TRUMP PARLA DI AZIONE MILITARE. MADURO RESPINGE L’ULTIMATUMOGGI PARIGI E BERLINO SI SCHIERANO CON IL SUO AVVERSARIO
Stefano Montefiori
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI Scaduto a mezzanotte l’ultimatum, oggi sette Paesi europei dovrebbero riconoscere Juan Guaidó come presidente a interim del Venezuela. L’attuale capo dello Stato Nicolás Maduro aveva otto giorni di tempo per indire nuove elezioni presidenziali (dopo quelle giudicate scorrette del maggio 2018) altrimenti Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e da ieri pure l’Austria avrebbero dato il loro appoggio anche formale a Guaidó.
Non solo Maduro ha respinto l’ultimatum e non ha indetto un nuovo voto presidenziale, ma ha annunciato elezioni legislative per cambiare il Parlamento di cui è espressione il nemico Guaidó. «Considereremo Guaidó come il presidente legittimo a interim — ha confermato ieri la ministra francese agli Affari europei, Nathalie Loiseau —. Maduro dice “organizzerò elezioni legislative“, il che significa in realtà “mi sbarazzerò del presidente del Parlamento Guaidó”, che è sostenuto dai manifestanti. Questa posizione è una farsa, una tragica farsa».
«Farsa»
La ministra francese Loiseau: Maduro vuole solo elezioni legislative per cacciare Guaidó
La determinazione dei sette europei non è condivisa nel resto dell’Unione. Una soluzione di compromesso sembrava a portata di mano giovedì, quando la ministra degli Esteri svedese Margot Wallström ha proposto di riconoscere Juan Guaidó come presidente ad interim fino a nuove elezioni, ma l’Italia ha posto il veto. Una scelta che ha guadagnato al governo di Roma il poco ambito ringraziamento di Maduro, e la disapprovazione di Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo che ha già riconosciuto Guaidó.
Mentre il presidente Donald Trump dichiara che un intervento militare Usa è «certamente un’opzione» e Maduro ribatte «il popolo si sta già armando», la prossima mossa diplomatica è la riunione di giovedì a Montevideo (Uruguay) del gruppo di contatto formato da 8 Paesi europei (Germania, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia) e 4 latino-americani (Bolivia, Costarica, Ecuador e Uruguay).
Il nodo Italia
Trovare una posizione comune europea è arduo per via della posizione dell’Italia
Il capo della diplomazia europea Federica Mogherini e il presidente uruguaiano Tabaré Vázquez cercheranno una via di uscita a una crisi che dall’inizio delle manifestazioni del 21 gennaio ha fatto circa 40 morti e provocato oltre 850 arresti, secondo le Nazioni Unite. Ma l’obiettivo di trovare una posizione comune europea è reso molto difficile dall’Italia e dalle divisioni all’interno del suo governo. Da un lato il Movimento Cinque Stelle appoggia Maduro e ammonisce che una sua destituzione a favore di Guaidó provocherebbe «una nuova Libia». Dall’altra Matteo Salvini ha detto ieri «stiamo lavorando perché in Venezuela tornino lavoro e democrazia, perché i regimi comunisti devono essere cancellati dalla faccia della Terra», anche se la Lega è vicina alla Russia che è il principale alleato di Maduro, sostenuto anche da Cina, Corea del Nord, Cuba e Turchia.