5/12/2018
ECONOMIA
I conti pubblici
Il ministro dell’Economia isolato nel governo: ancora varie opzioni su reddito e pensioni Si prepara il maxiemendamento che sarà presentato dopo l’eventuale accordo con Bruxelles
ROBERTO PETRINI,
ROMA
È il martedì nero di Tria. Nervoso, visibilmente irritato, forse anche stanco per il tragitto da Buenos Aires a Bruxelles e ieri sera di nuovo a Roma di fronte alle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato riunite che chiedono conto di quanto sta succedendo, perde la pazienza. I parlamentari vogliono sapere se la manovra cambierà e che si riferisca sull’andamento dei negoziati con la Commissione. Il ministro dell’Economia è maldisposto: già dal mattino a Bruxelles, dopo l’Eurogruppo, replica irritato con un «chiedete a Di Maio» a chi lo interroga sulla tenuta della maggioranza e dei Cinque Stelle nella trattativa con l’Europa. In serata, complice ulteriore stress, il martedì nero esplode in Commissione. Era prevista un’audizione, ma il ministro fa sapere che si limiterà ad una semplice comunicazione, significa che non accetterà domande e repliche. « Se non siete d’accordo, non offendetevi ma me ne vado » , dice. I commissari saltano sulle sedie: Marattin del Pd, Stefano Fassina, la Lorenzin chiedono che il ministro resti. Lui in piedi scuote la testa, il presidente Borghi da pericoloso euroscettico si muta in pompiere. Tria parla, dice poco e non scioglie i nodi: «Sono in corso valutazioni sul peso delle pensioni e del reddito di cittadinanza » . Mentre da Bruxelles Moscovici annuncia che il dialogo con Roma prosegue « intenso » e Conte fa sapere che «ad horas » arriverà la sua proposta per evitare la procedura, Tria si trova nella imbarazzante situazione di non dire nulla elencando solo «opzioni». «Bisogna vedere se ci sono spazi dalle simulazioni di Inps e Mef » . Aggiunge che la manovra e il quadro di finanza pubblica « è quello che è stato presentato » , concede solo che i risparmi – ma si tratta solo di una « opzione » – da reddito e quota 100 potranno andare «a riduzione del deficit». Una posizione che sembra molto meno " interna" alla trattativa del resto del governo, che ormai naviga sul 2 per cento e su un sostanziale rinvio delle misure bandiera, e che denuncia sempre di più l’isolamento del titolare di Via Venti Settembre e la sua uscita dal triangolo magico con il Quirinale e Francoforte. Tanto più che l’annuncio dell’iter che la Commissione Bilancio della Camera, da giorni in stallo, in attesa di sapere come finiranno i suoi lavori, arriva dalla Festa all’ambasciata finlandese per bocca di Matteo Salvini: «La manovra sarà approvata entro l’anno, verranno presentati maxiemendamenti alla Camera e al Senato, per concludere l’iter con una terza lettura al Senato » . Uno schema che naturalmente coincide con la richiesta di fiducia, dopo un accordo con Bruxelles e nella maggioranza gialloverde. La tempistica sarà decisiva: il termine ultimo per evitare la procedura d’infrazione è la riunione della Commissione del 19 dicembre, ma l’Italia potrebbe giocare le sue carte al Consiglio europeo di fine anno del 13- 14 dicembre: 2 per cento, rinvio delle due misure simbolo e investimenti. A questo punto, se ci sarà l’ok, la manovra che sarà approvata alla Camera in settimana con il vecchio testo blindato passerà al Senato dove arriverà il maxiemendamento con l’intesa e i nuovi saldi.
Naturalmente non tutto è scontato e ancora non c’è nulla di nero su bianco. Ma l’ombra della recessione che si allunga sul Paese sta spingendo i gialloverdi a più miti consigli anche perché sarebbe un alibi più che giustificato. Anche Tria ammette il rallentamento: « Speriamo di non andare in recessione», auspica e subito si becca le reprimende di chi osserva che mentre i ministro vede la crisi la manovra prevede una supercrescita dell’ 1,5 per cento. «Contraddizioni, caro Giovanni » , attacca accorato l’amico Brunetta dalle file di Forza Italia. « Ci accapigliamo in privato » , replica Tria che alla fine concede una breve replica senza sciogliere gli interrogativi.