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LO SPIRITO DEL TEMPO NEI SUOI FILM

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27/11/2018
SPETTACOLI
i l p e r s o n a g g i o

Irene Bignardi
Se non fosse davvero esistito, il personaggio Bernardo Bertolucci— poeta, documentarista, regista, produttore, polemista, autore per eccellenza del cinema italiano, star di quello internazionale — prima o poi l’avrebbe inventato qualcuno.
Così italiano e così internazionale. Così sofisticato ma nazional-popolare. Così letterario e visuale. E non si può non restare stupefatti di fronte a una vicenda umana e a una carriera che si sono aperte nell’Appennino di Casarola di Parma, la casa di famiglia dei Bertolucci, e hanno percorso le strade del mondo per viaggiare sempre nello spirito del tempo.
Quello spirito che Bernardo ha saputo identificare. Della vicenda, a tratti amara, sempre avventurosa che è stata la sua vita ricordiamo l’inizio veramente da favola. Quando il bel ragazzo ventenne, figlio di un grande poeta come Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, amato da Moravia, vicino a Morante, Garboli, Siciliano, Maraini, vince a 20 anni il premio Viareggio per la poesia. Da questo laboratorio culturale — in cui a tempo debito si muoveranno anche la sua bella moglie inglese Clare Peploe e il fratello più giovane, Giuseppe — e dalla tradizione letteraria e musicale della sua natia Parma, discendono, oltre all’amore di Bernardo per i testi letterari, il gusto per il melodramma, l’amore per le scene madri, l’approccio mitico e popolare, la tendenza postmoderna a costruire con materiali preesistenti. E quindi, su una filmografia di sedici film, a realizzarne ben cinque di origine schiettamente letteraria pur restando un autore straordinariamente visivo. Bernardo lavora come assistente di Pasolini, gira documentari, affronta il primo film, La commare secca, su un’idea di PPP. Poi un secondo,
Prima della rivoluzione,
nel 1964, una riscrittura di La Certosa di Parma, che diventa il suo manifesto cinematografico, e lo promuove autore e cantore della borghesia di fronte ai cambiamenti drastici che segnano gli anni 60. Nel fatidico ’68 gira Partner. Poi nel 1970 quello che colpì tutti come un piccolo, sofisticato gioiello, Strategia del ragno, ispirato a Borges. Per darci nel 1970, ancora, quello che resta forse il suo film più compiuto, maturo, personale, Il conformista.
Ma il fenomeno internazionale B.B. esplode con Ultimo tango a Parigi. che ne determina la fama internazionale.
E gli consente nel 1976 di girare Novecento, epica grandiosa e "hollywoodiana". Nel 1987
L’ultimo imperatore lo consacra come grande regista internazionale. Ma la malattia che da anni lo assedia, sta avendo il sopravvento.
È la fine della bella favola.
Ma B.B se ne va lasciando un segno che resta.

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