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Il silenzio sul Capitano

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Salvini e il record dei voli di Stato: in qualunque altra democrazia normale, un vicepremier e ministro dell'Interno che ogni giorno schiuma rabbia contro le Ong "taxi del mare" e poi usa gli aerei della polizia come la sua "car to go" elettorale sarebbe stato costretto a dare spiegazioni
C'è un fragoroso silenzio intorno alla vicenda del Capitano Volante svelata ieri su Repubblica da Gianluca Di Feo. In qualunque altra democrazia normale, un vicepremier e ministro dell'Interno che ogni giorno schiuma rabbia e rancore contro le Ong "taxi del mare" e poi usa gli aerei della polizia come la sua car to go elettorale sarebbe stato costretto a dare spiegazioni. In altri tempi ci sarebbero state reazioni indignate, in Parlamento e nelle piazze. Nell'Italia di oggi, invece, non succede niente. Dal primo gennaio 2019, Matteo Salvini ha passato solo 17 giorni lavorativi al Viminale. I rimanenti 118 li ha trascorsi in giro per la Penisola, in uno show itinerante che l'ha visto impegnato in 211 comizi, raduni e convegni elettorali. Il Capitano Volante ha usato quasi sempre la flotta delle "Ferrari dei cieli", cioe i jet Piaggio P180 in dotazione alla Polizia e ai Vigili del Fuoco. Costo sul mercato: 4-5 mila euro l'ora. Di Feo è riuscito a tracciare ben oltre 20 voli "di Stato", in cui gli "appuntamenti elettorali" sono stati spesso affiancati ad estemporanei "impegni istituzionali". Un escamotage che probabilmente serve a Salvini a difendere l'indifendibile. Il ministro dell'Interno, a questo punto, dovrebbe dare qualche delucidazione. Potrebbe dire, per esempio, che Repubblica ha scritto una marea di sciocchezze, una pioggia di fake news. Ma non lo fa. Tace, non smentisce. Dunque, siamo certi che la ricostruzione delle trasvolate italiche a spese della collettività del nostro Lindbergh del Giambellino sia vera. Ma se è vera, allora dovrebbero succedere due cose, una più importante dell'altra. La prima. Salvini dovrebbe convincere gli italiani, prove alla mano, che l'obiettivo delle sue infinite peregrinazioni è davvero la tutela dell'interesse nazionale. Dovrebbe dimostrare che non ha speso denaro pubblico per fini personali e che l'uso di quei velivoli non è abuso di potere. Se non è in grado di farlo, allora si apre un problema politico, che non si può risolvere con un'alzatina di spalle. La seconda cosa. Le opposizioni dovrebbero chiedere conto, come avviene in tutti i Paesi europei non ancora colpiti dal virus della "democrazia illiberale". Dov'e il Pd di Zingaretti, che ai tempi dei voli di Stato di Berlusconi ingaggiò a più riprese una sacrosanta battaglia parlamentare? Oggi, a sinistra, regna invece un silenzio altrettanto assordante di quello di Salvini. Basta avere lo scheletro nell'armadio dell'Air Force Renzi per non saper mettere un avversario con le spalle al muro sugli stessi temi? Ma qui, se si parla del super-boeing e dell'era del turbo-renzismo, si apre un altro capitolo della storia. Dove sono i Cinque Stelle, che tacciono su questo mentre attaccano il Capitano Volante su tutto il resto? Rinfreschiamo loro la memoria. Il 26 luglio 2018, due mesi dopo la nascita del "governo del cambiamento", Di Maio e Toninelli andarono a Fiumicino, nell'hangar in cui giacevano i resti della magnificenza renziana: il famoso Airbus A340-500, che fu affittato dalla presidenza del Consiglio per 187 milioni, ma non fece mai in tempo a volare. Quel giorno i pentastellati ormai al potere salirono sull'Air Force Renzi, lo filmarono con gli smartphone, organizzarono una conferenza stampa, rinforzati dalla gloriosa delegazione Taverna-Patuanelli-Casalino, e spiegarono ai cronisti basiti: "Vedete? Questo aereo è il simbolo dell'Ancien Régimemandato a casa dai cittadini". E dunque: oggi di cosa sono simbolo gli Air Force Salvini della Polizia, usati dal socio di maggioranza per raggranellare consensi con i soldi degli italiani? È una domanda capitale anche per Di Maio, finora senza risposta. E se la dovrebbe porre anche l'Avvocato del Popolo Conte, che adesso in un impeto di onestà riconosce quanto "sarà difficile evitare gli aumenti Iva" nella prossima manovra, ma poi con un guizzo di comicità aggiunge: "Troveremo le risorse con la spending review". Chieda lumi al Lindbergh del Giambellino: l'onore è ormai perduto, ma qualche euro, magari anche lì, si può risparmiare.

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