ECONOMIA
Il piano del governo
Mancano le coperture, si parla di manovra bis. Mini stretta sui contratti a termine
valentina conte roberto petrini,
roma
Il decreto dignità si sgonfia. Con buona probabilità la parte fiscale, quella più in bilico per le coperture, sarà stralciata. E la stretta sui contratti precari di molto addolcita, dietro le pressioni politiche dell’alleato leghista e le proteste di imprenditori grandi e piccoli. Così potrebbe scomparire l’abolizione dei contratti di somministrazione a tempo indeterminato. Ma riemergerebbero i voucher, definiti un anno fa dall’allora vicepresidente della Camera Luigi Di Maio come «una forma di schiavitù».
Per questi motivi, il decreto atteso per mercoledì è poi slittato lasciando spazio alla sola mini-proroga dell’obbligo di fatturazione elettronica per i benzinai. La questione sembra incagliata sui tavoli del Tesoro: i conti pubblici restano un tema critico tant’è che ieri a Bruxelles il premier Conte non ha escluso una “ manovra bis”. « Devo tornare in Italia, vedremo, parlerò con Tria.. » , si è limitato a rispondere. Anche se ambienti del Tesoro negano una richiesta in tal senso da Bruxelles per il 2018.
Una parola definitiva emergerà dai confronti tecnici in corso e dal vertice politico di lunedì. La parte fiscale traballa e potrebbe essere stralciata dal provvedimento. Già la Ragioneria aveva rilevato la mancanza di coperture certe in un decreto che vale qualche miliardo, ma chi conosce il ministero del Tesoro spiega che c’è anche un aspetto politico: di fronte ai problemi del Paese e alle ambizioni di governo, partire con misure “ minimaliste” che riguardano solo le partite Iva, non sarebbe un buon decollo.
L’aspetto cruciale sono le misure antievasione che il decreto, almeno nelle bozze circolate fino ad oggi, si propone di modificare: losplit payment, che evita la tentazione di evadere da parte dei fornitori della pubblica amministrazione, ha dato 1,8 miliardi nel 2015 e 2 nel 2016. Lo spesometro, che verrebbe alleggerito, è fondamentale per mettere insieme nella banca dati dell’Agenzia delle entrate le fatture in uscita e in entrata. Il redditometro, seppure poco usato, facilita gli accertamenti fiscali.
Anche il pacchetto lavoro brilla per contraddizioni. Vuole sradicare la precarietà. E per questo porta le proroghe da 5 a 4 nei 36 mesi di durata massima dei contratti a tempo determinato. Durata che non viene ridotta, nonostante i grandi Paesi come Francia, Spagna e Germania siano fermi a 24 mesi e noi al livello di Bulgaria e Romania. Il decreto rimette anche la causale - la motivazione dell’assunzione - a partire però dal secondo anno di rinnovo. Dimenticando che il 64% di questi contratti dura meno di 3 mesi (l’80% meno di un anno). Sono i fast jobs, la frontiera estrema del precariato, che gli statistici registrano come RB: rapporti brevi. Parliamo di 4 milioni di “lavoretti” su 6 milioni di contratti comunque a tempo ( dati 2016, ancora da aggiornare, impennati nel 2017 e 2018). E di questi 4 milioni, 1 milione dura un giorno, 300 mila tra due e tre giorni, un altro milione tra quattro e trenta giorni, quasi 850 mila tra uno e due mesi, 770 mila tra due e tre mesi.
« Dichiaro guerra alla precarietà », ripete il ministro del Lavoro Di Maio. Poi però non solo non intercetta i fast jobs, ma abolisce il contratto di somministrazione a tempo indeterminato ( che vale appena il 10% di tutta la somministrazione). E le attese norme per trasformare la « generazione abbandonata » dei rider - i ciclofattorini regolati dalle App che portano pasti a casa - in lavoratori dipendenti, prima appaiono in una bozza. Poi sfumano in un tavolo per scrivere « il primo contratto nazionale della gig economy », dietro la minaccia delle multinazionali del food delivery di abbandonare l’Italia.