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Il villaggio è sequestrato e ora il proprietario chiede pure i danni

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CRONACA
Camaldoli.
La sfida infinita sulla struttura turistica da 53 mila metri quadri nella collina napoletana

DARIO DEL PORTO
NAPOLI.
La burocrazia certe volte rischia di fare più danni del cemento abusivo. Perché un muro si può abbattere, mentre diventa molto più difficile sbrogliare la matassa di norme che finisce per confondere, sovrapponendoli, torti e ragioni. Da qui bisogna partire per raccontare la storia del braccio di ferro amministrativo e giudiziario che, da una quindicina d’anni anni almeno, ruota attorno al complesso turistico- residenziale Casale da Padeira.
L’opera sorge sulla collina napoletana dei Camaldoli, con tanto di affaccio verso il mare. Ma si tratta di una zona che, nella ricostruzione della Procura, è sottoposta a vincolo paesaggistico e archeologico, è considerata a “protezione integrale”, fa parte del piano territoriale di Agnano-Camaldoli e pure del parco metropolitano delle colline di Napoli. Ciò nonostante, i lavori sono iniziati nel 1982, lì dove fino ad allora c’era solo un bosco, con la realizzazione del nucleo centrale, sono proseguiti tranquillamente nel 1996 con ulteriori costruzioni per poi culminare, nel 2002, con opere di urbanizzazione come impianti fognari, impianti elettrici, strade di collegamento, aiuole. Nel tempo si sono susseguiti almeno 40 interventi delle forze dell’ordine su singoli episodi, violazioni dei sigilli e ordinanze di demolizione emesse senza però mai essere eseguite dall’amministrazione comunale. Così la costruzione si è estesa progressivamente, con sbancamenti, terrazzamenti, piscine, parcheggi e il complesso turistico pubblicizzato on line.
Il 28 novembre 2012 è scattato il sequestro preventivo chiesto dalla Procura, che con il vicario Nunzio Fragliasso e il pm Lucio Giugliano sta seguendo con grande impegno la vicenda. I sigilli sono tuttora apposti a un’area di 53 mila quadri dove risultano realizzati un edificio di oltre 1200 metri quadri, in parte adibito a panificio, uffici, abitazioni private e manufatti non residenziali fra cui tre piscine e un centro benessere. Il 10 ottobre 2013, è iniziata la demolizione su iniziativa congiunta della Procura e della Procura generale. L’abbattimento ha interessato però solo una parte della struttura. Sulla base di due sentenze, che hanno giudicato come abusive le opere perché realizzate su proprietà comunale, sono andati giù una particella dell’immobile destinato al panificio di 250 metri quadri, una mansarda di 200 e un appartamento attiguo di 80 metri quadri.
Tutto il resto è ancora in piedi. Non vi è una confisca definitiva. La procedura per l’acquisizione in via amministrativa del bene al patrimonio comunale non è terminata. Il processo penale per l’ipotesi di lottizzazione abusiva, iniziato nel 2014, dopo tre anni è ancora in primo grado e rischia seriamente di prescriversi prima della sentenza d’appello. E adesso su questa storia infinita si è inserito un giudizio civile. L’amministratore della “Casale da Padeira sas”, Crescenzo Polverino (che, come più volte evidenziato dai suoi legali, «non ha alcun collegamento con l’omonimo clan camorristico») sta dando battaglia in sede penale, contestando la sussistenza degli abusi edilizi configurati dalla Procura, ma ha anche chiesto oltre un milione di risarcimento al Comune di Napoli, custode dei beni sequestrati, e al ministero della Giustizia.
L’atto di citazione è del 12 maggio 2016. Sulla scorta di un accertamento tecnico autorizzato dal giudice, Polverino vuole essere risarcito per i danni arrecati ai beni mobili, alle aree verdi e alle attrezzature del panificio che si sarebbero deteriorate perché rimaste inutilizzate. Sarà il tribunale a decidere se la domanda è fondata, l’imprenditore però, nella veste di proprietario, aveva tutto il diritto di intraprendere quest’azione. Una quindicina d’anni, infatti, non sono bastati per chiudere, in un senso o nell’altro, il braccio di ferro su “Casale da Padeira”. Anzi, il tempo ha finito per moltiplicare il contenzioso. Perché certe volte, davvero, la burocrazia fa più danni del cemento abusivo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INTERVENTO
Il sequestro di una parte della struttura residenziale di Camaldoli con le prime opere di demolizione partite il 10 ottobre del 2013

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