevista un’offensiva mediatica di direttorio e fedelissimi. Da Agorà a Coffee Break fino a Otto e mezzo e ai talk del martedì. «La tv è morta». Anzi no.
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