2/12/2018
MONDO
Francia
Battaglia a due passi dall’Eliseo. I violenti infiltrano il movimento Spuntano svastiche e saluti fascisti
anais ginori,
Dalla nostra corrispondente
PARIGI
A due passi dall’Eliseo, place de la Concorde, un’auto della polizia è in fiamme. « Macron hai voluto la merda, ora ce l’hai » , è scritto su un muro. Il presidente è migliaia di chilometri di distanza, impegnato nel G20 di Buenos Aires. Un’altra carcassa di macchina blocca il boulevard Haussmann davanti alle vetrine dei grandi magazzini. Una bambina piange. «Eravamo venute per vedere le decorazioni natalizie » , racconta la mamma. Le Galeries Lafayette e il Printemps vengono evacuati, con i turisti giapponesi caricati in emergenza sui pullman. «Crazy situation » , commenta un giovane olandese che s’infila nel metrò.
Il silenzio lugubre nel quartiere è interrotto dalle sirene dei pompieri. L’odore aspro dei gas lacrimogeni avvolge tutto. Una boutique Chanel è devastata in rue de Rivoli, vicino al Louvre. Camminando verso place Vendôme, la piazza del Ritz e delle gioiellerie, ci sono resti di barricate con transenne, bidoni della spazzatura. «È l’anarchia totale, non siamo abbastanza » , confida un agente appostato sugli Champs- Elysées. La prospettiva sulla lunga avenue deserta è uno spettacolo impressionante. Sull’Arco di Trionfo appare la scritta: "Les gilets jaunes triompheront".
Parigi brucia. Il movimento dei gilet gialli nato venti giorni fa contro la Carbon Tax ormai è un magma in cui c’è di tutto, dalle famiglie che non arrivano a fine mese agli estremisti violenti. Dal cielo si alzano colonne di fumo nel cuore turistico della capitale. La scena che riassume il paradosso di una mobilitazione contro Macron sostenuta da una maggioranza di francesi e l’inedita esplosione di violenza di ieri, è la catena umana di manifestanti intorno all’Arco di Trionfo per difendere la fiamma del milite ignoto da un gruppo di casseurs.Alcuni militanti incappucciati riescono comunque a salire in cima al monumento. « Non è una manifestazione è un’insurrezione » , dice Cyril, un pensionato venuto da Trappes con il suo gilet giallo.
La battaglia comincia al mattino, quando centinaia di manifestanti arrivano sugli Champs- Elysées, alcuni sono pronti al peggio, hanno in borsa la maschera per proteggersi dai gas. Il piccolo corteo si apre con uno striscione contro Macron. Alcuni gilet gialli si mettono a ballare davanti ai poliziotti. Dura poco. La folla è dispersa rapidamente per colpa dei casseurs che cominciano a lanciare proiettili contro le forze dell’ordine nelle strade intorno. Gli uomini incappucciati si muovono a piccoli gruppi, con addestramento militare. Salgono sulle carcasse delle auto per farsi riprendere dai fotografi. Tra i gilet gialli si infiltrano alcuni estremisti ripresi mentre fanno il saluto fascista, dipingono svastiche sui muri.
Com’è potuto accadere? Il governo aveva preparato un piano per contenere le violenze, con un enorme perimetro di sicurezza chiuso al traffico, controlli sui passanti, cannoni ad acqua e squadre mobili. Eppure quasi 5mila agenti dispiegati nella capitale sono stati messi in scacco da un piccolo blocco nero composto da due, tremila persone infiltrato nel movimento. Un’altra immagine che resterà è quella dei gilet gialli che tentano di proteggere un poliziotto aggredito.
Il bilancio provvisorio della giornata è 255 fermi e 95 feriti, tra cui 14 tra le forze dell’ordine. Macron di ritorno dall’Argentina ha convocato una riunione di crisi con il governo. «Quello che è accaduto a Parigi non ha nulla a che vedere con l’espressione pacifica di una legittima rabbia » , ha detto il presidente accusando la minoranza violenta: « C’è chi vuole solo il caos » . La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, esprime « indignazione » e chiede al governo di riprendere il dialogo con il movimento. Nell’immediato il governo deve rispondere al clamoroso fallimento sulla messa in sicurezza nelle strade della capitale. «Macron gioca a far paura » , commenta Jean- Luc Mélenchon che accusa il ministro dell’Interno Christophe Castaner di alimentare una strategia della tensione per zittire le rivendicazioni dei gilet gialli.