Nel voto Ue del 26 maggio bisognerà fare attenzione al divario tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Dal dato dipenderà il governo
DI STEFANO FOLLI
A cosa si dovrà soprattutto guardare nella notte tra domenica e lunedì, man mano che arriveranno i risultati della giornata elettorale? In primo luogo ricordiamo che il voto è bifronte: avrà una dimensione continentale che riguarda la composizione del Parlamento europeo e quindi la maggioranza destinata a esprimere la Commissione; e una dimensione nazionale, nel senso che potrà produrre conseguenze anche clamorose nei singoli Stati dell'Unione. Sotto tale profilo l'Italia non è un caso isolato.
Nel Regno Unito, ad esempio, dove si è votato ieri, tutti aspettano le dimissioni della premier May e si osserva la crisi al limite della disgregazione del partito conservatore, vittima dell'offensiva senza precedenti del Brexit party di Farage. Ma anche in Austria, altro esempio, il voto si carica di attese nazionali. Lo scandalo che ha travolto l'estrema destra fino a ieri al governo, aprendo la strada alle elezioni anticipate, conoscerà domenica sera un primo momento di verifica: fino a che punto il partito di Strache sarà travolto nelle urne, oltre che sul piano politico? O magari, in modo imprevedibile, reggerà il colpo? Si può continuare. Non produrrà contraccolpi a breve il voto in Francia, dove la destra di Marine Le Pen è vista in testa rispetto al partito di Macron: il sistema francese è blindato, sotto questo aspetto. Tuttavia la debolezza del presidente - se fosse questo l'esito dello scrutinio - non potrà non avere riflessi a medio termine, il che finirà per coinvolgere gli interessi di tutti, data la centralità di Parigi negli equilibri continentali.
Quanto all'Italia, sappiamo che un'attenzione spasmodica è assorbita dalle ricadute del voto sui nostri affari interni: il futuro della maggioranza gialloverde, la stabilità o meno del governo Conte, il destino del centrosinistra sospeso tra Zingaretti e l'incombente Renzi. Niente di nuovo sotto il sole. Allora è bene dotarsi di uno strumento efficace per valutare i risultati. Più che alle singole percentuali dei partiti, occorre fare attenzione alla forbice tra il dato della Lega e quello dei Cinque Stelle. La forbice, ossia il divario fra le due percentuali. Il 4 marzo dell'anno scorso era del tutto favorevole ai "grillini": quasi 16 punti tra il 17 per cento di Salvini e il 33 per cento circa di Di Maio. Oggi tutti si aspettano che la forbice sia a vantaggio del Carroccio, atteso come primo partito. Ma di quanto?
Se il divario fosse ampio, dell'ordine di una decina di punti (esempio teorico, 30 a 20), la contraddizione rispetto al 4 marzo sarebbe stridente e non potrebbe non rovesciarsi su un assetto politico già fragile e di fatto esaurito. Se invece la forbice fosse stretta, intorno ai 4 o 5 punti (esempio, 28 a 24 sempre a favore della Lega), allora la resa dei conti potrebbe avere un esito diverso e oggi non prevedibile nelle sue modalità. Il premier Conte potrebbe persino riemergere dopo una revisione dei rapporti di forza tra due partner nessuno dei quali in grado di imporsi definitivamente sull'altro. Domani esamineremo la situazione delle altre forze in campo.