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Narcotraffico e corruzione: 80 alti funzionari nel mirino degli Usa per arricchimento illecito
OMERO CIAI
COMUNQUE vada a finire la drammatica vicenda del Venezuela un aspetto che non si può trascurare è la sterminata corruzione degli anni del chavismo e il perlomeno sospetto arricchimento di molti funzionari che sono stati colpiti dalle sanzioni del governo americano per le loro proprietà negli Stati Uniti. I cosiddetti “boliborghesi”, la nuova borghesia cresciuta nell’ultimo ventennio, all’ombra di Chávez e di Pdvsa, la holding petrolifera usata come un bancomat dal governo bolivariano, hanno acquistato proprietà, soprattutto in Florida, aperto conti correnti in banche Usa, spesso attraverso prestanomi, inviato in vacanza i propri figli. D’altra parte, nonostante le accuse e una violentissima propaganda incrociata, il Venezuela nel ventennio chavista ha continuato ad avere proprio gli Stati Uniti come uno dei suoi principali soci commerciali, ossia il destino di 740mila barili di greggio al giorno, circa un 35% della produzione totale.
Secondo il dipartimento americano del Tesoro, il più importante affarista venezuelano con conti correnti e soprattutto immobili negli Stati Uniti è l’attuale vicepresidente a Caracas Tareck el Aissami. «Centinaia di milioni di dollari», dicono gli americani, in proprietà in Florida intestate ad un suo braccio destro, José Lopez Bello, che controlla anche una rete di aziende con sedi negli Stati Uniti, a Panama, in Gran Bretagna e alle Isole Vergini. Il sospetto del governo americano è che i fondi di El Aissami siano frutto del narcotraffico, di pagamenti ricevuti per facilitare il passaggio in Venezuela della cocaina colombiana, e della corruzione, motivo per cui sono stati congelati tutti i beni a lui riconducibili. Alle sanzioni di Washington El Aissami ha risposto così con un tweet del 14 febbraio di quest’anno: «Ricevo questa miserabile e infame aggressione come un riconoscimento della mia condizione di rivoluzionario antimperialista. Vinceremo».
Ma El Aissami non è il primo vicepresidente con investimenti sospetti negli Stati Uniti. Nel 2006 beccarono José Vicente Rangel, all’epoca vice di Chávez, che risultava proprietario di conti correnti bancari, di un appartamento a Manhattan, tre case a Miami, e di otto auto di gran lusso. Altri personaggi noti per avere proprietà negli States sono l’ex presidente di Pdvsa, Rafael Ramirez, e Maikel Moreno, attuale presidente del Tribunale supremo venezuelano, quello che esautorando il Parlamento dominato dall’opposizione ha acceso la minaccia delle proteste. Moreno è nella lista dei circa 80 alti funzionari venezuelani sanzionati dal governo americano nell’ultimo anno e mezzo. Ma è stato fortunato perché ha sposato una giovane modella di origini italiane, che ufficialmente risiede a Lucca. Grazie alla moglie, Debora Menicucci, Moreno avrà sicuramente già trasferito i suoi risparmi e si dice stia cercando di ottenere la nazionalità italiana.
Anni fa, i funzionari chavisti ottenevano il visto di residenza negli Stati Uniti grazie agli investimenti, minino 500mila dollari. Per questo il governo americano ha scelto finora la formula delle sanzioni selettive, ad personam, per colpire gli alleati di Maduro e congelare le loro proprietà, almeno in America. Secondo un calcolo per difetto l’ammontare dei fondi sottratti dalla corruzione a Pdvsa e allo Stato venezuelano negli ultimi venti anni supera i 300 miliardi di dollari.
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Il vicepresidente Tareck el Aissami liquida le accuse: “Aggressione a un rivoluzionario”
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