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Né di destra, né di sinistra così Di Maio e Di Battista sdoganano il regime

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politica e società
Il racconto.
Il Movimento si dichiara post-ideologico e nel tentativo di cancellare il passato rottama anche l’antifascismo I complimenti di Grillo a CasaPound e la riabilitazione di Almirante

SEBASTIANO MESSINA
Tre anni fa, solo tre anni fa, sul blog di Grillo si poteva leggere un post firmato dall’attivissimo militante milanese Mattia Calise che diceva chiaro e tondo: «Il M5S è antifascista». Poi, però, le cose sono cambiate, e queste parole nette sono ammuffite di colpo, frettolosamente sepolte dalla nuova teoria esposta dai proconsoli del movimento alla Camera, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, e benedetta da Grillo in persona: l’antifascismo e il fascismo non esistono più. Sono svaniti, spariti, evaporati. Si sono dissolti nell’aere come polveri di mummia, appena il Movimento ha aperto il sarcofago.
Non è la negazione della storia – operazione troppo complessa per chi ancora fatica con la geografia e la sintassi - ma il sotterramento veloce del passato per sostituirlo con un presente dove il campo della politica non è più diviso tra destra e sinistra, ma tra “noi” e “loro”, tra i grillini e tutti gli altri.
Alessandro Di Battista l’ha messo nero su bianco, nel suo libro «A testa in su». Quando racconta di suo padre - che ancora oggi si dichiara orgogliosamente «fascista», e lo portò ragazzo sul gommone a insultare D’Alema ormeggiato con la sua barca a Corfù – “Dibba” sostiene che «parlare oggi di destra e sinistra, di fascismo e di comunismo, sia un regalo enorme al sistema ». Al sistema? Già, perché «il sistema ci ha sempre controllato, con l’arma della distrazione ». Dunque ci sarebbe lo zampino diabolico del Sistema, che naturalmente non è di destra né di sinistra ma è sempre stato il bersaglio di tutti i ventenni, di destra e di sinistra, nei cortei degli antifascisti e nei saluti romani dei nuovi fascisti.
E la libertà, la democrazia, la tolleranza, il pluralismo culturale, insomma tutto ciò che ha sempre diviso i nostalgici del duce dagli eredi dei partigiani? Roba ormai superata: oggi i valori da difendere sono altri: «Trasparenza, onestà e sovranità». Quanto al fascismo e all’antifascismo, Di Battista risolve il problema con un aforisma di Flaiano («In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti») e addita come soluzione perfetta la sua storia familiare:
 «Mio padre di dichiarata fede fascista, e io che avevo sempre votato a sinistra, pentendomi amaramente di ciascun voto, ci siamo ritrovati in un movimento che pensava alle idee logiche piuttosto che a quelle ideologiche».
Basta un calembour, dunque, a far incontrare gli estremi, ad annullare un secolo di scontri tra avversari irriducibili.
A teorizzare l’addio all’antifascismo era stato lo stesso Grillo. Davanti al Viminale, mentre aspettava di depositare il simbolo pentastellato alle regionali, il comico-garante del M5S si mise a chiacchierare con il numero due di CasaPound, Simone Di Stefano, e disse che non aveva pregiudizi verso quel movimento neofascista: «Se uno è di CasaPound ma ha i requisiti da noi richiesti, io lo candido. Voi avete delle idee che sono condivisibili. Alcune magari meno, altre di più, ma questa è la democrazia». In fondo, Grillo l’ha detto più di una volta, «il M5S non è né di destra né di sinistra: è sopra, è oltre».
Anche nelle sue fila, però, ogni tanto spunta qualche nostalgico. Giovanna Sigona, consigliere comunale pentastellata di Ragusa, ha pubblicato su Facebook una foto con il busto del duce. Didascalia: «Noi eravamo fascisti, poi siamo rimasti fascisti e saremo sempre fascisti». Lei è stata espulsa, ma nessuno ha dimenticato un altro post – stavolta sul suo blog – di Roberta Lombardi, prima capogruppo alla Camera dei cinquestelle, quello in cui sosteneva che «il fascismo, prima che degenerasse, aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello Stato e della tutela della famiglia». Parole poi addolcite, corrette e annacquate, ma rimaste agli atti.
A volte poi può scappare un grido rivelatore, come quel «Boia chi molla!» che il deputato pentastellato Angelo Tofalo urlò in aula a Montecitorio. Quando lo contestarono, però. lui ingranò la marcia indietro, fece fare una velocissima ricerca in archivio e spiegò che quello slogan non era copiato da Mussolini, ma dai rivoluzionari napoletani del 1799.
Episodi minori, certo, che non autorizzano nessuno a parlar di un’anima nostalgica all’interno del Movimento. Piuttosto, come ha candidamente ammesso Luigi Di Maio, tra i cinquestelle «c’è chi si rifà ai valori portati avanti da Berlinguer, chi a quelli di Almirante e chi a quelli della Dc». Ognuno creda in quello che vuole, sostiene il candidato premier in pectore, perché «il M5S è post-ideologico ».
Quello che c’era prima non conta più, vale solo quello che c’è adesso. E dunque, inghiottite in sol boccone la tesi e l’antitesi, sul campo resta solo la sintesi pentastellata. E dopo il tramonto del conflitto tra destra e sinistra, tra fascismo e antifascismo, è finalmente arrivato l’Assoluto hegeliano, «la notte in cui tutte le vacche sono nere ».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Il deputato Tofalo gridò “Boia chi molla” in aula e la Lombardi difese la prima fase mussoliniana Dibba lo teorizza nel suo libro: “Parlare di fascismo e comunismo è un regalo al sistema”
ELLEKAPPA

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