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Governo, Conte e il treno del voto anticipato

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C'è qualcosa di malinconico in un premier che si rivolge agli italiani senza più rappresentare un esecutivo vitale, bensì di fatto già esaurito

DI STEFANO FOLLI

C'è qualcosa di malinconico e d'incompiuto in un presidente del Consiglio che si rivolge agli italiani, come è suo diritto istituzionale, senza più rappresentare un governo vitale, bensì di fatto già esaurito. Oggi Conte richiamerà al senso di responsabilità i due partiti della coalizione, ma è chiaro che la sua personale buona volontà nulla può contro la lacerazione in atto. Né servirà rivendicare con benevolenza autoreferenziale i risultati di un anno, peraltro discutibili, perché il destino - avrebbe detto Longanesi - ormai ha cambiato cavallo.

Ma allora per quale ragione "l'avvocato del popolo" compie un gesto così plateale, quasi ingenuo in apparenza? Per quale motivo sembra non prendere atto che almeno uno dei due partiti, quello che oggi conta assai più dell'altro, lo ha nella sostanza delegittimato? Saprà bene anche lui che dietro le quinte si discute già della data delle elezioni: nella seconda metà di settembre per non compromettere la legge di bilancio autunnale. E senza dubbio è al corrente che in questa ipotesi le Camere andranno sciolte dal capo dello Stato verso il 20-25 luglio, come si è detto e scritto.

Se Conte sta solo chiedendo l'onore delle armi per poi ritirarsi con dignità, nessun problema a concederglielo. Ma se l'appello alla responsabilità di tutti vuole essere un tentativo di tenere in vita un equilibrio frantumato, in nome della tutela dei conti pubblici e dell'esigenza di non esporsi alla speculazione, allora va verificato se esiste un margine di manovra in tal senso. La lettera di Roma in risposta ai rilievi dell'Unione a proposito del debito pubblico sta per essere valutata a Bruxelles. Se sarà avviata la procedura d'infrazione, lo scioglimento delle Camere diventerà ancora più plausibile perché l'Italia avrà bisogno in tempi ragionevoli di un governo solido e stabile. Ma se avessero ragione quelli che vedono una Commissione a fine mandato e quindi debole e poco incline alle prove di forza (ad esempio l'economista Fitoussi), allora i tempi del confronto potrebbero diluirsi. Di conseguenza prenderebbero vigore coloro che non hanno fretta di andare alle urne.

I Cinque Stelle oggi appaiono rassegnati alla sudditanza verso Salvini. Tuttavia, qualora vedessero lo spazio per far scadere il limite di luglio relativo alla fine della legislatura, non si tirerebbero certo indietro. Avrebbero ovviamente bisogno di una sponda in Europa che per ora non s'intravede. Quanto a Salvini, vuole arrivare alle elezioni anticipate senza esporsi più di tanto e lasciando che sia Di Maio a regalargli l'occasione su un piatto d'argento. Nonostante le apparenze il piano non è di semplice attuazione, se appena i 5S riuscissero nel gioco delle tre carte. In tale cornice un ruolo chiave spetta al Pd. Zingaretti ha sempre detto di essere favorevole alle elezioni, nonostante la probabile vittoria della destra. Anche Gentiloni, nell'intervista alla Stampa, lascia intravedere lo stesso obiettivo. In ogni caso si arriverà al momento, entro tre o quattro settimane, in cui questa linea dovrà essere ribadita con coerenza. Anche rispetto a imprevedibili sirene invocanti il rinvio a tempi migliori. O peggiori.



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