30/6/2018
COMMENTI
Il commento
Andrea Bonanni
Vogliamo fatti, non parole, aveva dichiarato il premier Conte giovedì, entrando al vertice europeo di Bruxelles dedicato all’immigrazione.
Vogliamo fatti, non parole, ha dichiarato ieri alla fine dei lavori, dopo aver messo e ritirato un inutile veto, riconoscendo implicitamente che, al di là delle parole, di fatti ne sono arrivati ben pochi.
Ma poiché anche le parole hanno un peso, il vertice di ieri sancisce la vittoria politica degli xenofobi di Visegrad. L’Europa si chiude su se stessa. Spranga anche i confini marittimi condannando a morte migliaia di disperati (cento sono annegati solo ieri senza che i leader versassero una lacrima).
Disconosce l’operato dei volontari imbarcati sulle navi che salvano i naufraghi. Rinnega la propria vocazione umanitaria e, con essa, un pezzo della propria anima.
Quanto ai fatti, scarsi, inchiodano l’Italia all’isolamento politico a cui l’ha condannata l’aggressività del nuovo governo populista. Le vecchie regole di Dublino restano in vigore e con esse, come ha osservato Macron, gli oneri che incombono sul Paese di prima accoglienza, cioè l’Italia.
Il principio della redistribuzione obbligatoria dei profughi, che la Commissione aveva cercato di imporre su richiesta italiana, è definitivamente abbandonato e dimenticato, gettando una pesante ipoteca sulla prossima riforma delle regole del diritto di asilo. Ogni cooperazione in materia è affidata alla buona volontà degli Stati membri. Già non rispettavano le quote obbligatorie, figuriamoci come accorreranno spontaneamente in aiuto di un governo che considerano politicamente ostile.
A margine della questione migratoria, sempre attenendosi ai fatti, vale la pena di segnalare che il governo Conte ha sottoscritto senza fiatare il rinnovo delle sanzioni alla Russia, che era un obiettivo contro cui il programma di Lega e Cinque Stelle prevedeva una lotta senza quartiere. E ha anche approvato le raccomandazioni economiche che Bruxelles ha indirizzato all’Italia e che contemplano una manovra correttiva per dieci miliardi di euro nei conti pubblici del 2019. Con buona pace della coerenza.
Se l’Italia esce male da questo vertice, con la prospettiva di continuare a prendere non solo i migranti in arrivo dalla Libia, ma anche quelli che ci verrano rimandati dalla Francia e dalla Germania, l’Europa non ne esce certo meglio. Grazie al contributo determinante del nuovo governo italiano, che ha artificialmente drammatizzato la questione migratoria, l’ultradestra sovranista dei Paesi di Visegrad ha ottenuto la sua prima e indiscutibile vittoria politica. Il documento conclusivo riconosce che «gli ingressi illegali nell’Unione europea sono diminuiti del 95 per cento rispetto al picco del 2015 » . Ma nonostante questo affronta il problema come se si trattasse di una gravissima emergenza, più importante della guerra commerciale dichiarataci da Trump o del completamento dell’Unione monetaria, che viene rinviato al vertice di dicembre.
E la logica che prevale, la strategia a cui i capi di governo sembrano ispirarsi, è quella di una chiusura totale delle proprie frontiere, sia terrestri sia marittime. Polacchi e ungheresi esultano, e con ragione. Se il populismo è la strumetalizzazione di paure irrazionali, di pericoli spesso non reali, per capitalizzare consenso politico, non poteva ottenere successo più grande. Anche Paesi che finora avevano tenuto alti i valori umanitari su cui fu fondata l’Europa, come la Francia, il Belgio o la Germania, si allineano alle paure artificiali fomentate dal fronte nazional-populista. Merkel, del resto, deve fare i conti con la destra del proprio partito e degli alleati bavaresi. Macron è incalzato nei sondaggi dal Front National di Marine Le Pen. L’idea puramente illusoria che un fenomeno epocale come quello migratorio possa essere risolto allontanando le navi dei soccorritori dalle coste libiche e condannando i naufraghi ad affogare viene accreditata come una soluzione percorribile. L’unico gesto sensato deciso ieri è lo sblocco di cinquecento milioni da destinare allo sviluppo del Nord Africa: una goccia di solidarietà in un mare di egoismo narcisista.
È vero che la politica europea ha sempre previsto la necessità di respingere i migranti illegali e di dare asilo solo ai profughi che ne avessero diritto. Ma il salto di qualità negativo che si è registrato al vertice di ieri è nello spirito che traspare dal comunicato finale. Uno spirito persecutorio, che vede il profugo economico come un male da debellare a tutti i costi, un nemico da rinchiudere in centri di custodia in attesa dell’espulsione.
Se si vuole, sono lo spirito e la logica di Salvini. Che avrebbe tutti i motivi per rallegrarsi degli esiti del vertice di ieri. Ma il leader leghista ha in realtà ben poco da festeggiare. La logica degli egoismi nazionali, che ha trionfato a Bruxelles, finisce infatti per penalizzare solo e soprattutto l’Italia. Toccherà al ministro dell’Interno negoziare la riammissione dei migranti illegali che abbiamo lasciato partire verso un Nord Europa che ora chiude le frontiere. Toccherà a lui creare i centri di detenzione in cui si ingolferanno i nuovi arrivati che continueremo a doverci tenere. Toccherà a lui gestire, se ci riuscirà, le espulsioni delle decine di migliaia di irregolari che già affollano il nostro Paese. E se non peseranno sulla sua coscienza i morti che la nuova Europa-fortezza lascerà annegare nel Canale di Sicilia, certo peserà l’ironia di una svolta tanto fortemente voluta e che ora si ritorce contro di lui. Tutto questo, beninteso, con la piena solidarietà dell’Europa. A parole. I fatti, Conte e Salvini li aspettavano prima del vertice. E li stanno aspettando dopo il vertice. E continueranno ad aspettarli ancora per molto, molto tempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli egoismi nazionali, trionfanti a Bruxelles, finiscono per penalizzare il nostro Paese. Su Matteo Salvini peserà l’ironia di una svolta sui migranti tanto voluta e che ora si ritorce contro di lui