Giovanni Malagò va alla guerra contro il governo al grido di “siete peggio dei fascisti”. Giorni di incontri e trattative non sono serviti a fermare la riforma dello sport firmata dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti (ma fortemente voluta dai 5 stelle) che ridimensiona il Coni. Così il n. 1 del Comitato olimpico prova a sobillare il suo mondo, sperando di far cambiare idea al governo.
L’idea che il Coni possa essere svuotato di denaro e potere, come previsto dalla manovra, in favore di una nuova società governativa (la Sport e salute Spa) fa impazzire Malagò: negli ultimi cinque anni è diventato il grande signore dello sport italiano; proprio non ci sta a fare “il becchino, il notaio”, come dice lui. Oggetto del contendere sono i soldi pubblici da distribuire alle Federazioni e ai grandi eventi: senza quei 400 milioni (gliene resterebbero appena 40 per l’attività istituzionale e la preparazione olimpica) la sua poltrona vale poco o nulla. Per questo medita anche l’addio: subito se la riforma dovesse andare a regime nel 2019 o alla fine del mandato, nel 2020. Intanto paragona i gialloverdi a Mussolini (“Persino il fascismo aveva rispettato la storia del Coni”) e si prende la standing ovation dei suoi sodali: “Non è una riforma dello sport, è una occupazione politica”. Parole che ovviamente non sono state apprezzate a Palazzo Chigi: “Quest’atteggiamento ci sorprende, l’autonomia dello sport non è in discussione. Molti sono con noi, andremo avanti”, la risposta dei sottosegretari Giorgetti e Valente, che seguono la riforma per conto di Lega e M5S.
In realtà il Consiglio straordinario del Coni ha prodotto un documento molto più conciliante, in cui si dà un generico mandato al presidente di “continuare il dialogo” con “l’obiettivo di preservare l’autonomia dello sport”: diversi membri hanno insistito perché fossero addolcite le espressioni più spigolose. Sarà perché il più preoccupato di tutti è proprio Malagò, che vede vacillare il suo impero. Mentre gli altri – soprattutto i presidenti più importanti, che con lui hanno rapporti complicati – un po’ sorridono per le disgrazie del rivale, un po’ già si preparano al nuovo corso. All’adunata mancavano quasi tutti i “big”: senza calcio, nuoto, tennis, pallavolo, basket, rugby – che guarda caso sono anche le Federazioni che non hanno bisogno delle prebende Coni per sopravvivere – la grande rivolta dello sport sembra un po’ più piccola. L’unico vero alleato contro la riforma potrebbe essere la riforma stessa: il progetto è chiarissimo, un po’ meno la sua attuazione. Bisogna modificare lo statuto, scrivere i nuovi criteri di finanziamento (per il 2019 continuerà a deciderli il Foro Italico), adeguare i contratti con aziende e dipendenti, trasformare la vecchia Coni servizi: ci vorrà tempo. E Malagò, che magari non è un grande generale, di sicuro è un ottimo temporeggiatore.