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MEGLIO ATEO CHE IPOCRITA

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3/1/2019
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Il monito del Papa

Enzo Bianchi
Alcune espressioni forti di papa Francesco nell’udienza generale di ieri hanno suscitato un audace paragone tra «cristiani ipocriti » e « atei » . In realtà, il Papa ha insistito soprattutto sull’incoerenza di quanti « vanno in chiesa …e poi vivono odiando gli altri». È per loro che sarebbe «meglio non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo!». L’accento dell’esortazione papale non cade tanto sul comportamento più o meno retto da parte di chi si professa ateo e sul suo paragone con la coerenza di vita dei credenti, quanto piuttosto sull’intollerabile ipocrisia religiosa di chi «è capace di tessere preghiere atee, senza Dio » . E si comprenda bene ciò che dice il Papa: c’è chi prega senza sentirsi davanti a Dio, senza ascoltare Dio, senza essere veramente toccato dalla presenza e dalla voce di Dio.
La condanna dell’ipocrisia, vizio tipico delle persone religiose di ogni tempo, è uno degli ammonimenti più presenti già nei profeti di Israele, mentre nei Vangeli è uno dei tratti più marcati della predicazione di Gesù. Per questo, il riprenderla oggi, applicandola ai comportamenti di chi non segue la fede che professa ma l’esteriorità delle apparenze, è semplice attualizzazione dell’insegnamento di Gesù. In quelle «preghiere atee» — espressione inedita, ma di rara efficacia — papa Francesco denuncia preghiere, liturgie, gesti religiosi in cui Dio è nominato e invocato, ma, in realtà, misconosciuto. E nel chiamare in causa l’ateo coerente con i suoi principi, con la sua coscienza, Francesco riconosce che chi si professa ateo e segue la sua coscienza è più retto di chi si dice cristiano, ma ha un cuore doppio e vive nell’ipocrisia.
Il duro ammonimento del Papa ricorda a tutti, a cominciare proprio da chi si professa cristiano, una dimensione costante della dottrina cattolica: principio ultimo resta la coscienza autentica, provata, confrontata di ciascuno, che è superiore a ogni autorità e ogni legge. Proprio per questo papa Francesco accosta così sovente l’ipocrisia alla corruzione: se altri peccati "chiamano" alla conversione, ipocrisia e corruzione tendono per loro natura a soffocare la coscienza, a farne tacere la voce, a violentarla nella sua dimensione più intima. È allora davvero motivo di "scandalo" l’atteggiarsi a persona di preghiera e poi non amare il prossimo, pretendere di dialogare nella preghiera con il « Dio che non si vede » e disprezzare « il fratello che si vede » . Allora meglio vivere « come ateo», senza professare la fede cristiana, piuttosto che contraddire con il comportamento ciò che si professa con le labbra.
Il Papa ancora una volta confessa che i cristiani cadono in peccato come gli altri, riafferma che le beatitudini proclamate da Gesù non sono moralismo, ma buona notizia e rivelazione. Nella catechesi sul "Padre nostro", papa Francesco non ha rivolto alcun invito all’ateismo, ma ha espresso nuovamente una forte condanna dell’ipocrisia di chi usa atteggiamenti e addirittura la preghiera cristiana come simboli da ostentare, come autocelebrazioni identitarie, ma resta incoerente con il messaggio del Vangelo, nutrendo in sé l’indifferenza se non l’astio per il povero e il sofferente, l’ostilità verso chi è diverso e straniero.
Ecco perché questa di papa Francesco è risultata un’esortazione appassionata e convincente per credenti e non credenti, per persone " pensanti" di qualsiasi o nessuna appartenenza religiosa. Papa Francesco ha semplicemente ridetto l’espressione del grande padre della chiesa Ignazio d’Antiochia: « Meglio essere cristiani senza dirlo ed esibirlo piuttosto che proclamarsi cristiani senza esserlo».
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