CULTURA
Alle origini del vincolo razziale fra la cittadinanza e il suolo
ROBERTO ESPOSITO
Da tempo siamo sottoposti a una scelta secca tra sangue e suolo. A determinare la cittadinanza di soggetti di provenienza straniera deve essere il sangue, vale a dire la discendenza da almeno un genitore già cittadino del nuovo Paese o il suolo, cioè il semplice fatto di essere nati in quel territorio? Benché alcuni Paesi adottino una legislazione mista, i principi che guidano questa opzione sembrano chiari e alternativi. Da un lato l’assunzione della linea ereditaria che si trasmette di padre in figlio, dall’altro l’idea che ogni individuo possa liberamente accettare le leggi vigenti dello Stato in cui è nato. I motivi di civiltà che inducono a scegliere lo ius soli, se soddisfatte alcune condizioni, sono evidenti. Che le prerogative – colpe o meriti che siano – dei padri ricadano sui figli è un principio arcaico spazzato via dalle legislazioni moderne. Gli Stati nazionali, per quanto anche espressivi dalle caratteristiche storico-antropologiche dei rispettivi popoli, hanno una conformazione politica del tutto indipendente dalla provenienza etnica degli abitanti. Non per nulla la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d’America, formata fin dall’inizio da cittadini di provenienza diversa, è da sempre schierata a favore dello ius soli.
Un esperimento di eugenetica |
Mentre l’incertezza tra i due principi, nei Paesi europei, nasce da una storia più complessa, segnata a lungo dalla presenza di possedimenti coloniali in cui la componente etnica ha giocato un ruolo non secondario.
Ma nella discussione in corso, troppo schiacciata sull’attualità, non si è data sufficiente attenzione al fatto che la stessa distinzione tra sangue e suolo è una conquista recente, che nasce dalla vittoria delle democrazie sul nazifascismo. Questo non soltanto non la riconosceva, ma legava sangue e suolo in un vincolo razziale da cui faceva discendere tutta la sua politica interna ed estera. Una ricostruzione estremamente accurata è in un volume di Paolo Lombardi e Gianluca Nesi,
Sangue e suolo (All’Insegna del Giglio). In realtà ricerche sulle origini misteriche e occultistiche del nazismo non sono nuove – basti pensare in Italia ai lavori di Giorgio Galli, come il recente Hitler e la cultura occultista (Rizzoli, 2013). Quanto al rilievo della mistica del sangue sulla corruzione del lessico concettuale tedesco il saggio di Jean Chapoutot, La legge del sangue. Pensare e agire da nazisti (Einaudi), fornisce ampio materiale. Ma lo spazio ancora insondato che il volume di Lombardi e Nesi riempie è proprio quello che, nella ideologia nazista, stringe in un unico nodo sangue e suolo – proprio ciò che nel dibattito attuale sul conferimento della cittadinanza si vorrebbe sciogliere.
Gli autori ricostruiscono la formazione della concezione nazista, già profilata nel primo testo di Hitler del 1925, Una resa dei conti, poi confluito nel Mein Kampf , oggi leggibile in italiano nella accurata edizione di Vincenzo Pinto (Free Ebrei). Essa affonda le radici in una serie di idee e simboli deliranti ed incoerenti, che tuttavia costituirono un sfondo fuori dal quale è difficile spiegare l’ampio consenso di cui godette il regime. Al centro vi è il nesso saldissimo tra sangue e suolo, fondato da un lato sulla nazionalizzazione del sangue e dall’altro sulla biologizzazione del suolo. Parlando di “spazio vitale”, i nazisti rovesciavano un’intera tradizione giuridica, di matrice romana, conferendo al loro territorio gliattributi di un organismo vivente in necessaria espansione. Soltanto la purificazione del sangue tedesco, con l’eliminazione di quello che lo avvelenava, avrebbe garantito il dominio di uno spazio imperiale dalla Manica agli Urali. Come il suolo doveva essere irrorato dal sangue di coloro che lo abitavano, così il sangue puro della razza superiore faceva tutt’uno con la terra lavorata dai contadini-guerrieri di stirpe germanica.La vita dei tedeschi era ciò che fecondava quella terra, come le piante che vi crescevano. Diversi tra i capi nazisti, come Walther Darrè– già autore di La nuova nobiltà di sangue e suolo (Ritter 2010) – e Himmler, venivano da studi di agraria. Chi sapeva modificare i frutti di un albero poteva modificare anche segmenti della specie umana.
La stessa avanzata della Wehrmacht a est, travolgente fino alla battaglia di Stalingrado, è stata concepita nel segno del vincolo insolubile tra terra e sangue. La pianificazione dell’Europa nazista, progettata nel 1940 e portata avanti fino al 1943, distruggendo milioni di vite umane, prevedeva la costituzione di tre grandi spazi, funzionali alla potenza del Reich: un primo cerchio, di sangue purissimo, corrispondente ai territori di lingua tedesca della Mitteleuropa; un secondo cerchio, di sangue misto da purificare, costituito dai territori un tempo colonizzati dai popoli germanici poi andati perduti; e un terzo cerchio, formato da nazioni che sarebbero state attratte nell’orbita economica tedesca, come l’Ucraina. Questi sarebbero stati i confini del Reich millenario, diviso, attraverso un saldissimo muro di sangue, dai territori più orientali, integralmente schiavizzati. L’idea di fondo che orientava questo folle piano era che il suolo diventa ciò che è il sangue di chi lo calpesta se viene ricostruito intorno al valore biologico che questo esprime.
A questo punto restano aperte due questioni. La prima è quella che lega il piano di espansione a est al genocidio. Benché al processo di Norimberga tale nesso non fu stabilito e i responsabili del piano non vennero condannati, il genocidio è insieme il presupposto e l’esito della politica estera di Hitler, come si desuma facilmente dal fatto che in tutti i calcoli numerici sulle popolazioni da insediare o spostare, manca esattamente il numero di Ebrei effettivamente eliminati. L’altro punto è che nell’attuale unità europea, realizzata sotto l’egemonia economica della Germania, naturalmente in un orizzonte totalmente diverso da quello nazista, si potrebbe intravedere almeno qualcosa di quel progetto. Ma si sbaglierebbe, dal momento che nell’ambizione egemonica nazista l’economia, e perfino la politica, erano sempre subordinate alla differenza di sangue. È un ulteriore motivo per noi della scelta per lo ius soli, libero dal legame col sangue, nel conferimento della cittadinanza in Europa.
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La ricostruzione dei presupposti ideologici nel saggio di Paolo Lombardi e Gianluca Nesi Lo “spazio vitale” e la purezza della razza diventano funzionali alla potenza del Reich