MONDO
In Spagna crisi parallela a quella di Roma
Il premier ha sottovalutato corruzione e insofferenze delle regioni. Ha deciso di non dimettersi, oggi la sfiducia
omero ciai,
Dal nostro inviato
madrid
La Spagna volta pagina con l’approvazione, nella mattinata di oggi, di una mozione di sfiducia contro il presidente Mariano Rajoy grazie alla quale l’avversario più forte in Parlamento, il leader socialista Pedro Sánchez, diverrà il nuovo capo del governo. Sarà la prima volta che questo accade dal ritorno della democrazia nel 1977. In passato altre tre mozioni di sfiducia erano state sconfitte dal governo in carica. Attorno a Sánchez, che formerà un esecutivo di minoranza monocolore, s’è aggregata una compagine variopinta che va dalla sinistra radicale, Podemos, ai partiti nazionalisti regionali, catalani, baschi, e delle Canarie. Difficile che abbia una lunga vita il governo ma colpisce che nella nuova maggioranza ci siano le due formazioni catalane ( Esquerra republicana e PDeCat) che hanno combattuto, con il referendum illegale di autodeterminazione, la battaglia più dura contro Rajoy. La sua caduta è un po’ anche la loro vendetta. Consumata mentre a Barcellona nasce un nuovo governo indipendentista e viene ritirato il commissariamento.
In teoria cambia tutto lo scenario delle relazioni tra Madrid e le altre due comunità nazionali storiche della Spagna, baschi e catalani appunto. Sia il Psoe di Sánchez che Podemos di Pablo Iglesias hanno un atteggiamento più dialogante. Difendono, al contrario di Rajoy (e di Albert Rivera di Ciudadanos), “la Spagna delle Nazioni” che deve esser capace di includere senza opprimerle le altre nazionalità della penisola. È il nuovo mood,lo stato d’animo, che ha costretto anche il partito nazionalista basco, l’ultimo e determinante gruppo politico ad aggregarsi alla mozione, a scegliere di votare contro Rajoy soprattutto in solidarietà con i catalani.
Il premier aveva una scorciatoia per evitare di cedere il potere a Sánchez, quella di dimettersi e restare in carica per gli affari correnti, in attesa che il re Felipe indicasse un altro premier o si arrivasse alla convocazione del voto anticipato. Ma Rajoy ha preferito non utilizzarla. Anche perché in questo momento l’unico leader che può avere vantaggi da un voto è un avversario nel suo stesso campo politico, Albert Rivera, il Macron iberico. In quest’ultima settimana Rajoy ha commesso due errori che alla fine sono risultati fatali. Il primo è stato sottovalutare l’effetto della sentenza dello scandalo Gürtel, una rete di corruzione politica sulla quale dieci anni fa iniziò a indagare il più famoso, ma ormai ex, giudice spagnolo, Baltasar Garzón, quello del mandato di cattura internazionale contro Pinochet a Londra. Rete nella quale, tra gli altri, c’era il tesoriere del partito popolare, Luis Barcenas, che nei suoi taccuini annotava gli stipendi in nero che ogni mese dava cash a un certo signor “ M. Rajoy”. La sentenza, durissima, ha fatto esplodere la crisi giustificando la mozione di sfiducia. L’altro errore è stato non capire che alla fine i baschi, un po’ spaventati ma molto infastiditi dall’intransigenza con la quale il governo di Madrid aveva affrontato la crisi catalana, gli avrebbero voltato le spalle regalando a Sánchez i cinque voti decisivi.
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