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"Restituisca 2 milioni al fratello" condannato l’accusatore del Papa

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CRONACA
La sentenza

Il tribunale dà ragione a don Lorenzo Viganò contro Carlo Maria, che 3 mesi fa ha chiesto a Bergoglio di dimettersi
sara bracchetti,
milano
Dunque aveva ragione a indignarsi don Lorenzo Viganò, che nell’aprile del 2011 denunciò il fratello e monsignore Carlo Maria, il grande accusatore di Papa Francesco, al quale nemmeno tre mesi fa ha chiesto di dimettersi per le presunte omissioni nello scandalo pedofilia fra i prelati americani. Carlo Maria, dichiarò don Lorenzo appellandosi alla magistratura, si era indebitamente appropriato di somme ingenti a lui appartenute.
Anni di indagini dentro cui raccapezzarsi a fatica, querele che somigliano a ritorsioni, tanti fascicoli aperti e qualcuno richiuso; accuse, contraccuse, procedimenti e incartamenti che si allargano, e una saga familiare giunta forse alla parola fine. Perché a dirlo, adesso, non è più solo il biblista quotato che conosce il sanscrito e le origini della scrittura, autore di trattati e studi a 80 anni passati. A confermare le accuse è una sentenza che intima a Carlo Maria di restituire a Lorenzo un milione e 824mila euro e spiccioli più interessi: stima del consulente tecnico che il giudice del tribunale civile di Milano Susanna Terni ha deciso di condividere in toto, benché secondo i legali di chi accusa l’importo avrebbe potuto essere perfino doppio, se Carlo Maria avesse prodotto rendiconti completi.
Al di là delle cifre, si smentisce così ufficialmente la versione degli avvocati difensori secondo cui monsignor Carlo Maria Viganò non sarebbe stato debitore di nulla nei confronti di un fratello che, scrivono, ha sempre vissuto al di sopra delle sue possibilità e scialacquato il patrimonio ereditato dal padre, industriale dell’acciaio morto nel 1961. Così come la sentenza ribadisce l’infondatezza della tesi della fragilità psicologica di Lorenzo, già archiviata in un altro processo, dopo l’ictus che nel 1996 gli menomò il fisico: non lo rese però manipolabile, come invece lasciò intendere Carlo Maria per ridimensionare la denuncia a suo carico e per convincere Benedetto XVI nel 2011 a non trasferirlo a Washington, nominandolo nunzio apostolico e non cardinale. Devo occuparmi di Lorenzo qui, dichiarò a Papa Ratzinger quell’estate, mentre invece Lorenzo viveva e studiava a Chicago, ormai in cattivi rapporti con il fratello che amministrava i loro beni in comunione.
Vendite di terreni e immobili, affitti di fondi e appartamenti, entrate, uscite e movimenti gestiti da monsignor Carlo Maria, investito dal fratello di un mandato generale nel 1966 e una procura notarile nel 2000. «Mi fidavo ciecamente di lui » , riconobbe nel 2011 don Lorenzo, fino ai « gravi episodi » che lo convinsero a domandare la divisione e a scoperchiare piano piano una realtà fatta di soldi trasferiti in Svizzera, case rivendute per ripicca, prestiti di denaro contestati come vuoti a perdere, serrature cambiate e divergenze che non si possono addebitare a differenze di carattere tra i fratelli.
Comportamenti che ora disorientano, tanto più trattandosi del fustigatore dei vizi in Vaticano e degli abusi sessuali negli Usa. « Non ritengo più umanamente possibile continuare a sopportare le angherie di soggetti che fanno finta di indossare la pelle di agnelli dissimulando la loro vera natura di lupi», disse Lorenzo sette anni fa alludendo al fratello Carlo Maria, che nella lettera con cui a fine agosto ha attaccato Papa Francesco, colpevole a suo dire di essere rimasto inerme dinnanzi ai « comportamenti gravemente immorali » dell’arcivescovo Theodore McCarrick, accusa altri di essere lupi e di « dilaniare le pecore del gregge di Cristo» con la copertura ecclesiastica massima. « Con le persone che non hanno buona volontà, con le persone che cercano soltanto lo scandalo, che cercano soltanto la divisione, che cercano soltanto la distruzione, anche nelle famiglie: silenzio», ha accennato Bergoglio nell’omelia della domenica successiva, 2 settembre. Oggi c’è chi legge per nulla casuale quella parola, « famiglie » , pronunciata in ultimo.
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