mondo
L’anticipazione.
In “Collusion” il racconto dei 16 “memo” che svelano il complotto tra Mosca e Washington con squillo, ricatti, intercettazioni e affari
LUKE HARDING
STEELE si era imbattuto in una cospirazione allo stadio avanzato che andava oltre qualunque cosa avesse scoperto ai tempi di Litvinenko o della Fifa. Si trattava del complotto più ardito che avesse mai visto, e coinvolgeva il Cremlino e Trump. Secondo le fonti di Steele, le loro relazioni risalivano a molto tempo prima e da almeno cinque anni l’intelligence russa aveva coltivato Trump in segreto. Il successo dell’operazione era andato oltre ogni più rosea aspettativa di Mosca: non solo Trump aveva rovesciato il dibattito politico in America — gettando il caos e la confusione ovunque andasse, e vincendo la nomination — ma c’era la concreta possibilità che diventasse il prossimo presidente. E questo apriva ogni sorta di intriganti opzioni per Putin.
A giugno 2016, Steele scrisse il suo primo memo e lo mandò per posta elettronica cifrata. Il titolo diceva: “Elezioni presidenziali americane: attività del candidato repubblicano Donald Trump in Russia e relazioni compromettenti con il Cremlino”. Nel testo si leggeva: — Il regime russo ha coltivato e sostenuto Trump per almeno 5 anni. Lo scopo, avallato da Putin, era quello di incoraggiare i dissidi e le divisioni nell’alleanza occidentale.
— A oggi, Trump ha rifiutato diversi affari immobiliari offertigli in Russia, dei contentini volti a rafforzare il rapporto con il Cremlino. Tuttavia, lui e la sua cerchia più ristretta hanno accettato un regolare flusso di intelligence dal Cremlino, incluse informazioni sui suoi rivali democratici e di altri schieramenti politici.
— Gli ex vertici dell’intelligence russa affermano che l’Fsb ha compromesso Trump per via delle sue attività a Mosca in misura tale da poterlo ricattare. Secondo diverse fonti attendibili, la sua condotta a Mosca lo ha visto — tra le altre cose — protagonista di atti sessuali perversi, che sono stati organizzati/monitorati dall’Fsb.
— Da anni i servizi russi raccolgono un dossier di materiali compromettenti su Hillary Clinton, che comprende intercettazioni ambientali durante i suoi viaggi in Russia e telefonate, più che notizie su una condotta imbarazzante. Il dossier è controllato dal portavoce del Cremlino, Peskov, su ordine diretto di Putin. Tuttavia, non è ancora stato distribuito all’estero, nemmeno a Trump. Le intenzioni della Russia sul suo utilizzo non sono ancora chiare.
Il memo era clamoroso. Ce ne sarebbero stati altri, 16 in tutto, inviati tra giugno e l’inizio di novembre 2016. Sulle prime, ottenere informazioni da Mosca fu relativamente facile. Per sei mesi Steele riuscì a fare indagini in Russia con abbastanza agio. Dalla fine di luglio, quando i legami di Trump con la Russia iniziarono a essere passati al vaglio, le cose si fecero più complesse. Poi si spensero i riflettori. Con la copertura del Cremlino, le fonti si zittirono e i canali di informazione si chiusero.
Se i report di Steele erano affidabili, Trump era colluso con la Russia e aveva stretto accordi di reciproco interesse e vantaggio. Secondo i report, Trump aveva rifiutato «diversi lucrosi affari di sviluppo immobiliare in Russia», soprattutto in relazione con il campionato mondiale di calcio del 2018 ospitato da Mosca. Era stato però pronto ad accettare un flusso di materiale di intelligence proveniente dal Cremlino, a quanto pareva consegnatogli dai suoi più stretti collaboratori. Questo non significava necessariamente che il candidato fosse un agente del Kgb, però indicava al di là di ogni dubbio che la principale agenzia di spionaggio russa aveva profuso uno sforzo considerevole per avvicinarsi a Trump e, per estensione, alla sua famiglia, ai suoi amici, ai soci e ai partner d’affari più vicini a lui, per non parlare del direttore della campagna elettorale e del suo avvocato personale.
Secondo le fonti di Steele, nell’imminenza delle elezioni americane che avrebbero avuto il maggior impatto per generazioni, uno dei due candidati era compromesso. Il memo lasciava intendere che Trump avesse inclinazioni sessuali inconsuete. Se fosse stato vero, significava che era ricattabile.
I collaboratori di Steele non furono parchi di dettagli salaci. Si diceva che l’intelligence russa avesse cercato di sfruttare «le personali ossessioni e perversioni sessuali di Trump» durante un viaggio che quest’ultimo aveva compiuto a Mosca nel 2013. A quanto pareva, l’operazione aveva funzionato. Il tycoon aveva prenotato la suite presidenziale del Ritz-Carlton hotel, «dove sapeva che il presidente e la signora Obama (che lui odiava) avevano alloggiato durante le visite ufficiali in Russia». Una volta lì, sosteneva il memo, Trump aveva deliberatamente «profanato » il letto in cui avevano dormito gli Obama. Alcune prostitute «avevano eseguito “la pioggia dorata” (urinato) davanti a lui». E ancora: «Era noto che l’hotel fosse sotto il controllo dell’Fsb, che aveva collocato microfoni e microcamere in tutte le stanze principali per registrare tutto ciò che volevano».
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