10/6/2018
COMMENTI
Bucchi
L’editoriale
Eugenio Scalfari
Sulla carta la maggioranza politica che sostiene il governo Conte è molto forte proprio perché non è omogenea, a parte il cosiddetto contratto e a parte la curiosa circostanza che il premier non fa parte del Parlamento. Quella del resto non è una novità: neanche Renzi faceva parte del Parlamento, eppure era capo del governo e segretario del suo partito. L’attuale e disomogenea maggioranza è formata dalla Lega di Salvini e dai Cinque Stelle di Di Maio. La somma arriva attorno al 50 per cento del corpo elettorale che è andato alle urne. Ci sono, poi, Forza Italia col 14 per cento e Fratelli d’Italia con il 4 per cento. Nel centrosinistra il residuo è formato dal 19 per cento del Partito democratico e da un 5 per cento di vari rimasugli raggruppati: i radicali della Bonino, Liberi e Uguali di Grasso, Bersani e D’Alema.
Più altre frattaglie pressoché invisibili. Che cosa tiene insieme quel circa 50 per cento della maggioranza? Un solo ma fondamentale elemento: il potere. Elemento basilare per tutto il genere vivente, dagli alberi ai fiori, ai cani, ai cavalli, ai leoni, alle tigri, ai cervi, alle aquile, ai passeri, ai pesci, agli squali, alle farfalle, alle formiche e via dicendo.
Il potere anima tutte le specie viventi, che per esistere e riprodursi hanno bisogno di acqua, di aria, di cibo, di riproduzione, sono prede e al tempo stesso predatori.
Ma la nostra specie si distingue da tutte le altre per un solo ma fondamentale elemento che si chiama Io.
L’Io è la consapevolezza di esistere e di dover morire ed è anche la coscienza del sé, la facoltà di auto-giudicarsi mentre si vive e si opera. Di solito l’auto-giudizio è positivo perché l’Io ama se stesso più d’ogni altra cosa e persona; ma, sia pure assai di rado, l’auto- giudizio è negativo. Se fosse sempre negativo dimostrerebbe una mente vacillante oppure orgogliosa di sé per il coraggio di darsi torto. Insomma, tra gli animali di cui facciamo parte siamo il più complicato di tutti.
*** Torniamo ai fatti nostri, di natura politica. Se esaminassimo la diversa storia, i diversi obiettivi, la diversa natura dei programmi, del carattere dei leader, degli interessi pubblici e privati dei loro seguaci, vedremmo rilevanti diversità, capaci di metterli gli uni contro gli altri. Potrà anche accadere in futuro, ma non certo in questa fase dove la necessità di usare il potere predomina su tutte le altre. Questo, almeno per ora, non solo li unisce ma fa concepire scenari di tale importanza da attrarre i loro seguaci e abbattere tutti i loro avversari.
Lo scenario che circola in questi giorni è fantasmagorico: l’ipotesi di base è che l’attuale governo e l’attuale maggioranza durino quattro anni, cioè fino al 2022. In quell’anno scade il mandato dell’attuale presidente della Repubblica e il Parlamento deve eleggerne uno nuovo. Se l’attuale maggioranza è ancora in piedi, sarà lei a votare il nuovo capo dello Stato. Per sette anni di mandato. La scelta non sarebbe facile proprio perché l’attuale maggioranza è, come abbiamo già detto, disomogenea. Ma la scelta d’una personalità malleabile, buona per tutti gli usi e magari con poteri alquanto diminuiti da un’opportuna riforma costituzionale, spianerebbe la via. A quel punto l’attuale maggioranza diventerebbe un regime.
Vi ricordate il Re Vittorio Emanuele III di Savoia? A partire dal 1936, dopo le nuove conquiste effettuate, Mussolini gli aveva attribuito la carica di Re d’Italia e d’Albania e Imperatore d’Etiopia. Lui era rimasto Duce. E nel linguaggio dell’antica Roma, Duce era il massimo: il potere concentrato nelle sue mani, non in quelle del Re, qualunque fosse la sua denominazione.
È poi vero che nel 1943 il Duce si ritrovò con i suoi gerarchi contro: il Re lo considerò dimissionario e lo fece imprigionare; ma queste vicende furono determinate dalla guerra perduta proprio in quei giorni, con gli eserciti nemici che stavano conquistando l’Italia.
Torniamo ai nostri. Se il loro governo durerà quattro anni, eleggeranno il nuovo presidente della Repubblica e per altri sette anni avranno in mano anche il Quirinale. È possibile che eventi del genere si siano impadroniti della loro fantasia? E quale sarebbero le conseguenze per il nostro Paese?
*** Il nostro, quali che siano le opinioni e i programmi dei partiti e dei cittadini elettori, è un Paese europeo e quindi occidentale perché l’Europa fa parte dell’Occidente, anzi ha contribuito a fondarlo, come pure l’America del Nord, del Centro e del Sud. Ma ciò che si sta sfaldando è proprio l’America. Da quando – ormai da un anno – Donald Trump è alla testa degli Usa la politica americana è profondamente cambiata. Trump sta affrontando con coraggio politico una sorta d’amicizia con la Russia e anche con la Cina e la Corea del Nord.
L’Europa nella politica americana è una sorta di scatola dentro la quale c’è qualche biscotto che si può mangiare con piacere ma non di più.
In una società globale contano gli Imperi e quindi gli Usa, la Russia e la Cina. L’Europa non è un Impero, ma un miscuglio senza guida. Semmai, in Asia bisogna tener d’occhio la Malesia, la Birmania e il Giappone. Ma siamo ai giocattoli. I veri Imperi sono quei tre: Usa, Russia, Cina. Il futuro è lì, nelle loro armate, nella loro tecnologia, nella loro ricchezza. Quanto alla popolazione, però, la differenza è notevole: gli Usa hanno pochi abitanti rispetto a Cina e Russia. Ma questo non preoccupa Trump, non è il numero demografico che conta ma la potenza e la ricchezza. E queste l’America le ha, come e più degli altri. Questo è ciò che veramente conta o almeno Trump la pensa così e forse vede giusto.
Anche l’Europa, se lo volesse, sarebbe un Impero. Avrebbe addirittura tutte le carte per essere il primo, non per numero della popolazione ma per potenza, ricchezza e, aggiungo, per cultura e per storia. Le Americhe del Nord e del Sud sono storicamente appendici dell’Europa ed è stato così dal Cinquecento all’Ottocento. Per tre secoli le Americhe sono state inglesi, spagnole, francesi, irlandesi e anche italiane. Insomma europee. Ma l’Europa non è mai stata unita: sempre divisa, sempre dilaniata da guerre di potere, di classe, di religione. L’Europa ha avuto degli Imperi: quello spagnolo, quello inglese e perfino quello portoghese. E dove erano questi Imperi? Nella più gran parte erano costituiti dall’America. Ma erano Imperi di singole nazioni europee, non dell’Europa in quanto tale. L’Europa in quanto tale c’è stata soltanto nell’antica Roma e in particolare nell’epoca dei cosiddetti “Antonini” da Traiano a Marco Aurelio.
Quella fu l’Europa della potenza e anche dei diritti civili, della lingua dominante, della cultura. Aveva come centro geografico e politico il Mediterraneo in tutta la sua estensione che aveva Roma come punto geograficamente, politicamente e culturalmente centrale.
Queste vicende bisognerebbe ricordarle ed operare di conseguenza, ma non mi pare che sia così e che l’Europa si muova in questa direzione. E non parliamo dell’Italia di Salvini e di Di Maio: razzisti e populisti.
Mussolini fu anche lui razzista e populista. I nostri attuali governanti parleranno mai dal balcone di Palazzo Venezia? Di Maio certo no; Salvini, forse, una tentazione l’avrebbe, l’Europa democratica non fa per lui. Però adesso c’è anche Conte. Se fosse coraggioso, Conte sarebbe un’edizione del tutto diversa dai suoi due padroni. Questa, sì,sarebbe una vera novità, ma gli elettori sarebbero disposti a cambiare cavallo?
Quelli che la pensano come noi il cavallo lo vorrebbero di tutt’altra natura. Nel Partito democratico ne esistono in abbondanza ma da tempo non corrono più. Ora sarebbe venuto il momento: per l’Italia e per l’Europa. Bisogna riprendere la battaglia e combattere per salvare il Paese e il Continente del quale facciamo parte. Salvarli dal razzismo e dal populismo con l’obiettivo di tornare ad avere una democrazia moderna e rivolta al bene del popolo. Svegliatevi dal sonno e tornate in campo per riconquistare i diritti civili, sociali e politici. Il momento del confronto è arrivato, non ve lo fate sfuggire.