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L’ECLISSI DELLA MORALE

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25/11/2018
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Vale di più la politica oppure l'economia? Mi domando, ed è la storia che se lo domanda, se e da quando il nostro Paese è stato infangato dal malcostume nelle sfere del potere moderno
L’editoriale


Vale di più la politica oppure l'economia? E la morale? Ma ci sono i sentimenti, che variano da persona a persona e detengono l'importanza dei valori che abbiamo ereditato, poi ne creiamo altri che si aggiungono ai primi. Uno di questi sentimenti, forse il più importante, è l'amore per il potere. Se ami la ricchezza, l'economia è il metro di misura assieme alla politica, due valori che influiscono l'uno sull'altro. La morale invece viene scartata, è un ostacolo all'amore del potere e della ricchezza personale.

A volte mi domando se ci siano persone nel cui animo la morale abbia gran peso. Se ci sono e non giocano con la morale facendo credere che è costantemente dentro di loro, mentono e tutti i giorni la calpestano. Molti di loro dicono di credere in Dio, che secondo loro giudica e destina l'anima nostra ai castighi dell'Inferno o all'eterna beatitudine del Paradiso.

Da questo tipo di ragionamenti risulta che chi apprezza e pratica la morale lo fa e ride con la speranza di riavere dopo la morte un premio o un castigo eterni e quindi un immenso destino post mortem. Se ha fatto del bene avrà il premio e se ha fatto del male avrà un castigo, entrambi eterni. Un ateo crede nella morale? Direi di no, ma non è affatto detto che l'ateo sia vissuto sulla base dell'egoismo. Spesso è vissuto sulla base della morale perché giudica che il comportamento moralistico faccia bene alla sua persona e alle altre: questo lo soddisfa e lo premia nell'opinione che gli altri si fanno di lui. 

Per concludere su tale questione dico che la politica, l’economia e la morale ci fanno vivere tutte e tre in modi diversi. Il nostro Io esamina tutto quello che accade dentro e fuori di noi, influenzando il nostro modo di esistere. Ed è lui a decidere quali dei vari modi dobbiamo scegliere ed è sempre lui che ci giudica per quanto abbiamo fatto. Quindi si auto-giudica perché Dio è noi stessi: la nostra specie è fatta così.
                                                             ***
Il genere animale, al quale la nostra specie appartiene, l’Io non ce l’ha e non giudica se stesso, è mosso da istinti che non si trasformano in sentimenti. Gli animali non hanno il potere, non sentono l’amore né l’orgoglio né la pietà. Perciò non sono né buoni né cattivi. Spesso sono feroci, noi così li giudichiamo quando assaltano un altro animale e lo uccidono, spesso lo divorano. Sono al tempo stesso predatori e prede.
La nostra specie vede invece se stessa, si muove per apparire e sui comportamenti propri dà un giudizio: come ha vinto o perché ha perso e anche perché ha fatto quello che ha fatto. Ho già scritto altre volte che noi spesso trasformiamo i nostri istinti in sentimenti, ma questa trasformazione gli animali non sanno farla. Del resto talvolta accade perfino a noi: a volte l’istinto predomina anche nel caso nostro perché i sentimenti nascono sempre dall’istinto che li produce e non li giudica, ma la sua forza può sempre diventare da virtuale ad attuale, anche in noi soffoca sia l’anima sia i sentimenti che essa sviluppa e la ritrae indietro, nei luoghi dove è stata concepita e nell’istinto che l’ha invasa fin dall’inizio. Questa è la nostra composizione. Ma noi apparteniamo a una specie assai particolare perché è in grado di agire e poi di giudicare quello che ha fatto, nel suo bene e nel suo male. Siamo orgogliosi di avere questa possibilità che gli altri animali non hanno. Questa nostra facoltà, che potremmo anche chiamare superiorità rispetto alle altre specie, crea però dentro di noi una serie di comportamenti che spesso regrediscono al puro istinto animale.
Tra i nostri interessi, desideri, amore e potere, la politica e perfino lo sport primeggiano, la morale non è di tutti. Accade con molta frequenza qualche fenomeno del tutto immorale. Un esempio frequente? La corruzione. Per essere corruttori, come pure per essere corrotti, bisogna essere potenti per trarre maggior beneficio. È l’amore per il potere che induce spesso alla corruzione. Debbo dire che ciò accade spesso, in tutti i Paesi del mondo, salvo in quelli totalmente poveri dove la ricchezza c’è ma non è nelle mani del popolo, il quale deve lavorare con l’unico scopo di sopravvivere. La corruzione può esistere anche lì: se si può "comprare" qualcuno affinché commetta un delitto e ne assuma interamente la responsabilità. Ma qui siamo al codice penale, che comunque non ignora casi del genere: estrema povertà da un lato, notevole ricchezza dall’altro, corruzione che mira al delitto comprato dal ricco e commesso dal povero. Che ci sia qui una violazione della morale da parte del ricco è ovvio; più discutibile è che la corruzione si estenda anche al povero che commette il delitto per necessità di sopravvivenza.
Mi domando, ed è la storia che se lo domanda, se e da quando il nostro Paese è stato infangato dalla corruzione nelle sfere del potere moderno. Deve essere in un’epoca di cui in qualche modo facciamo ancora parte, direi di avviare questo esame dai tempi di Cavour, Garibaldi, Mazzini e la "carboneria" trasformatasi poi nella massoneria di quell’epoca.
Quando nel 1861 Cavour proclamò il Regno d’Italia, alla sua morte, che avvenne esattamente in quell’anno, il potere del nuovo regno fu preso dalla Destra storica che governò per circa quindici anni ma, salvo casi rarissimi, fu composta da personaggi molto esperti nell’amministrazione pubblica, nella libertà tutelata e nelle istituzioni destinate a sorreggere lo Stato con dignità, sicurezza, onestà. La Destra storica creò queste istituzioni e lo spirito che doveva animarlo e che, almeno in parte, effettivamente lo animò. Quando quella Destra arrivò al termine, la corruzione si era già infiltrata in alcuni di loro e la sua caduta, che dette al potere una sorta di sinistra, avvenne quando la missione etica della Destra era già terminata. Il periodo successivo conobbe, per quanto riguarda le persone potenti in politica e nel capitalismo da poco iniziato in Italia mentre era già molto sviluppato in Francia e in Inghilterra, la corruzione. Durò lungamente fino all’arrivo della dittatura fascista ed anche, ancora di più, in quella fase mussoliniana dove la classe politica era corrotta ampiamente, salvo qualche rarissima eccezione come per esempio Bottai, Grandi, Scorza e pochissimi altri.
La fine della guerra vide una rinascita non solo nella ricostruzione del Paese, praticamente distrutto, ma anche nelle anime degli italiani la cui grandissima maggioranza si dedicò in vari modi e nelle diverse posizioni professionali a costruire il nuovo Paese, alla luce anche di mode nuove, nuovi stili e anche una nuova politica e una nuova economia con approcci profondamente diversi dal passato. L’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, battezzò questo periodo iniziato nel 1950, come «miracolo italiano»: la ricostruzione era terminata, il reddito e il lavoro erano aumentati, il valore della lira altrettanto e nessuno meglio del governatore della Banca d’Italia poteva avvertire questi fenomeni e battezzarli addirittura come un miracolo.
Non durò molto. Alla fine degli anni Cinquanta cominciò un’emigrazione di massa dal Sud al Nord, dalle campagne alle città e le persone si trasformarono da contadini in operai. Era certamente la conseguenza del «miracolo» ma conteneva in sé una serie di atteggiamenti caratteriali che trasformarono il Purgatorio- Paradiso in un vero e proprio Inferno: la corruzione dominò nuovamente, i ricchi di ogni regione, al Nord e al Sud, usarono la corruzione in una quantità di casi e di formule poi alimentati dalla crescita rapida ed enorme della mafia, della ’ ndrangheta e della camorra. Lo Stato apparentemente si impegnò a distruggere queste organizzazioni delinquenziali ma l’efficienza della repressione fu debolissima ed anzi non si fece sentire affatto: la forza mafiosa diventò uno dei fenomeni di quel periodo e purtroppo dura tuttora, sia pure trasformata in una sorta di capitalismo mafioso e internazionale.
Ma a questo degrado morale ed economico si affiancò la formazione di gruppi rivoluzionari che poi divennero Brigate rosse e produssero un periodo tremendo, costellato da uccisioni di alti gradi militari, giudiziari, politici e si arrivò fino al rapimento e poi all’uccisione di Aldo Moro, allora alla guida della Democrazia cristiana. Questo stato di corruzione e delitti durò ancora ma per fortuna non per molto. Se si vuole cercare la fine di un’Italia gravemente malata in tutti i campi, bisogna arrivare al Partito comunista trasformato in Partito democratico nazionale di sinistra. Quello è l’origine dell’attuale Partito democratico: discende direttamente dal Pci di Enrico Berlinguer.
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Dalle elezioni dello scorso marzo la situazione italiana è del tutto cambiata. Il partito che era di guida e di governo crollò dal 41% al 18,7% e lasciò il Paese a due forze politiche e ai loro alleati: la Lega di Salvini alleata con Forza Italia ( Berlusconi) e con Fratelli d’Italia (Meloni) da un lato; dall’altro lato il Movimento 5 Stelle, nato dalla predicazione populista del comico Beppe Grillo, trasformatosi in uomo politico che per otto anni di seguito ha insistito ogni giorno sulla distruzione delle classi dirigenti, fossero di destra o di sinistra. Dopo quegli anni Grillo era un po’ stanco di questa predica: si ritirò passando il potere concreto a Casaleggio figlio (il padre era morto da poco) e al giovane Di Maio che era da tempo diventato un amico.
Il nuovo leader dei 5 Stelle mantenne la dicitura "Movimento" ma di fatto lo trasformò in un partito. Accennò nei primi mesi a una sia pure molto debole simpatia per il Pd che ormai non rappresentava più niente e poteva essere un piccolo alleato grillino, ma poi capì che con quel residuo di partito c’era poco o nulla da fare e si rigirò verso la Lega che era già indicata nei sondaggi al 30 per cento; con gli alleati Berlusconi e Meloni, il capo della Lega Matteo Salvini raggiungeva il 40% ed oltre; l’alleanza con Di Maio che nel frattempo aveva superato il 28%, creò un blocco del 68% con tendenza ad ulteriore crescita.
Di questa situazione, come pure di quella in Europa assunta da Salvini, abbiamo già parlato infinite volte su questo giornale e perciò la do per ben presente a tutti i nostri lettori. Ci sono però alcuni aspetti europei, con notevole riflesso sulla situazione italiana, che vanno rivisti con attenzione giacché l’Europa in questo momento è ridotta come l’Italia in uno stato di grandissima confusione che ha i suoi centri in una Germania e in una Merkel politicamente sconvolte dalle crisi dei loro partiti, da Macron in grave perdita di popolarità, in un rapporto con l’America di Trump che oscilla di giorno in giorno tra alleanza e inimicizia, tra simpatia e antipatia, tra coordinamento politico e completa difformità.
In Italia però qualcosa sta cambiando e noi l’abbiamo già avvertita da alcune settimane proponendone anche i seguiti. Il Partito democratico ha imboccato la strada della propria ricostruzione, ha indetto il congresso per il mese di marzo e sono emersi di già i due principali candidati alla segreteria: Minniti e Zingaretti. Li ha seguiti anche l’attuale segretario (provvisorio) Martina.
Nel frattempo sta sorgendo un Movimento di Circoli che si formano in tutte le regioni e i Comuni italiani e hanno già raccolto molte decine di migliaia di aderenti. Si chiamano Circoli Civici che si conoscono tra loro e, da un’esistenza municipale che viene comunque conservata, estendono la loro amicizia a tutti gli altri Circoli Civici. Esistono già dovunque, dalla Sicilia al Piemonte, dalla Lombardia al Veneto, dalle Marche a Napoli, da Palermo alla Basilicata. Ormai è una rete nazionale la quale ha idee e valori molto simili a quelli del Pd nel quale loro però non sono disposti ad entrare. Un’alleanza col partito sì, sempre che il partito sarà ricostruito in modo congruo; ma il Movimento resterà movimento e probabilmente sta anche recuperando una buona parte degli elettori che nelle precedenti elezioni si sono volutamente astenuti per sfiducia nei confronti del Pd, ma con idee e valori che sono sempre quelli della liberal- democrazia. Ingrosseranno dunque il Movimento civico e i Circoli che lo compongono.
Se questi fenomeni avverranno, la situazione politica italiana sarà profondamente trasformata poiché, sommando un certo aumento del Pd e un Movimento di massa come potrebbe essere quello dei Circoli, si potrebbe arrivare e anche superare il 40% dei consensi. Naturalmente con riflessi europei di notevole importanza e una politica economica che punti sulla crescita del lavoro e sulla diminuzione delle diseguaglianze economiche.
Voglio ricordare a questo punto una proposta che ho fatto domenica scorsa e che continuo a ritenere molto interessante per il Pd: la nomina di un presidente del partito, i cui poteri, sulla base dello statuto, si limitino a quelli e cioè alla vigilanza, alla tutela dei valori ideali del partito e a quella che si chiama per il presidente della Repubblica la moral suasion.
Questo presidente del partito avrebbe sul Pd gli stessi poteri che il presidente della Repubblica ha sullo Stato, non di meno e non di più. Ho fatto i nomi di Veltroni e di Gentiloni che mi sembrano i più adatti a un compito di questo genere. Sarebbe una riforma fondamentale e soprattutto rilancerebbe il partito da ogni punto di vista, compreso quello della novità.

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